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«Sicilian or italian?», l’assurda domanda degli inglesi

Di Alessandro Logroscino |

A denunciare l’accaduto sono stati per primi alcuni genitori, allibiti di fronte all’indicazione – fra i dati richiesti – di questa stravagante tripartizione di etnia e di idioma come una sorta di variante italiana. Il loro racconto, rimbalzato su un paio di media in Italia, ha indotto a compiere subito una verifica. E in effetti si è scoperto che era tutto autentico. Nessuno scherzo, nessun equivoco. «Si tratta di iniziative locali – spiega l’ambasciatore Terracciano – motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari» e garantire un ipotetico sostegno. «Ma di buone intenzioni – aggiunge – è lastricata la strada dell’inferno»: specie quando diventano «involontariamente discriminatorie, oltre che offensive per i meridionali».

Di qui la decisione di un passo ufficiale attraverso la nota al Foreign Office, il ministero degli Esteri di Sua Maestà, nella quale si chiede «l’immediata rimozione» di questa indebita caratterizzazione pseudo-etnica, che nulla ha a che fare con l’importanza dei genuini connotati regionali o dei dialetti italiani. E si conclude ricordando appunto come «l’Italia sia dal 17 marzo 1861 un Paese unificato».

L’episodio s’inquadra in una stagione delicata per la Gran Bretagna, alle prese con la prospettiva della Brexit, il divorzio dall’Ue, in un clima nel quale su temi come il flusso dei migranti o l’apertura agli stranieri non sono mancate fibrillazioni né eccessi: nella società come nella politica. Un clima che a livello locale, nota Terracciano, si riflette anche «nella grave carenza di conoscenza della realtà italiana», di fatto nell’ignoranza diffusa su altri Paesi, che questa vicenda testimonia. Riproponendo, come in una sgangherata macchina del tempo, «una visione tardo ottocentesca della nostra immigrazione». E forse dell’Italia tout court.

Sospiro di sollievo, invece, per gli studenti dei Paesi Ue, tra i quali tantissimi italiani, che frequentano o sperano di frequentare l’università in Gran Bretagna malgrado le incognite sulla Brexit prossima ventura. Il governo di Londra s’impegna solennemente a garantire, a chiunque sia intenzionato a far domanda per l’anno accademico 2017-18, l’accesso ad agevolazioni e aiuti finanziari previsti dalle norme attuali per l’intera durata del corso. La rassicurazione per certi versi appare un po’ scontata, visto che per ora – e almeno fino al 2019, dati i tempi negoziali prefissati – il regno continua a far parte dell’Unione ed è tenuto a rispettarne le regole. Ma ha una valore se non altro poiché si estende per un triennio o un quadriennio: quindi oltre il termine del possibile divorzio definitivo. 

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