Il retroscena
«Delle Chiaie è stato nel Ragusano». Lo scoop sul terrorista nero sminuito, ma si mossero Viminale e Servizi
A 53 anni dal delitto del giornalista Spampinato, emergono elementi nuovi: le sue inchieste erano monitorate dal governo; i servizi segreti fabbricarono una pista per sviare a sinistra le indagini sull’omicidio di Tumino
L’8 marzo 1972 il ministero dell’Interno ricevette una memoria dalla questura di Ragusa sulle inchieste di Giovanni Spampinato. Lo stesso giorno l’Aipe, agenzia stampa di Roma pagata dall’Ufficio Affari Riservati e dal Sid, lanciò l’ipotesi di una (falsa) pista rossa dietro il delitto di Angelo Tumino. Il clamoroso colpo di scena arriva a 53 anni dai fatti, facendo emergere due documenti di cui non si era mai conosciuta l’esistenza e che forniscono due elementi chiave. Il primo: le inchieste di Spampinato furono “monitorate” dal governo. Il secondo: i servizi segreti fabbricarono una pista per sviare “a sinistra” le indagini sull’omicidio di Tumino. La pista rossa non entrò nelle indagini dell’epoca, ma il documento dimostra che si cercò di orchestrare un depistaggio simile a quello che tre anni prima la questura di Milano aveva messo in scena con la pista anarchica su Pietro Valpreda e Giuseppe Pinelli, dopo Piazza Fontana.
La domanda che dobbiamo farci è questa: perché i servizi segreti di Roma dovevano interessarsi a quello che sembrava un banale omicidio di provincia, avvenuto nel profondo Sud, a Ragusa?
Tutto succede quando il 6 marzo ’72 L’Ora pubblica, in un articolo non firmato di Spampinato, la notizia che Stefano Delle Chiaie, capo di Avanguardia Nazionale, all’epoca imputato latitante al processo per le bombe all’Altare della Patria, nel mese di gennaio era stato a Ragusa. Sarebbe stato visto al bar dell’hotel Mediterraneo. Nello stesso albergo, si legge nel pezzo, alloggiava anche il pittore neofascista Vittorio Quintavalle, il cui figlio Giulio Cesare aveva maldestramente tentato di infiltrarsi tra i giovani anarchici ragusani. Quintavalle, ex Decima Mas, era amico del deputato regionale del Msi Salvatore Cilia.
Quello che non avevamo mai saputo è che il 7 marzo il ministero dell’Interno, allora sulle tracce del latitante Delle Chiaie, chiese lumi alla questura di Ragusa sulla presunta presenza del terrorista nero. La risposta arriva il giorno dopo: «Non è risultato che il Delle Chiaie abbia mai soggiornato in questo capoluogo», si legge nel documento firmato dal questore Acquafredda, che specifica: «Si è anche appreso in via confidenziale che la notizia è stata diffusa dal locale corrispondente de L’Ora, che l’ha pubblicata nell’edizione del 6.c.m. sulla base di “voci” del tutto incontrollate, a cui ha voluto dare parvenza di verità». Da quel momento il ministero (e quindi i servizi segreti) era a conoscenza delle cose che Spampinato scriveva su L’Ora.
Ma se la questura di Ragusa sminuiva la presenza di Delle Chiaie, su Quintavalle fu più precisa: «È stato accertato che il Quintavalle Vittorio Giorgio, nato a Torino e residente a Roma, di recente è stato in questa città dove ha avuto effettivamente dei contatti col deputato regionale missino Salvatore Cilia, il quale a quanto risulta gli pagherebbe anche i conti dell’albergo». Nell’articolo del 6 marzo Spampinato collegava Delle Chiaie, Quintavalle e Cilia con l’omicidio di Tumino: «Ucciso - scriveva il giornalista - non per i suoi legami con la destra, visto che era stato consigliere comunale del Msi, ma perché il suo interesse per l’antiquariato lo avrebbe messo a contatto con l’oscuro mondo di contrabbandieri di materiale archeologico, un labirinto nel quale si finisce con l’incontrare personaggi legati a doppio filo con ambienti neofascisti». E poi concludeva: «Un contatto quello dell’ingegnere Tumino che avrebbe avuto più le caratteristiche di uno scontro, che di uno incontro. E allora, per qualche motivo si sarebbe deciso di sopprimerlo». Giovanni suggeriva che le indagini sul delitto Tumino giravano a vuoto.
