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Strage di Erba, il giudice che scrisse la sentenza: «Olindo e Rosa? Accanimento innocentista»

Di Redazione |

Il giudice che ha redatto la sentenza: «L’accanimento innocentista degli ultimi sedici anni ha alimentato il livello dei conflitti. Nel processo le vittime non sono state tutelate». Pietro Castagna: «Sentire la donna che ha ucciso la tua famiglia dire che vuole sedersi a un tavolo con me, guardarmi negli occhi e capire chi tra lei e me era il vero assassino psicologicamente ti fa molto vacillare. Ho dovuto assumere psicofarmaci e chiedere aiuto».

Sono alcune delle testimonianze raccolte nel podcast in cinque puntate «Anime nere» del quotidiano La Provincia di Como che registra in esclusiva le parole del giudice che ha scritto la prima sentenza di condanna e quelle di Pietro e Giuseppe Castagna, fratelli di Raffaella, figli di Paola Galli e zii del piccolo Youssef, tre delle quattro vittime della strage per la quale sono stati condannati in via definitiva i vicini di casa Olindo Romano e Rosa Bazzi.

Era la notte dell’11 dicembre 2006 e nel caso della strage di Erba «l’accanimento innocentista degli ultimi sedici anni ha alimentato il livello dei conflitti», spiega la giudice Luisa Lo Gatto che ha scritto le oltre 280 pagine di sentenza sul caso e che parla per la prima volta nel podcast: «Durante il processo le vittime dirette ed indirette hanno reso le loro deposizioni in condizioni di forte stress, dovuto ad una cross examination particolarmente serrata e poco rispettosa, anche a causa della pressione mediatica: il clima di tensione era evidente – prosegue -. E poi è seguito l’affronto, per i signori Castagna, di essere addirittura sospettati di un diretto coinvolgimento nella strage. Il processo ci ha mostrato il volto disumano della giustizia, parlo della giustizia che segue a un processo penale ovviamente».

Nella terza e nella quarta puntata del podcast invece a intervenire sono Pietro e Giuseppe Castagna. Dice Pietro Castagna: «Fu permesso alla signora Rosa, live su Italia, di dire che voleva sedersi a un tavolo con me, guardarmi negli occhi e capire chi tra lei e me era il vero assassino. Invito chiunque a immaginarsi seduto sul divano davanti alla televisione e sentire l’assassina dei propri cari dire una cosa del genere. Psicologicamente ti fa molto vacillare questa cosa: io dopo quelle puntate ebbi molta difficoltà a confrontarmi col quotidiano, anche solo a uscire, a riprendere il lavoro, perché non sapevo cosa la gente potesse pensare di me. Ho dovuto assumere psicofarmaci e chiedere aiuto».

Il podcast realizzato dai giornalisti Martina Toppi e Paolo Moretti per La Provincia di Como si intitola «Anime Nere». E’ possibile ascoltarlo gratuitamente sul sito www.laprovinciadicomo.it (nella sezione podcast) e sui principali canali di streaming (Spotify, Spreaker, Google Podcasts).COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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