Notizie Locali


SEZIONI
Catania 17°

Nel Palermitano

Imprenditrice agricola offre lavoro con busta paga, ma nessuno risponde

Lucrezia Panvini gestisce un'impresa di 7 ettari a Santa Cristina di Gela

Di Carmen Greco |

È l’altra faccia della medaglia. Il lavoro legalizzato in agricoltura, quello in cui ai lavoratori vengono riconosciuti tutti i diritti, si tutela la sicurezza e si fa formazione. Eppure anche da questo lavoro, un lavoro vero, si scappa. In tutte le aziende siciliane, dove – come testimoniato dai numeri Uila delle assunzioni regolari – dal 2014 al 2022 s’è perso mediamente il 5% di dipendenti – a fronte di un sommerso che tiene alto il Pil del settore (si stima grazie al 35-40% di lavoratori in nero).

Lucrezia, l’imprenditrice

Lucrezia Panvini è una di quelle imprenditrici agricole che le cose le ha sempre fatte per bene. Ha raccolto il testimone dalla nonna paterna per mettere su un’azienda agricola di 7 ettari, a Santa Cristina di Gela, in provincia di Palermo, in cui coltiva ulivi, alleva animali, coltiva l’orto, organizza passeggiate a cavallo e accoglie gli ospiti nel suo agriturismo. Di lavoro da fare e da offrire, ce ne sarebbe tanto eppure non trova gente disposta a lavorare in campagna.

Come li cercate questi lavoratori?«Adesso via social, perché gli uffici del lavoro, se ancora esistono, non funzionano. Quando cerco dei collaboratori nelle prime ore della pubblicazione del post ricevo diverse chiamate e fisso 10 appuntamenti in un giorno. Sa quanti vengono? Se sono fortunata uno. Nemmeno dai paesi vicini che, pure, storicamente sono sempre stati dei bacini di manodopera per le campagne. E questo accade a me, ma anche agli altri imprenditori agricoli. Abbiamo troppa difficoltà; per due anni ho rischiato di non poter raccogliere le olive che mi stavano cadendo sul terreno. Quei pochi che lavoravano erano ricercatissimi e non riuscivano a coprire le richieste».

Questo perché secondo lei?«Finora il reddito di cittadinanza ha fatto sì che molti assaggiassero il piacere di percepire denaro senza sforzi. Ora, sicuramente il lavoro in campagna è più faticoso rispetto a un impegno di tipo mentale davanti a un computer, ma io credo che la campagna debba richiedere qualche piccolo sacrificio soprattutto per quanto riguarda i tempi. Se c’è da accudire gli animali o fare la semina non si può guardare il calendario. I tempi della natura non guardano se quel giorno è segnato in “rosso” sul calendario appeso al muro. Detto questo, a mio parare è un lavoro privilegiato. Si sta fuori all’aria aperta, senza stress, senza restare ingabbiati in casa davanti a un pc in smart working. Vorrei che i giovani comprendessero quanto possa essere gratificante un lavoro di questo tipo, che ti ripaga non solo sul piano della qualità della vita, ma anche su quello del riscontro immediato della fatica, i frutti li vedi subito».

Invece?«Invece ho molta difficoltà a farlo comprendere, non trovo braccianti. Si parla tanto di disoccupazione e la campagna potrebbe dare lavoro a tanti ma forse questi tanti, questo lavoro non lo vogliono. Ma perché i giovani dalla città non si spostano in campagna anziché fare il contrario?».

La paga?«Siamo intorno ai 70/75 euro netti giornalieri, più i contributi pagati. A me un lavoratore regolare costa 90 euro e la paga delle donne è esattamente la stessa. Il problema non esiste. Io sono un’imprenditrice donna (responsabile Coldiretti Donne Impresa Palermo ndr) e conosco bene la difficoltà di coniugare il lavoro con famiglia. Non nascondo che nella mia azienda ci lavorano più uomini che donne, ma semplicemente perché a volte c’è più bisogno di sforzo fisico e l’uomo è più indicato, ma io qui ho ricoperto tutti i ruoli, dalla casàra alla receptionist, dalla seminatrice, all’istruttrice di equitazione».

Il governo reintrodurrà i voucher? Che ne pensa?Che ben vengano, ma non i vecchi voucher che erano limitati a studenti e pensionati. Il problema, però, non cambia, i lavoratori non si trovano e quelli che si trovano, di fatto, non sono utilizzabili perché hanno paura di perdere il reddito di cittadinanza o altri benefici di cui godono anche temporaneamente. Noi imprenditori ci scontriamo con questa questa realtà. Prima erano i datori di lavoro a imporre il lavoro nero ai dipendenti, ora te lo propone lo stesso lavoratore… È assurdo».

I corsi di formazione?«Ho sentito che saranno stanziate molte risorse per fare formazione, ma mi chiedo per formare chi? Parrucchieri ed estetiste, con tutte il rispetto? Ma perché non formare personale per andare a lavorare in agricoltura? Io cerco da più di un anno, ormai, in tutt’Italia, un istruttore di equitazione: non l’ho trovato. Mi sono rivolta a un’azienda vicina con un’attività simile, ma sono nella mia stessa situazione. Per non parlare del personale stagionale. Introvabili camerieri, personale di cucina, collaboratori per la pulizia…».

Non si trova nemmeno personale straniero?«Lì il problema è un altro. Il governo dovrebbe semplificare l’iter per le regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari è un po’ difficile fare ottenere loro tutti i permessi che permettano loro di essere inquadrati regolarmente in un’azienda. Tuttavia riusciamo comunque a selezionare, malgrado le difficoltà dei dipendenti volenterosi che riescono a seguirci nel lavoro in campagna, ma ci vorrebbe una corsia preferenziale per questi casi».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA