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Montante, video “hard” e soldi ai politici ecco le nuove carte dell’inchiesta nissena

Di Mario Barresi |

CALTANISSETTA – Le luci mediatiche, adesso, sono più fioche. E dunque si può lavorare meglio. Con la stessa cura, quasi maniacale, di sempre. Ma con meno pressioni. Eppure con la clessidra giudiziaria che consuma, granello dopo granello, il tempo disponibile. A Caltanissetta la complessa inchiesta su Antonello Montante va avanti. A piccoli (ma decisi) passi.

L’ufficio delle cose perdute. L’attività su cui, per forza di cose, la Procura e la Squadra mobile stanno investendo più tempo è la ricostruzione del ponderoso archivio dell’ex presidente di Confindustria Sicilia, arrestato a maggio con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione. Dopo l’analisi dell’enorme mole di atti sequestrati, i pm nisseni aspettano il verdetto dei super-esperti nominati per recuperare il contenuto delle 24 pen drive che Montante tentò di distruggere nella tumultuosa alba del giorno dell’arresto a Milano. Così come provò a disfarsi di quei due sacchetti di plastica, gettati in un pozzo luce dell’appartamento del piano di sotto, poi ritrovati (e riconsegnati alla polizia) dalla zelante vicina di casa fra due tubi dell’acqua.

File danneggiati (ma recuperabili e in parte recuperati) e appunti con nomi, fatti, cifre. Una specie di paoliano “Ufficio delle cose perdute”: su alcune c’è come l’impressione che l’indagato volesse farle ritrovare, ma su altre Montante s’è impuntato su un inutile tentativo di inquinamento delle prove che gli è pure costato l’addio agli arresti domiciliari nella sua villa di Serradifalco in cambio di una cella nel carcere Malaspina.

Stretta sulla rete di “spioni”. È davvero complicato ricomporre il mosaico. Ci stanno provando l’aggiunto Gabriele Paci e i sostituti Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, coordinati dal procuratore Amedeo Bertone. Da una parte c’è il filone sulla rete dei super-spioni (quello portato avanti con sei arresti e 23 indagati in tutto), con la prospettiva di chiudere l’indagine entro l’estate. Anche perché, in attesa di conoscere le motivazioni con cui il Riesame ha rigettato l’istanza di scarcerazione per Montante (ma anche per gli altri indagati), i primi termini di custodia per alcune ipotesi scadono ad agosto. La richiesta di rinvio a giudizio, dunque, potrebbe arrivare già a settembre. Al netto dell’esito della battaglia sul conflitto di competenze già annunciata di difensori di alcuni indagati. A partire dal senatore Renato Schifani, indagato per concorso in rivelazione di notizie riservate.

La nuova pista sui fondi neri. Ma il filone investigativo che nelle ultime settimane avrebbe ricevuto maggiore impulso è quello che vede Montante indagato – assieme, fra gli altri, all’ex governatore Rosario Crocetta, alle ex assessore Linda Vancheri e Mariella Lo Bello e al presidente di Sicindustria Giuseppe Catanzaro, oltre a dirigenti regionali e imprenditori – per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al finanziamento illecito dei partiti.

Nessuno ha smentito l’indiscrezione, riportata da Repubblica Palermo, di un superteste (forse un funzionario) che avrebbe raccontato fra l’altro dei fondi dell’assessorato alle Attività produttive. Ma la pista sarebbe ancora più calda anche grazie all’incrocio di dati già dapprima rinvenuti in pc e tablet con i alcuni nuovi elementi (non solo cartacei o digitali) raccolti. Ed è a questo punto che la scia dei fondi neri si allunga nello spazio. E nel tempo: se l’iniziale certezza era che il “sistema Montante” avesse finanziato politici e campagne elettorali fino alla vittoria di Crocetta alle Regionali del 2012, adesso ci sarebbe più di un riscontro (compresi destinatari di peso e ipotesi di cifre enormi) sul fatto che i destinatari dei fondi arriverebbero a poco tempo prima dell’arresto dell’imprenditore. Toccando, trasversalmente, altri schieramenti e partiti. Ma su questa tranche, ancora in fase d’indagine preliminare, c’è ancora tempo. Il terremoto-bis, semmai di questo si trattasse, può attendere.

