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Un impero grazie all’aiuto dei boss, sequestrati 120 milioni al re della fibra ottica

Di Simona Licandro |

C’è pure l’autodromo internazionale Valle dei Tempi di Racalmuto tra i beni sequestrati all’imprenditore agrigentino Calogero Romano. Un patrimonio da 120 milioni di euro costruito, secondo i finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo, grazie all’appoggio della mafia. Romano è titolare di numerose aziende che operano nel campo delle telecomunicazioni e della fibra ottica, nel settore edile e anche, appunto, di un autodromo. Il suo impero, adesso sotto sequestro, include società, aziende, immobili, auto, conti correnti.

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L’indagato nel 2016 era stato condannato dal Tribunale di Agrigento a sei anni e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa per aver contribuito «al rafforzamento di Cosa Nostra, pur non facendone parte». Le accuse erano basate anche sulle dichiarazioni dei pentiti Ignazio Gagliardo, principale punto di riferimento di Romano all’interno dell’organizzazione fino a quando non cominciò a collaborare con la giustizia, e dell’ex boss agrigentino Maurizio Di Gati. L’imprenditore, a partire dal 1992, avrebbe beneficiato dell’appoggio e della protezione di esponenti della famiglia di Racalmuto (Agrigento), al fine di ottenere vantaggi per le proprie imprese, nel settore edilizio e nel mercato del calcestruzzo. Attività che, secondo l’accusa, proprio grazie all’appoggio di esponenti di spicco di Cosa Nostra agrigentina, si è ulteriormente sviluppata ed è stata diversificata, ampliando così la galassia degli interessi economici dell’imprenditore.

UN GIRO IN MOTO ALL’AUTODROMO DI RACALMUTO

Nel tempo sono state costituite molte società, tra cui la “Program group racing engineering», proprietaria dell’Autodromo Internazionale Valle dei Templi che ha reso noto che la propria attività prosegue regolarmente, la «Beton 640», la «Mediterranea cavi» e la «Romano telecomunicazioni», queste ultime specializzate nella posa di cavi elettrici e telefonici che hanno via via guadagnato una posizione dominante nel settore delle opere di realizzazione di reti telematiche nella Sicilia occidentale. Con il consenso di Giuseppe Falsone, boss di Campobello di Licata, considerato in passato il capo di Cosa Nostra agrigentina, Romano avrebbe inoltre fornito alle aziende riconducibili ad alcuni esponenti mafiosi il calcestruzzo necessario alla realizzazione dei lavori di costruzione del noto centro commerciale «Le Vigne», anche facendo ricorso a sovrafatturazioni al fine di costituire «fondi neri» necessari al sostentamento della famiglia mafiosa di Canicattì.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA