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Sicilia, i gestori tornano al “soft” «Pizzeria e un po’ di musica live»

Di Giorgia Lodato |

Catania. È ufficiale da ieri, ma la notizia che le discoteche potessero chiudere nuovamente i battenti era già nell’aria da un po’. Probabilmente a Catania già dal caso del ragazzo positivo che ha partecipato a una serata all’Afrobar, Ma, forse, il timore c’era sin dall’inizio di questa tormentata stagione, quando i gestori hanno “rialzato le saracinesche” poco convinti, ma speranzosi in fondo che l’estate potesse andare bene e il via libera potesse durare il più possibile.

Feste e balli in spiaggia hanno resistito due mesi, tra controlli continui, multe, chiusure e l’invito a non abbassare mai la guardia. Poi il caso del ragazzino risultato positivo ha riacceso improvvisamente la paura verso questo virus ancora semi sconosciuto che circola, nonostante, pur di divertirsi, si fosse fatto finta di averlo sconfitto. E ora, dopo sessanta giorni di libertà quasi assoluta, lo stop alle serate in discoteca, per il rischio contagio tornato troppo alto. Il provvedimento nazionale parla chiaro, durissimo e inequivocabile. Il costo che potrebbe pagare l’industria del ballo nell’Isola secondo alcune stime ammonterebbe a circa 100 milioni. «Un provvedimento sui generis, illogico, irrazionale, inattendibile e inaffidabile» per Tony Messina della Fipe, che lo considera «inaccettabile» sotto tutti i punti di vista. «Come al solito è restrittivo e duro nei confronti degli operatori economici italiani, mentre non tiene in considerazione gli immigrati e le persone che rientrano dall’estero positive al virus. Le altre attività commerciali sono tutte indisturbate – aggiunge – ci sono file dal macellaio come dal fruttivendolo. Lo ritengo un tipico provvedimento all’italiana, che mira a danneggiare l’economia di fronte a un unico caso verificatosi in una discoteca, quando dal 15 giugno al 15 luglio non ci sono stati casi sospetti. E Musumeci, che all’inizio si era rivelato coraggioso, non adotta il nostro Statuto speciale per tutelare l’Isola e la sua economia, allineandosi con Conte e facendo in modo che adesso i ragazzi per divertirsi andranno in ville private dove non c’è controllo, favorendo così gli abusivi e chi organizza questi eventi».

Cosa succederà dopo il 7 settembre non si sa, ma la discoteca ormai è vista in cattivissima luce e non sembra intravedersi la luce in fondo al tunnel. «Di certo ora che le discoteche sono chiuse i ragazzi non si andranno a coricare alle 20, non li fermerà nessuno e si renderanno conto che era meglio mirare ai porti, ai traghetti, alle macchine che arrivano dal Nord, agli aeroporti e a Lampedusa».

«Se la legge lo consente facciamo eventi, se lo consente a metà ed è così difficile siamo d’accordo con chiudere definitivamente, adeguandoci alle prescrizioni e magari puntando sul potere di Internet e della tecnologia», commenta invece Diego Vespa dei Mercati Generali. «Abbiamo il vizio di vedere le cose con il nostro lanternino – aggiunge – ma le discoteche sono chiuse in tutto il mondo. Forse riusciremo a fare il concerto di Cesare Basile e Alfio Antico, perché il nostro locale non è una discoteca, ma un luogo di pubblico spettacolo».

Francesco D’Angelo del Qubba punterà invece sulla pizzeria. «Riprenderemo la formula di inizio stagione, pizza e drink con musica d’ascolto». Niente balli in discoteca, forse qualche live band per intrattenere gli ospiti durante la cena. «Funzionerà come ha funzionato finora, con le prenotazioni, i tavoli distanziati, le mascherine per muoversi negli spazi pubblici. Dopo il 7 è un’incognita, aspettiamo di vedere come va la curva dei contagi senza dare certezze. Se potremo farlo, organizzeremo qualcosa, se no continueremo così fino a fine stagione». Anche gli eventi invernali al Ma, momentaneamente, sono in stand by. «Non possiamo programmare nulla, ma in ogni caso applicheremo rigidamente le regole che ci sta dando il governo, anche se non le condividiamo del tutto. L’unica cosa che possiamo fare è tornare alla cena-spettacolo, così come abbiamo aperto l’estate».

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