In merito all’omicidio la questura scrisse: «È anche vero che il Quintavalle è stato interrogato dagli organi inquirenti in merito al recente omicidio dell’ingegnere Tumino con cui egli aveva rapporti di amicizia e di affari in materia di oggetti di antiquariato, ma è risultato completamente estraneo alla vicenda». Lo stesso giorno in cui il ministero riceve la memoria, l’Aipe pagata dai servizi segreti fabbrica un dispaccio d’agenzia. Titolo: “L’ingegnere ragusano Angelo Tumino potrebbe essere stato ucciso da terroristi di sinistra”. Testo: “Ragusa… A quanto apprende l’Aipe la squadra politica della questura di Ragusa si è inserita nelle indagini sull’uccisione recente dell’ingegnere Angelo Tumino. Secondo segnalazioni pervenute alla polizia, il Tumino sarebbe stato soppresso dopo un “processo” intentatogli da estremisti di sinistra che lo hanno accusato di finanziare i movimenti fascisti». Il lancio poi finiva così: «Le indagini sono estese anche ai contatti avuti a Ragusa dal giovane figlio di un notissimo industriale siciliano, da tempo deceduto, che svolge attività politica e giornalistica per conto del Pci a Palermo». Il riferimento era a Giorgio Frasca Polara (naturalmente estraneo alla vicenda, ndr), che negli anni diventerà una firma de l’Unità. Da questo si evince una cosa molto chiara: l’Aipe, usata come ariete per attaccare gli ambienti delle sinistre, costruì la falsa pista rossa per deviare l’attenzione dalla presenza a Ragusa di Delle Chiaie e Quintavalle, oggetto dell’inchiesta di Spampinato. Il documento rimase in un cassetto. La procura di Ragusa indagò per tre anni non individuando mai sospettati né movente e archiviando il delitto nel 75 a carico di ignoti.
La falsa pista rossa dell’Aipe si collega però a un’altra vicenda. Quella della famosa valigetta raccontata nel ’72 da Roberto Campria. Pochi giorni prima di uccidere Spampinato, Campria raccontò a un maggiore della GdF che, dopo l’omicidio Tumino, fu contattato da un “insospettabile” che gli chiese di portare una valigetta a Palermo. Campria rifiutò. Due anni fa il figlio Saverio rompendo il silenzio sulla vicenda del padre ci ha raccontato che Roberto gli confidò cosa quella valigetta avrebbe dovuto contenere: “documenti per incriminare la sinistra”. Il figlio Saverio ha sempre ribadito che eventuali pressioni sul padre per uccidere Spampinato non provenivano da ambienti malavitosi, ma politici. Emerge quindi sempre più chiara una trama nera. Nel pezzo non firmato del 6 marzo, Spampinato parla di Delle Chiaie, Quintavalle e Cilia a Ragusa e scrive che i fascisti stavano preparando «qualcosa di grosso, come a Reggio Calabria», in riferimento alla rivolta dei “Boia chi molla”.
L’8 marzo ’72 la questura risponde al ministero e l’Aipe fabbrica la pista rossa. La sera del 14 marzo scoppia una bomba alla sede della Cgil di Siracusa durante una riunione dei sindaci. Per puro caso non fece una strage. Il 16 marzo Giovanni Spampinato scrive che l’attentato è di matrice nera, ma la polizia indaga a sinistra, firmando il pezzo che oggi può leggersi come il suo testamento: «La Sicilia sud orientale gioca un ruolo non secondario nella strategia della tensione e della provocazione che si sta rifacendo viva dopo la tragica serie di attentati del 1969, culminata nella strage di Milano».
Il fatto che i Servizi a Roma si attivarono sull’omicidio Tumino ci dice che dietro quel delitto vi erano interessi politici fortissimi, legati probabilmente a finanziamenti illeciti, che dovevano restare occultati. La squadra politica di Ragusa forse offrì una sponda.
Il 5 aprile Spampinato scrisse un memoriale destinato al Pci di Ragusa che rimase lettera morta. Denunciava di essere seguito da un agente dell’ufficio politico della questura e che il suo telefono era intercettato. «Potrebbe significare - scrisse - ma questo mi sembra azzardato, che si sta costruendo non so quale provocazione sulla mia persona, dato che negli ultimi tempi sono venuto a conoscenza di fatti gravi, e forse si sospetta che sappia molto di più di quanto non dica». Parlò di una strategia della tensione orchestrata da Delle Chiaie con la complicità di Quintavalle, collegando presenze neofasciste e traffici dei contrabbandieri, cristallizzò una trama nera che finì su un binario morto.
Eppure in quei mesi, negli uffici della polizia tributaria di Ragusa, un giovane tenente arrivato da Roma, chino su centinaia di atti giudiziari e indagando sul contrabbando di sigarette a Vittoria, stava inconsapevolmente dipanando quella trama, lasciandoci oggi un altro documento chiave.
[continua...]


