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Crocetta alla moschea di Catania

Crocetta alla moschea di Catania «Dialogare con l’Islam moderato»

E l’imam di Keit Abdlhafid: «A Parigi un atto criminale»

Di Redazione |

CATANIA – Dopo la presa di posizione netta e chiara contro il terrorismo islamico e la solidarietà inviata all’ambasciatore di Francia, il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, nel pomeriggio alle 17, si recherà alla moschea di Catania per rincontrare la comunità musulmana siciliana, per pregare insieme contro ogni violenza. «Le dichiarazioni nette dell’Imam di Catania contro ogni forma di terrorismo e violenza e di promozione della pace – dice Crocetta -, confermano i buoni rapporti che ci sono stati e ci sono in Sicilia, tra comunità musulmana e popolo siciliano. Se vogliamo combattere il terrorismo – aggiunge Crocetta – dobbiamo dialogare con l’Islam moderato e pacifico che non cerca di imporre la sua legge agli altri, ma rispetta le nostre leggi e lavora per una pacifica coesistenza. Dall’intensificazione del rapporto di cooperazione potrà sicuramente svilupparsi un’azione di isolamento totale di ogni estremismo che ha dimostrato solo morti, lutti, violenza. Dio – conclude il presidente – è amore e pace e nessuno può uccidere in suo nome». L’INTERVISTA DI CARMEN GRECO ALL’IMAM DI CATANIA L’imam della moschea di Catania, Kheit Abdelhafid, algerino, è in macchina alla volta di Pozzallo per partecipare alla tre giorni in memoria di Giorgio La Pira, uomo simbolo dei processi di pace e dell’integrazione sociale. Abdelhafid, 46 anni, tre figli, in Italia dal 1993, una laurea in Economia e commercio e una macelleria «halal» nel cuore del mercato storico della Fiera di Catania, è a capo della comunità islamica di Sicilia. A Catania, due anni fa, in un vecchio cinema completamente ristrutturato è stata aperta la più grande moschea del Sud, in pieno centro storico, quartiere «Civita», in piazza Cutelli. Un luogo di culto che punta anche a diventare luogo di scambi culturali, per una comunità, quella islamica, che solo a Catania e provincia conta circa 10mila persone. «Quello che è accaduto a Parigi – commenta l’imam – per noi musulmani, è un atto criminale, un attacco terroristico che ci offende tutti. Offende la nostra etica, i nostri valori come musulmani e la nostra religione. Ci sono altri modi per protestare anche se questo settimanale, come tutti sappiamo, faceva spesso dei commenti che offendevano il profeta dell’Islam. Questo, però, non giustifica assolutamente un attacco del genere». Un attentato anche agli sforzi che si sono fatti in questi anni per arrivare ad un processo d’integrazione… «Noi ci stiamo impegnando su questo tema non solo da oggi, ma da sempre, cercando ogni giorno con la cittadinanza locale, con tutti i siciliani, di organizzare incontri, convegni, momenti di dialogo. Siamo stati sempre pronti e disponibili a parlare di queste cose. Il problema che si pone adesso è che ci stiamo già trovando in una situazione per niente gradevole e noi musulmani siamo chiamati in causa per questi attentati». Nel senso che tutto questo inevitabilmente alimenterà una campagna dell’odio? «Certamente. Secondo me è un attentato contro noi musulmani. Per colpa di poche persone, tutto questo si riverserà su sei milioni di musulmani, è anche di più, che vivono in Francia. La stampa sta già facendo la sua parte con le campagne mediatiche d’odio contro i musulmani e altri segnali preoccupanti sono già arrivati con l’attacco a quattro moschee francesi». Al di là del dolore, delle morti, del sangue, questo tipo di attentati che cosa ci dice? «Ci mette davanti ad una drammatica verità: il fallimento delle politiche sociali e delle politiche di integrazione che sono state finora attuate in Francia. Politiche, secondo me, poco chiare. Quelli che hanno commesso la strage sono persone che già vivevano in Francia da tanti anni franco-algerini o franco-maghrebini non si sa ancora. La Francia e la cultura francese hanno le proprie colpe. Per quello che sappiamo finora, perché ancora si parla di sospettati, nel gruppo di attentatori c’erano giovani che si sono trovati emarginati dalla società. Secondo me è un atto di disperazione». Non crede ad un atto organizzato e pianificato nei minimi particolari? «Mah, stanno dicendo di tutto in queste ore. Hanno pure detto di aver trovato una carta d’identità sul luogo della strage. Se fosse stato un piano “studiato” non è un po’ strano che un terrorista perda la carta d’identità? Mi sembra come il passaporto salvato dal rogo delle Torri Gemelle. Allora un benedetto passaporto e adesso un’altra benedetta carta d’identità. Comunque io la vedo così: finora si parla di sospettati, non ci sono certezze. Aspettiamo di saperne di più. La cosa più importante sarà giudicare le persone che hanno sbagliato e non un’intera comunità o, peggio, un’intera religione». Che ne pensa del rischio di infiltrazioni di terroristi nei gruppi di migranti che sbarcano sulle nostre coste? «Ho sempre detto anche in altre occasioni, che non si può escludere una cosa del genere. Ma, secondo me, spetta allo Stato italiano vigilare e fare i controlli necessari per impedire a queste persone di infiltrarsi». Parlerà di tutto questo nella preghiera di oggi? «Sicuramente faremo un’invocazione per i morti nell’attentato e per le loro famiglie nella preghiera delle 14 nella moschea di Catania. In più lanceremo un appello per una ferma condanna, senza mezzi termini, dell’attentato».

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