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Troppi debiti e per non perdere la casa la ricompra all’asta

Due anni fa, Ivana Buono, impiegata, si era rivolta con un esposto al ministero della Giustizia  senza ottenere alcun riscontro

Di Francesco Nania |

A nulla è valso rivolgersi, due anni fa, al ministero della Giustizia cui aveva esposto la situazione rispetto al rischio di perdere la casa in cui abita. La sezione civile del tribunale aretuseo ha ritenuto inammissibile il ricorso proposto da Ivana Buono, impiegata siracusana, che si era rivolta al giudice per trovare un accordo per la composizione della crisi da sovraindebitamento. Per evitare di perdere definitivamente l’immobile, ha dovuto riacquistarlo all’asta.

«A causa dello stato di sovraindebitamento – racconta la donna – nel 2010 ho ceduto l’ipoteca convenzionale per un importo pari a poco più di 390mila euro in favore di una società, oggi in liquidazione e sottoposta a concordato preventivo. In pratica, ho prestato ipoteca sulla mia unica villa in cui abito nella zona di Tremilia. Durante questa procedura ho nominato un legale di fiducia, il quale mi ha sempre tranquillizzato sul buon andamento del procedimento. Successivamente, con mia grande sorpresa, ho scoperto che il legale non si fosse mai costituito per cui il procedimento è andato avanti fino alla fissazione dell’asta». Durante la procedura è stato nominato un consulente tecnico che ha valutato l’immobile pignorato, su più piani e con piscina, per la somma di 246mila euro. «Con mia grande sorpresa, il 15 giugno del 2019 – dice – l’immobile è stato aggiudicato all’incanto per il prezzo di 184mila euro agli ufficiali giudiziari del tribunale, pur non potendo partecipare  all’asta. A quel punto non mi è rimasto altro da fare che oppormi  e il giudice esecutore ha sospeso l’aggiudicazione, adottando la sospensiva, che ha annullato il trasferimento dell’immobile con la sospensione dei procedimenti esecutivi promossi dai creditori».

Buono ha proceduto così a un accordo di ristrutturazione del debito con la nomina del gestore della crisi. «Nonostante possedessi i requisiti per il pagamento dell’ipoteca pari a 200mila euro – continua l’impiegata – l’11 dicembre 2019 mi viene revocato il decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti per tardiva modifica del piano con un aggravio di spese di circa 12mila euro». L’iter processuale è proseguito per due anni arrivando alla conclusione con la sentenza del tribunale del 14 febbraio. Nella motivazione della sentenza, il giudice ha ritenuto inammissibile il ricorso. 

«Non comprendo – dice Buono – perché la mia proposta sia considerata nuova presentazione nel quinquennio. Ho dovuto presentare un nuovo piano poiché al primo non sono stata ammessa ai benefici esdebitativi». Il testo integrale dell’ordinanza della Cassazione, cui fa riferimento il giudice che evidenzia anche l’inammissibilità della domanda è dovuta al fatto che “la ricorrente” non ha «fornito tutte le informazioni necessarie alla ricostruzione della propria situazione economica e patrimoniale». 

A quest’affermazione la Buono obietta: «La mancata allegazione della documentazione poteva essere sopperita dalla norma secondo la quale il giudice può concedere un termine non superiore a 15 giorni per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti». Il 17 febbraio si è svolta l’asta a cui la Buono è stata costretta a partecipare e di conseguenza ripagare il proprio appartamento per la somma di 185mila euro. «Pur di non perdere la casa in cui abito – dice – ho dovuto ricomprarla, pur avendo già versato nelle casse dell’agenzia un importo di 100mila euro di cui, però, non vi sarebbe traccia. Nel 2019 ho presentato un esposto in Procura, che ha aperto un’indagine per un concordato che reputo poco chiaro poiché alcune garanzie sono venute a mancare con cessione dei beni a garanzia del concordato per il quale l’inchiesta non si è ancora oggi conclusa».   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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