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Il cantautore francese Jacques Brel, un mito indimenticabile anche per Google

Di Redazione |

«Scrive delle belle canzoni, peccato che continui a volerle cantare», fu l’acido commento diretto a Jacques Brel che un critico francese formulò dopo aver ascoltato Juliette Greco interpretare all’Olympia “Ca va (le diable)”, uno dei successi del cantautore considerato un monumento della canzone francofona. Evidentemente non aveva capito granché della magia che Brel sprigionava quando sul palcoscenico, il volto matido di sudore, il dramma nei gesti e nelle mani, con quel suo accento che ricordava il Belgio natale cantato ne “Le plat pays”, interpretava le sue canzoni con una carica emotiva senza pari. E oggi, a 54 anni dal suo ultimo concerto sul palcoscenico del «Palais des Beaux-arts , a Bruxelles  il suo mito è più che mai intatto se anche Google – che ai suoi tempi non era ancora nemmeno preconizzabile – ha voluto rendergli omaggio con un doodle sulla sua pagina.

Sguardo intenso, sigaretta tra le labbra o tra le dita, la sua immagine, sempre più trasandata col passare degli anni, rifletteva il suo atteggiamento amaro e sarcastico verso la vita. Le sue canzoni, poetiche ma ciniche, parlavano di donne, di politica, di ipocrisia. Brel cantava quelle donne che, affascinate dalla sua personalità complessa, lo circondarono per tutta la vita, ma che lui non riuscì mai a comprendere. «Non potrei mai far finta di capirle. mi rendo conto che, per tutta a vita, mi è sfuggito qualcosa nei confronti delle donne – disse nel 1971 in un’ intervista – l’uomo è essenzialmente un nomade, sogna di fare le valigie. La donna è sedentaria, sogna di aggrapparsi al suo uomo».

Brel cantava l’ipocrisia di quella classe borghese di cui, nei primi 24 anni di vita, era stato un esponente esemplare. nato in Belgio nel 1929, Jacques Brel ebbe sempre un rapporto di reciproco amore e odio con la Patria. Paragonò all’abbaiare dei cani il fiammingo, che non riusciì mai a imparare.

Ai tanto disprezzati estremisti fiamminghi Brel dedicò la canzone “Lees flamigrants”, suscitando un fiume di proteste e procurandosi una denuncia e numerose minacce di morte. Si sposò giovane, ebbe tre figlie, lavorò nell’ industria di imballaggi della famiglia.

«Le canzoni le componeva nel tempo libero – ha testimoniato la figlia France in un’intervista – cercava di venderle, ma nessuno le voleva, così nel 1953 decise di cantarsele da solo. Lasciò il lavoro e partì per Parigi». Qui debuttò nel “Cafè theatre” della “rive gauche”, con il suo repertorio di critica velenosa del presente. Le ballate “Le diable” e “Il peut pleuvoir” lo condussero a un rapido successo: già nel 1954, a 25 anni, si esibì all’«Olympia».

Jacques Brel mangiava poco, fumava troppo e lavorava nei night club. Fu sempre accolto con sentimenti contrastanti, anche quando arrivà il successo, drapprima a Parigi, poi in tutto il mondo. Diede concerti affollatissimi a Londra come a Mosca. Un ”musical” basato sulle sue canzoni fu accolto trionfalmente a Broadway. Arrivò anche il successo con le donne, ma Brel non volle mai divorziare e, da ogni capo del mondo, continuava a telefonare alla moglie, preoccupandosi per le figlie. 

«Mio padre era insieme troppo tradizionale e troppo libero di spirito per credere nel divorzio – ha detto ancora France Brel – amava il rischio e l’ avventura, ma con le donne era codardo. Preferiva dire a una donna “esco a prendere le sigarette” e non tornare mai, piuttosto di dirle che la lasciava». Attor di teatro e interprete di alcuni film, giunse al culmine della carriera di autore e cantante negli anni sessanta con “le plat pays”, “un valse a mil temps”, “ne me quitte pas”, “les bourgeois”, “s’ il te faut”, “le moribond”.

Da tempo sapeva di essere malato, quando, nel 1974, abbandonò tutto e andò a vivere in un isolotto deserto dell’ arcipelago delle Marchesi, nel Pacifico. Nel luglio 1977 tornò di nascosto in Francia, per affidarsi alle cure mediche. Era ricoverato nell’ ospedale franco-musulmano del sobborgo parigino di bobigny, quando il 9 ottobre 1978 morì. Volle essere sepolto nell’ isola di Atuana, nelle Marchesi, accanto a Paul Gauguin. 

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