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Femminicidio

Lentini, Naima uccisa mentre chiedeva al marito: “Perchè mi fai questo? Io ti ho sempre amato”

Massimo Cannone, che resta in carcere, ha raccontato agli inquirenti alcuni dei macabri particolari dell'assassinio della moglie

Di Rosanna Gimmillaro |

Massimo Cannone ritenuto l’autore del brutale omicidio della moglie, Naima Zahir, resta in carcere. Ieri mattina il giudice per le indagini preliminari, Andrea Migneco, ha sciolto le riserve, confermato il fermo e disposto la misura di custodia cautelare in carcere per il tappezziere lentinese di 45 anni. Assistito dal suo legale di fiducia, l’avvocato Alfio Caruso, l’uomo venerdì mattina durante l’interrogatorio di garanzia nell’aula del Tribunale dove è stato accompagnato dalla polizia penitenziaria di Siracusa, ha ricostruito l’accaduto davanti al procuratore della Repubblica di Siracusa, Sabrina Gambino e al Pm Gaetano Bono che coordina le indagini condotte dagli agenti del commissariato guidato dal vice questore aggiunto, Andrea Monaco e dagli uomini della squadra mobile coordinati da Gabriele Presti. Raccapricciante è stata la sua confessione resa ai magistrati quando con dovizia di particolari ha raccontato le varie fasi legate all’omicidio della moglie.

A cominciare dall’inizio quando alla vittima sdraiata sul letto intenta ad ascoltare musica con le cuffie alle orecchie, ha sferrato la prima coltellata al collo. Sorpresa ma ancora viva, Naima Zahir rivolta al marito avrebbe chiesto “perché lo hai fatto, io ti ho sempre amato e rispettato. Perché mi fai questo?” A quel punto Cannone ha ammesso di aver estratto la lama per riaffondarla nuovamente nella gola della povera donna. Stavolta in maniera più decisa tanto da provocarle la morte. Nel lucido racconto dell’orrore rientra anche la pianificazione del suo alibi, la freddezza con cui ha ripulito con un mocio e uno straccio per lavare il sangue della moglie schizzato ovunque, la stessa freddezza con cui ha pensato di alterare la scena del crimine prima di mandare un messaggio al figlio diciannovenne invitandolo a non rientrare a casa perché lui e la mamma “dovevano discutere di cose serie”. Solo dopo aver coperto la vittima con una vestaglia, si è chiuso la porta alle spalle per raggiungere l’abitazione del fratello che vive poco distante al quale ha raccontato di aver trovato Naima sanguinante riversa sul letto con una ferita al collo, accennando ad probabile un suicidio. Il resto è stato un carosello di bugie alle quali gli inquirenti, ovviamente, non hanno mai creduto. 

Tanto è vero che attraverso le intercettazioni anche telefoniche la polizia ha accertato che Cannone, il giorno dopo il primo lungo interrogatorio in commissariato, avrebbe riferito a qualcuno le sue intenzioni di lasciare Lentini. Ai magistrati che lo hanno interrogato avrebbe anche confessato l’assunzione di alcool e droga e farmaci contro la dipendenza. Su questo si concentrerà maggiormente la difesa del suo legale di fiducia. Sul movente e sulla sua responsabilità Cannone, in verità, nelle ore successive all’omicidio quando era stato rilasciato dopo il primo interrogatorio negli uffici del commissariato di polizia sicuramente provato per aver commesso il delitto ha lasciato intendere molto. «Mia moglie mi controllava se avevo bevuto. Era gelosa e mi costringeva a rimanere a casa, recluso come se fossi agli arresti domiciliari. Capite cosa mi faceva mia moglie?». Arrampicandosi sugli specchi ha sempre cercato di discolparsi. 

Le indagini minuziose e i dati raccolti dagli agenti della polizia scientifica di Catania, coordinati dal vice questore Pasquale Alongi, dirigente della polizia scientifica della Sicilia orientale sono state determinanti per inchiodare Cannone alle sue responsabilità. Gli uomini della scientifica attraverso moderne tecnologie hanno effettuato misurazioni e riscontri nella stanza da letto all’interno dell’abitazione di via Ronchi, dove Naima Zahir è stata brutalmente assassinata. Negli uffici della polizia scientifica di Catania è stata ricostruita in 3D con il laser scanner la scena del delitto, oltre ad essere analizzate altre immagini che in breve tempo hanno chiarito qualsiasi dubbio. La salma di Naima dopo l’autopsia è stata restituita ai genitori che da 40 anni vivono a Palagonia. Venerdì l’ultimo saluto in rito islamico in presenza di pochi parenti e amici più intimi. Ad officiare la cerimonia l’imam Elkardi Elmaati venuto appositamente da  Palagonia. La bara con la povera donna sarà poi trasferita in Marocco.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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