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Adrano, i dettagli dell'operazione contro il clan Scalisi. Il procuratore Curcio: «Sventato piano diabolico» VIDEO

Il boss Pietro Lucifora voleva vendicare l’uccisione del figlio Nicolò avvenuto il 20 aprile 2025 a Francofonte. Tutti i nomi degli indagati

Laura Distefano

24 Settembre 2025, 11:09

«Siamo riusciti a fermare un piano veramente diabolico. Era stato pensato di crearsi un alibi andando a un matrimonio in centro Italia». A dirlo è il procuratore della Repubblica di Catania Francesco Curcio nel corso della conferenza stampa di stamattina dove ha illustrato i dettagli dell'operazione contro il clan Scalisi di Adrano che ha portato a un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 14 indagati. Custodia cautelare in carcere anche per il nuovo boss degli Scalisi, Pietro Lucifora: voleva vendicare l’uccisione del figlio Nicolò avvenuto il 20 aprile 2025 a Francofonte, nel siracusano. Il minore fu accoltellato nel corso di una rissa fra giovani e fu anche fermato il responsabile.

Le accuse e i nomi degli indagati

Il provvedimento ipotizza a vari titolo i reati di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, estorsione e detenzione abusiva di armi, ricettazione, danneggiamento a seguito di incendio, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, reati aggravati dall’essere stati commessi al fine di agevolare il sodalizio mafioso. L’ordinanza è stata eseguita da a della squadra mobile di Catania e del commissariato di Adrano coordinati dallo Sco con la collaborazione della polizia di Napoli, Caserta, Taranto, Nuoro, Sassari, Udine, Pavia, Siracusa, Chieti e Caltagirone per la notifica delle ordinanze di custodia cautelare in carcere.

Questi i nomi degli indagati per i quali è stata disposta la custodia cautelare: Vincenzo Biondi (nato nel 1977), Antonino Bonura (1989), Pietro Castro (1997), Emanuele Centamore (2001), Alfio Di Primo (1967), Antonino Garofalo (1968), Alfio Lo Curlo (1992), Concetto Cristian Nicolosi (2003), Soraja Pantò (1985), Dario Sangrigoli (2000), Salvatore Scafidi (1997), Alfio Scalisi, Pietro Schilirò (1967), (2002), Andrea Stissi (1997).

I provvedimenti si aggiungono ai fermi disposti dalla Procura di Catania ed eseguiti dalla polizia nei giorni scorsi nei confronti di 10 indagati dello stesso clan nei cui confronti il gip, dopo l’udienza di convalida, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Questi i nomi: Vincenzo Castro (classe 2002), Davide Intili (2000), Salvatore Lo Circero (1993), Pietro Giuseppe Lucifora (1977), Mario Lucifora (1977), Angelo Gemmellaro (1978), Francesco Mannino (1983), Biagio Mannino (1987), Antonio Ricceri (2003), Mario Sciacca (2001). Le indagini, complessivamente, riguardano oltre trenta persone.

L'inchiesta

L'inchiesta va dall’ottobre 2023 fino al settembre 2025: il clan Scalisi operava negli affari illeciti tradizionali come il traffico di droga ed estorsioni. E anche nella guardiania. I boss nonostante fossero detenuti riuscivano a comunicare con i cellulari. "Una piaga che si deve risolvere, l'amministrazione che gestisce le carceri deve intervenire urgentemente", ha detto Curcio in conferenza stampa evidenziando che così si mandano al macero "indagini e processi". E quindi milioni di euro di soldi pubblici. Nel corso delle indagini sono state sequestrate armi e droga.

Il piano diabolico

I fermi sono scattati per scongiurare il piano di un omicidio, dicevamo. Lucifora aveva individuato i suoi bersagli (rimasti ignoti) e stava già preparando l'alibi. I delitti sono stati scongiurati grazie al fatto che si stava svolgendo un'indagine mirata al clan. "Questo dimostra che la polizia e le forze dell'ordine in generale sono sul pezzo e seguono l'evolversi della criminalità organizzata. L'operazione di oggi lo dimostra", ha detto il questore di Catania, Giuseppe Bellassai. Il reggente degli Scalisi stava pianificando la vendetta per l'omicidio del figlio. L'omicidio sarebbe dovuto avvenire a fine settembre a Francofonte. Con l'aiuto dello zio stava creando anche un falso alibi con la complicità di altri familiari di Chieti. Inoltre un uomo di Pescara stava anche confezionando una finta divisa da carabiniere che sarebbe stata utilizzata nell'agguato. Lucifora sarebbe partito per partecipare a un matrimonio e poi sarebbe rientrato a Catania con un furgone senza localizzatore e quindi non tracciabile.

Il blitz

Nel corso del blitz, che ha preso il nome di Primus 2 considerando che Lucifora prende il testimone dopo l'arresto di Alfio Di Primo avvenuto lo scorso dicembre, sono stati trovati in un locale di pertinenza del boss degli Scalisi circa 550 grammi di cocaina, suddivisi in dosi, insieme a del materiale per la pesatura e per il confezionamento; nell’appartamento di un altro indagato invece i poliziotti hanno rinvenuto un revolver privo di matricola e mai denunciato. Nel garage di pertinenza dello zio di Lucifora, a Chieti, sono state recuperate e sequestrate due divise dalla foggia simile a quelle dell’Arma dei carabinieri, che sarebbero stati "funzionali all’esecuzione del plurimo omicidio pianificato".