Il video hard su Crocetta. Magari sarà più una pruriginosa suggestione giornalistica che una priorità investigativa. Eppure si cerca anche il famigerato video hard usato da Montante, secondo l’accusa, per ricattare Crocetta ottenendo in cambio nomine e appalti per sé e i suoi sodali.

Esiste davvero questo video? E, se sì, chi ce l’ha? La Squadra mobile nissena segue diverse piste. Fra le quali una è legata alle perquisizioni effettuate lo scorso 18 maggio in casa e nello studio di Antonio Fiumefreddo (non indagato), penalista catanese già nel cerchio magico di Crocetta. Gli investigatori avevano «fondato motivo» che fossero «rinvenibili gli elementi probatori» indicati nel verbale di un teste-chiave dell’indagine: Alfonso Cicero, ex presidente dell’Irsap. Sentito il giorno prima dai poliziotti, il grande accusatore di Montante aveva rivelato di uno scambio di messaggi WhatsApp fra lui e Pierluigi Di Rosa, editore del sito SudPress ed ex socio di Fiumefreddo. «Mi ha risposto che del video scabroso riguardante Crocetta era a conoscenza l’avv. Antonio Fiumefreddo di Catania», mette a verbale Cicero. Aggiungendo che Di Rosa «mi ha anche specificato che si trattava di un video avente ad oggetto casi di pedofilia in Tunisia e che di tale video ne era in possesso il Montante». Nello scambio di sms, inoltre, Cicero apprende anche che «Fiumefreddo aveva anche i dossier contro Marino» (Nicolò, magistrato ed ex assessore regionale ai Rifiuti, nemico giurato del “sistema Montante”, ndr) e che «li aveva già “caricati” sul computer del giornale». Circostanza che, secondo la versione riferita da Cicero, fece «nascere un violento alterco» fra Di Rosa e Fiumefreddo.

Non è dato sapere cosa abbiano trovato gli agenti nel materiale sequestrato all’ex manager di Riscossione Sicilia. Ma è certo che Fiumefreddo, avendo appreso dal decreto di perquisizione la fonte principale dei sospetti nei suoi confronti, ha denunciato il suo ex socio per diffamazione. In un esposto al procuratore di Caltanissetta, il penalista definisce «assolutamente falso» quanto riferito a Cicero da Di Rosa. Oltre a smentire con vari dettagli le accuse sul video hard e sui dossier Marino, Fiumefreddo espone altri elementi, economici e personali, non riguardanti l’inchiesta su Montante. L’esposto è stato trasmesso, per competenza, alla Procura di Catania.

Perizia sullo stato di salute. Un’ultima novità di rilievo – forse la più significativa a breve termine nell’iter processuale – riguarda le condizioni di salute di Montante. La Sicilia apprende da fonti qualificate che starebbe per arrivare sul tavolo del gip Maria Carmela Giannazzo una perizia medica. Dopo l’upgrade della misura cautelare, dai domiciliari al carcere Malaspina, la difesa dell’ex presidente di Sicindustria aveva chiesto una nuova attenuazione motivata dalle «gravissime condizioni» dell’indagato. Ma la Procura ha dato parere negativo, anche perché tutte le certificazioni mediche erano comunque precedenti all’ingresso in carcere. Di pochissime sillabe Nino Caleca, uno dei difensori di Montante: alla richiesta del cronista si limita a dire che «c’è particolare attenzione alle condizioni di salute» del suo assistito, in particolare «affinché non s’interrompa il percorso terapeutico iniziato da tempo».

Di qualsiasi natura fosse l’eventuale patologia di Montante – e fin qui, anche se si parla di un personaggio più che pubblico, la privacy resta sacrosanta – adesso l’ultima parola spetta al gip. Che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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