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Favara, l’omicidio Lupo: modalità mafiose per un delitto che sembra avere un movente economico

La vittima una settimana aveva picchiato a sangue il suocero nei pressi dello stesso bar dove è stato ucciso. Gli investigatori scavano nei contrasti che l'uomo aveva con la ormai ex moglie e la famiglia della donna

Di Franco Castaldo |

L’odore acre del sangue ha ormai invaso lo stanzone adibito a bar dove ha trovato la morte, poco prima, Salvatore “Totò” Lupo, 45 anni, già presidente del Consiglio comunale di Favara e imprenditore, con qualche precedente di polizia e processi in via di svolgimento, nel campo dei Centri di residenza per anziani.

A Favara, la via IV novembre, centro città, dove ha sede lo snack american bar, d’improvviso pullula di curiosi, controllati a stento dai carabinieri, intervenuti per indagare sull’uccisione dell’ex esponente politico, con un passato nell’Mpa, avvenuta nel torrido pomeriggio di Ferragosto per mano di un killer alquanto abile ed armato di revolver calibro 38 e che ha fatto fuoco tre volte, due proiettili a segno (alla testa) il primo andato a vuoto, che ha sorpreso persino il barista che poco ha visto, tanto fulminea è stata l’azione. Era chino a fare il gelato gelati e chino è rimasto dopo, paralizzato dalla paura.

Il sicario, mano ferma e sangue freddo, non aveva manco la mascherina anti-covid, questo si, se lo ricordano in molti, e dopo avere sparato è scappato via in un battibaleno, cogliendo di sorpresa (eufemismo) avventori e gente di passaggio che, inevitabilmente, hanno visto poco o nulla. Anzi: niente. Chi, invece, aveva visto e capito che stava per morire è stata proprio la vittima, che ha tentato una fuga disperata all’interno della toilette del bar senza peraltro riuscire nell’impresa. E’ stato troppo veloce il sicario che per efficienza, tecnica omicida e arma utilizzata sembra uscire dalla classica e usurata letteratura che spiega il delitto “di stampo mafioso”. Ma forse, di mafia non si tratta. 

O meglio, non viene esclusa questa pista anche se, smaccatamente, se ne privilegia un’altra legata ad interessi economici, vicende personali e familiari esasperate, vendetta da compiersi ad ogni costo. Salvatore “Totò” Lupo di nemici ne aveva parecchi.  Questo è un dato univoco che viene fuori dalle prime indagini dei carabinieri (coordinati dal procuratore capo Luigi Patronaggio, dall’aggiunto Salvatore Vella e dai sostituti procuratori, Paola Vetro e Barbara Cifalinó) e dalle voci raccolte ieri in paese. 

Carattere fumantino, talvolta arrogante, la vittima aveva creato attorno a sé un clima ostile tale oggi da rendere meno semplice l’individuazione di un movente certo. Imprenditore prestato alla politica sino a raggiungere il più alto scranno del Consiglio comunale di Favara, successivamente si è dedicato, insieme alla moglie ed al suocero, all’attività, parecchio redditizia, di creare centri di residenza per anziani, incappando in un paio di disavventure giudiziarie finite a processo delle quali non conoscerà l’esito finale per morte sopraggiunta.

Scriviamolo subito, senza violare alcun segreto investigativo dato che tutta Favara ne è a conoscenza, che la pista familiare coniugata con una serie di vicende interpersonali e di interessi economici, è quella che viene battuta con maggiore intensità e convinzione. E che gli inquirenti un sospettato lo hanno individuato e già sottoposto al test dello Stub nonché sottoposto a perquisizione sia dell’abitazione che dell’auto.  Sospettato e non indagato, almeno per adesso, perché i buoni uffici del suo difensore, l’avv. Totò Pennica, codice alla mano, hanno impedito provvedimenti cautelari estremi. 

E qui comincia un’altra storia che merita la massima attenzione. Salvatore Lupo da tempo era entrato in rotta di collisione con la moglie che lo aveva cacciato da casa un paio di volte. Una separazione dolorosa che aveva anche coinvolto i due figli e le loro famiglie. I dissidi di tipo economico sono stati in qualche modo posti sotto controllo affidando ai rispettivi avvocati il compito di sanarli senza creare ulteriori e gravi problemi. Poi il fattaccio. Meno di un mese fa, proprio nella via dove l’altro ieri è stato commesso l’omicidio, Lupo, insieme al figlio, avrebbe aggredito e malmenato il suocero. Ed ecco il sospettato: Giuseppe Barba, 60enne di buone maniere, anch’egli impegnato nella gestione di Rsa. Episodio non denunciato ai carabinieri perché l’uomo non voleva mettere nel mezzo il nipote. Tuttavia, il fatto grave è avvenuto e per gli inquirenti potrebbe essere un buon movente.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA