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Furti d’auto con riscatto19 arresti a Catania e provincia

Furti d’auto con riscatto 19 arresti a Catania e provincia

Scoperti un alto giro di vetture rubate e una banda che opera con la tecnica del “cavallo di ritorno”. Per la restituzione si basava sul modello del mezzo rubato: una cifra compresa tra 150 e 1.200 euro. Il giro d’affari da 500mila euro annui. Altri 26 indagati

Di Redazione |

CATANIA – I Carabinieri di Catania stanno eseguendo un provvedimento restrittivo, emesso dal gip su richiesta della locale Procura, nei confronti di 19 persone accusate di fare parte di un’associazione a delinquere specializzata nei furti e ricettazione di veicoli, in particolare nelle estorsioni con metodo del “cavallo di ritorno”: il pagamento di una tangente da parte della vittima per la restituzione della refurtiva. Le indagini sono state avviate dopo alcuni “rinvenimenti inspiegabili” da parte delle vittime: nel 2013 a Gravina di Catania ci sono stati 1.200 furti d’auto, la maggior parte delle quale sono state ritrovate dagli stessi proprietari. Cosa che ha insospettito i carabinieri.

Militari dell’Arma hanno scoperto che la banda richiedeva per la restituzione delle vetture un prezzo basato anche sul modello e sul valore del mezzo rubato: una cifra compresa tra 150 e 1.200 euro. Il giro d’affari annuo è stimato dagli investigatori in 500mila. Ulteriori 26 persone risultano indagate in stato di libertà. Tra loro anche anche soggetti ritenuti legati a organizzazioni mafiose catanesi, ma anche nove vittime che hanno negato di aver subito l’estorsione e che sono accusate di favoreggiamento personale.

Dodici persone arrestate e sette provvedimenti notificati in carcere a persone già detenute per altri reati, e altri 26 indagati in stato di libertà. È il bilancio dell’operazione denominata “Febbre da cavallo”. Ecco tutti i nomi degli arrestati:

Salvatore D’Angelo, di 42 anni

Rosario Fallo, di 25

Raffaele Gianluca Magliuolo, di 31

Danilo Musumeci, di 24

Dario Masotta, di 32

Ai domiciliari sono finiti:

Antonio Marino, di 25 anni

Giuseppe Monaco, di 38

Filippo Ivan Raineri, di 22

Salvatore Siringo, di 36

Alfio Spina, di 38

Orazio Tenente, di 21.

Il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere a:

Vittorio Benito Fiorenza, di 34anni

David Giarrusso, di 38

Salvatore Gurrieri, di 42

Michael Giuseppe Magliuolo, di 23

Sebastiano Naceto, di 39

Massimiliano Nicotra, di 38

Jonathan Angelo Recca, di 28

Antonino Santonocito, di 38.

I particolari dell’operazione “Febbre da cavallo” sono stati resi noti dal comandante provinciale dei carabinieri di Catania, il colonnello Alessandro Casarsa. Il gruppo agiva tra Gravina e la zona di San Giovanni Galermo, dove le vittime dei furti cercavano l’intermediario, che in stretto contatto con le squadre “operative”, dopo il pagamento del “riscatto”, facevano ritrovare l’auto vicino il luogo dov’era stata rubata. Qualora l’estorsione non aveva successo l’organizzazione vendeva la vettura riciclandola. Ad essere prese di mira erano principalmente famiglie che possedevano un’auto sola, della quale non potevano fare a meno. Gli indagati potevano contare anche su un elettrauto che controllava e bonificava le autovetture degli indagati per scongiurare eventuali intercettazioni e altre persone che fornivano auto a noleggio da utilizzare durante i furti.

Il gruppo controllava il traffico di veicoli rubati a Gravina di Catania e nei comuni di Mascalucia, San Pietro Clarenza, Tremestieri e Misterbianco. I carabinieri militari hanno documentato 37 estorsioni di furto d’auto col metodo del “cavallo di ritorno”. Durante alcune perquisizioni i militari hanno anche trovato parti di auto rubate e 250 grammi di marijuana.

«Le vittime sono diventate in alcuni casi parte dell’organizzazione stessa – ha sottolineato il col. Casarsa – e questa è una cosa importante da chiarire: se io faccio parte di un sistema nel quale torno dai carabinieri e dico che ‘casualmentè ho ritrovato l’auto divento complice dell’aguzzino che mi ha creato il danno. Quando si viene colpiti da un reato c’è soltanto un metodo – ha concluso il comandante provinciale dell’Arma di Catania – rivolgersi alle forze dell’ordine, ai carabinieri». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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