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IL CASO

«Mai andato a letto con Signorini»: la versione di Antonio Medugno e le nuove incognite dell’inchiesta milanese

L’ex concorrente del Grande Fratello rompe il silenzio: “Sono stato manipolato dal mio ex manager”. Sullo sfondo, l’indagine della Procura di Milano su Alfonso Signorini per ipotesi di violenza sessuale ed estorsione e l’autosospensione del conduttore da Mediaset

Alfredo Zermo

31 Dicembre 2025, 19:38

“Mai andato a letto con Signorini”: la versione di Antonio Medugno e le nuove incognite dell’inchiesta milanese

All’inizio è solo un video verticale, girato senza filtri. Nessun set, nessuna luce di scena: un volto teso, parole misurate, pause che pesano più di un titolo. È così che Antonio Medugno torna a raccontare la sua verità. “Voglio essere chiarissimo”, dice. E lo è: “Non sono mai andato a letto con Alfonso Signorini”. Una smentita netta, che arriva mentre la Procura di Milano ha iscritto il nome del conduttore nel registro degli indagati con le ipotesi di reato di violenza sessuale ed estorsione, dopo la querela depositata dallo stesso Medugno il 24 dicembre 2025. Nel frattempo Signorini ha annunciato l’autosospensione da Mediaset, parlando – tramite i suoi legali – di “campagna calunniosa e diffamatoria” che avrebbe l’obiettivo di distruggerne la reputazione. In mezzo, un sistema di relazioni, chat e pressioni tutte da verificare, e una domanda che rimbalza nell’opinione pubblica: dove finisce l’ambiguità del mondo dello spettacolo e dove comincia un eventuale abuso di potere?

Il video-confessione: la smentita e l’accusa di manipolazione

Nel suo messaggio social, Antonio Medugno scandisce alcuni punti chiave. Il primo è la negazione di qualsiasi rapporto sessuale con Alfonso Signorini: “né la prima volta né dopo, mai”. Il secondo è il peso dell’ambiguità: Medugno ammette di aver “gestito malissimo” una situazione in cui, col senno di poi, avrebbe dovuto “tagliare” prima. Il terzo è la manipolazione attribuita al suo ex manager: una pressione che, dice, lo avrebbe portato a minimizzare e a non mettere subito paletti chiari, temendo di “bruciarsi opportunità lavorative”. Infine, il percorso personale: “quattro anni di terapia” e la decisione di “tutelarsi legalmente” solo quando la vicenda è diventata pubblica, perché la vergogna e la paura – spiega – spesso ritardano le denunce in casi del genere. È questa la cornice nella quale colloca la propria querela natalizia.

La cornice giudiziaria: cosa si sa dell’inchiesta

Sul piano penale, gli elementi ufficiali, al 31 dicembre 2025, sono chiari e vanno richiamati con precisione. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo iscrivendo Alfonso Signorini tra gli indagati per le ipotesi di violenza sessuale ed estorsione: un “atto dovuto” dopo la querela di Medugno, assistito dagli avvocati Cristina Morrone e Giuseppe Pipicella. A coordinare gli accertamenti sono la procuratrice aggiunta Letizia Mannella e il pm Alessandro Gobbis. Siamo, è bene ribadirlo, nella fase iniziale: si tratta di ipotesi di reato, e vale la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva.

In parallelo, la stessa Procura segue un altro filone che tocca il nome di Fabrizio Corona: l’ex agente fotografico è indagato per revenge porn in base a una denuncia presentata da Signorini. Un procedimento nel quale – secondo ricostruzioni giornalistiche – sarebbero state sequestrate chat, foto e video utili a ricostruire il contesto, e che avrebbe contribuito a incoraggiare ulteriori testimonianze, tra cui quella di Medugno. Resta, inoltre, la possibilità – indicata da alcune fonti – che altre presunte persone offese possano formalizzare querele: tra i nomi circolati, quello dell’ex concorrente Gianluca Costantino, che starebbe valutando azioni legali. Anche qui, però, vale la cautela: finché non ci sono atti depositati, siamo nel perimetro delle intenzioni e delle ipotesi.

