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Il Sud, il governo del fare e il governo del raccontare

Di Redazione |

Ecco appunto, proprio come questa rubrichetta va dicendo da tempo: la politica vuole mettere le mani (e anche i piedi) nella cultura, perché è attraverso la cultura che si percepisce la realtà. Matteo Renzi, intervenendo agli Stati Generali del Turismo di Portici, lo ha detto chiaramente: “Il problema del Sud non è la mancanza delle infrastrutture, il problema è il racconto. Gli addetti ai lavori devono smetterla di parlare male dell’Italia”. Ti piacissi, verrebbe da dire.

Badate bene, ha usato proprio questa parola “racconto”, senza mascherare il concetto, come fa spesso, con quell’altra parola: “storytelling”. Il tanto sbandierato “governo del fare” si svela così come – alcuni lo sospettano da tempo – il “governo del raccontare”. La “polpetta”, la “minchiata”, l’ “improsatura” (da “prosa”) come tentativo di stravolgere la realtà a proprio favore diventa manifesto. Il sogno di ogni potere, cancellare il pensiero critico, diventa programma. Come addetto ai lavori, ossia come persona che racconta le cose, sono basito, indignato, allarmato 

Sia chiaro, le belle cose, al Sud non mancano. Mancano però le strade, il ponte sullo stretto (che più volte è stato “raccontato”), così come manca una politica dei prezzi delle tratte aeree. Sia chiaro, il mestiere di raccontare le belle cose è una nobile arte, si chiama “copywriting”, ma è un lavoro che spetta all’industria pubblicitaria, non a quella culturale. Le capacità non mancano. La stampa, così come la conosciamo, così come potete vedere sfogliando anche questo giornale che avete tra le mani, è da sempre stata un alternarsi di pubblicità e di riflessioni, di “promozione” e di commenti. Questo tentativo un po’ furbo di volere mischiare le cose è grave non solo da un punto di vista etico e liberale, ma è anche antieconomico in senso stretto. Si vuole sostituire la nobile arte della pubblicità con la polpetta obbligatoria di un racconto falsato.

Come si sostiene qui da tempo, data la crisi ci si vuole inventare narratori, ci si vuole improvvisare uomini di cultura, si vorrebbe una narrazione autocelebrativa scollata dalla realtà: la parola, si pensa, è a costo zero. Ci si sbaglia di grosso. E’ proprio questo, anzi, il motivo per cui si passa spesso da peracottari e non si riesce a fare né cultura, né comunicazione.

L’unica risposta letteraria che si può dare a un’affermazione come questa è: “No grazie, ‘sta puppetta ammuccatilla tu”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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