Nicola D’Agostino, dove eravamo rimasti? Sicilia Futura stava riflettendo se andare con Renzi. Com’è finita?
«Ne abbiamo discusso a lungo. E alla fine credo prevarrà la scelta di un nostro percorso di coerenza renziana».
Sul cuore ha vinto la ragione. Perché lei confessava una preferenza personale per entrare nel Pd…
«Questo è vero. Ma debbo rispetto agli amici di Sicilia Futura e l’idea è di percorrere questa strada assieme. E poi, se devo dirla tutta, mi sembra che il Pd, oltre a essere molto in affanno in Sicilia dove rischia di scendere sotto la doppia cifra, è un partito chiuso nelle prospettive».
Sembra la storia della volpe e dell’uva. Certo, Renzi è molto più nelle sue corde e in quelle del suo elettorato.
«Era già parte di quel mondo di Sicilia Futura, mio e di tanti altri. E poi si fa apprezzare ancor di più per la concretezza. Per fare un esempio pratico sulle differenze: nell’ultima uscita contro le tasse nella manovra, Renzi mostra il coraggio di difendere le sue idee, che io condivido, mentre sugli stessi temi il Pd, come al solito castrato, balbetta».
E quindi rieccovi alla casa madre. Con Faraone, con Sammartino. La foto, oggi più che mai attuale, del “patto della seppia” a Roma…
«Siamo sempre stati interlocutori privilegiati, tutti con Renzi, dentro e fuori il Pd. Adesso ritrovarci uniti, con pari dignità, in Italia Viva potrebbe essere l’ipotesi più naturale, oltre che la più coerente».
Ha sentito Renzi?
«L’ho incontrato, abbiamo parlato. E poi c’è un frequente contatto anche per scambiarci idee».
Sarà lei il capogruppo all’Ars di Italia Viva?
«Sono discorsi prematuri. Dico solo che l’unione del mondo renziano, in Sicilia, potrà dare luogo a una forza di peso ben superiore a quello che Matteo, ipotizzando il 10 per cento, immagina come dato nazionale iniziale».
Fuori i nomi…
«In questo momento non importa chi ci starebbe e chi no. L’augurio semmai è che ci possa essere qualità e avere ruoli da protagonisti».