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Cronaca

Il delitto di Vanessa Scialfa rimasto senza movente, il legale: «Protetto chi ha mentito»

Per la morte della giovane trovata senza vita vicino alla miniera di Pasquasia, è stato condannato il fidanzato Francesco Lo Presti

Di Tiziana Tavella |

Dopo 12 anni, il femminicidio della ventenne ennese Vanessa Scialfa resta ancora senza un movente. Il 24 aprile del 2012 è il giorno mai finito per la sua famiglia. La giovane venne strangolata con il cavo del lettore Dvd e finita con uno straccio intriso di candeggina dal fidanzato, Francesco Lo Presti, con cui conviveva da appena 79 giorni e che confesserà il delitto, due giorni dopo, portando la polizia dove l’aveva abbandonata senza vita, su un canalone ai margini della miniera di Pasquasia.

Di Vanessa nessuno aveva più notizie e Lo Presti, condannato in via definitiva a 30 anni di carcere, inizialmente aveva detto di non saperne nulla. Il padre Giovanni Scialfa nel dodicesimo anniversario di quel “fine pena mai” che è lo strazio vissuto per una figlia che non potrà più essere stretta tra le braccia e a cui, assieme alla moglie Isabella non ha mai saputo rassegnarsi, ha scritto sui social: «L’amore che ci lega a te, nessun assassino potrà mai ucciderlo». Una dedica piena di dolore e di amore: «Sei e resterai sempre nel nostro cuore». Dai social, il 24 aprile di 12 anni fa Giovanni Scialfa aveva annunciato, in preda all’angoscia, la sparizione della figlia e chiesto aiuto alla comunità ennese per trovarla. Negli anni la tomba di quella ragazza solare, fiduciosa negli altri e dal dolcissimo sorriso, al cimitero di Enna, come anche la lapide che la ricorda, posta nel luogo del ritrovamento del corpo, è stata danneggiata più volte rinnovando ogni volta il dolore della famiglia che ha sempre chiesto verità e giustizia.

La sentenza di Cassazione che ha messo la parola fine alla parte giudiziaria non ha però mai chiarito il movente, inizialmente ipotizzato sulla gelosia del compagno di Vanessa. Secondo quanto dichiarato da Lo Presti, la sua furia omicida sarebbe, infatti, esplosa dopo che la ragazza lo avrebbe chiamato con il nome dell’ex fidanzato. Ma questa ipotesi però non ha mai trovato conferma e negli anni ha fatto spazio ad altro. Vanessa potrebbe avrebbe visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. E a parlare di questo tassello centrale che ancora manca è l’avvocato Eleanna Parasiliti Molica, referente dello sportello antiviolenza Diana e legale della famiglia Scialfa: «Un omicidio senza un movente chiaro, così ha sancito la Suprema Corte di Cassazione e che ancora presenta molti lati oscuri. Primo fra tutti il ruolo di un esponente della Polizia di Stato che all’epoca presentò all’allora dirigente della Mobile, Giovanni Cuciti, una relazione di servizio poi smentita dai tabulati telefonici. Oggi lo sportello antiviolenza Diana di Enna vuole ricordare Vanessa, ma anche il mistero che avvolge quell’omicidio e il muro di gomma che ha cercato di proteggere chi ha mentito».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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