L’autosospensione di Signorini e la strategia difensiva

Sul fronte mediatico e professionale, Alfonso Signorini ha deciso di sospendere in via cautelativa ogni impegno editoriale con Mediaset. L’azienda di Cologno Monzese ha preso atto della scelta, ribadendo la volontà di contrastare “ricostruzioni diffamatorie” e di far rispettare il proprio Codice Etico. I nuovi difensori del conduttore, gli avvocati Daniela Missaglia e Domenico Aiello, hanno parlato apertamente di una “campagna calunniosa e diffamatoria”, dichiarando l’intenzione di agire in tutte le sedi competenti. La mossa, letta da molti come un segnale di fermezza difensiva, arriva a ridosso dell’apertura dell’indagine milanese e dopo settimane di pressione mediatica innescata dalle rivelazioni online di Fabrizio Corona.

Il ruolo dei media e l’effetto “Falsissimo”

A innescare la miccia è stato il format digitale di Fabrizio Corona, “Falsissimo”, che – con numeri di visualizzazione elevati – ha rilanciato la tesi di un presunto “sistema” di favori sessuali in cambio di visibilità televisiva e accesso alla casa del Grande Fratello. È in questa scia che Medugno decide di esporsi e, quindi, di denunciare formalmente. Ma proprio la mediatizzazione spinta della vicenda pone un problema di metodo: il rischio che la discussione pubblica corra più veloce delle verifiche giudiziarie. I magistrati milanesi, infatti, stanno ricostruendo i passaggi con un lavoro tecnico su messaggi, chat, eventuali file multimediali e testimonianze, cercando di separare fatti da opinioni. I tempi non saranno brevi, e ogni giudizio sommario – da una parte o dall’altra – rischia di trasformarsi in un corto circuito.

“Ambiguità” e “consenso”: due parole da maneggiare con cura

Nel racconto di Medugno ci sono due espressioni che meritano un approfondimento, perché hanno un peso nel dibattito pubblico:

  1. Ambiguità. È la zona grigia in cui spesso si collocano le relazioni nel mondo dello spettacolo, dove messaggi elusivi, inviti fuori orario e promesse di opportunità possono incrociare fragilità personali e asimmetrie di potere. Medugno riconosce di aver “lasciato spazio all’ambiguità” e di non averla interrotta subito. Ma – sottolinea – “restare non significa stare bene”.
  2. Consenso. È il cuore di ogni indagine di presunta violenza sessuale: il consenso deve essere libero, informato, specifico e revocabile in qualunque momento. Dire “sì” sotto pressione, o per il timore di perdere un lavoro, non è un sì libero. Al tempo stesso, il diritto impone di verificare i fatti in modo rigoroso, senza trasformare l’onda mediatica in prova. Nel suo video, Medugno afferma: “L’ingenuità non significa né consenso né colpa”, rivendicando di non aver cercato “favori”scorciatoie.

Quando la giustizia incrocia lo show-business

Il caso Signorini-Medugno si inserisce in una stagione in cui il confine tra intrattenimento, cronaca giudiziaria e social media è sempre più poroso. L’autosospensione di una figura centrale della tv generalista è una scelta rara e di forte impatto simbolico. Lo è anche la decisione della Procura di muoversi con un doppio sguardo: da un lato le ipotesi di violenza ed estorsione, dall’altro l’attenzione su presunte condotte illecite nel mondo dei contenuti online, come il revenge porn. L’idea di un “sistema” andrà provata nelle aule di giustizia; fin qui ci sono denunce e accuse, non sentenze. Eppure il solo affiorare di questo universo di scambi – reali o presunti – sta già costringendo il settore a interrogarsi su regole, codici di condotta e trasparenza dei processi di selezione.

Oltre il caso: cosa resta al pubblico

Il pubblico, che del Grande Fratello è stato per anni co-protagonista, oggi assiste a un ribaltamento di ruoli. L’intrattenimento diventa cronaca giudiziaria, e i toni da talk show rischiano di contaminare la percezione dei diritti in gioco: quello delle presunte vittime a essere ascoltate e protette; quello degli indagati a difendersi e a non essere linciati sulla pubblica piazza. In mezzo, gli operatori dell’informazione, chiamati a distinguere tra fatti e opinioni, tra indizi e congetture, ricordando che un’indagine non è una condanna. È questo il parametro con cui leggere le prossime settimane: documenti, date, atti. Il resto è rumore.