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La latitanza “allegra” di Messina Denaro: tatuaggi e pranzi in trattoria con false identità

Si tratta di novità investigative che la Procura di Palermo utilizzerà nell’appello della sentenza emessa a carico di Andrea Bonafede

Di Redazione |

Spuntano altre due false identità usate da Matteo Messina Denaro durante la latitanza e nuovi particolari sulla vita del boss che, ricercato dalle polizie di tutta Italia, andava tranquillamente a Palermo in compagnia di Andrea Bonafede, uno dei suoi fiancheggiatori, a farsi fare tatuaggi e poi a mangiare in una trattoria del centro.

Novità investigative che la Procura di Palermo utilizzerà nell’appello della sentenza emessa a carico di Andrea Bonafede, condannato a 6 anni e 8 mesi per favoreggiamento aggravato. Nell’atto di impugnazione del verdetto – i pm avevano contestato all’imputato l’associazione mafiosa poi riqualificata dl gip in favoreggiamento – i magistrati hanno inserito una serie di episodi inediti. Come i due alias usati dal boss che al tatuatore aveva detto di chiamarsi Vito Firreri e all’operaio che doveva riparargli la lavastoviglie nella casa di Campobello di Mazara aveva dato il nome di Averna.

In merito ai tatuaggi, fatti a Palermo, il boss defunto ne aveva in particolare tre: «Tra le selvaggi tigri», «Ad augusta per angusta» e “VIII X MCML, XXXI”. Il significato lo aveva spiegato lui stesso alla sorella Rosalia. Emerge sempre dalle indagini della Procura di Palermo. Il boss per indicare i tatuaggi alla donna, come emergerà da un appunto trovato poi dai carabinieri, usava una C. «C” “Tatuaggio» scriveva lei per ricordarlo. Sul senso delle scritte poi il capomafia si dilungherà durante un colloquio in carcere con Rosalia, che sarà poi arrestata, e le altre due sorelle Bice e Giovanna. Nel dialogo, intercettato dagli inquirenti, Messina Denaro chiarirà che «ad augusta per angusta», fatto nel 2012 significava «alla gloria attraverso la sofferenza». «Lo feci per mia figlia quando se ne andò», spiegò. “Questa (l8-agosto del 1981) è una data per me importante», aggiunge riferendosi ai numeri romani. «Questo – spiega riferendosi alla scritta “tra le selvagge tigri”- l’ho fatto sette otto anni fa». Col l tatuatore palermitano Messina Denaro aveva usato il falso nome di Vito Ferreri. E dei tatuaggi il boss parla anche in uno dei diari sequestrati dopo l’arresto: «non sono per seguire la moda, sono il mio vissuto e servono a non dimenticare», appunta.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA