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A Catania lo strano caso della metropolitana a “macchia di leopardo”

Via al cantiere della tratta Misterbianco-Paternò che rischia di restare isolata: lavori della Monte Po-Misterbianco fermi per un contenzioso fra Fce e ditta. La stessa che blocca Stesicoro-Fontanarossa

Di Mario Barresi |

No, quella di oggi non sarà una cerimonia-farsa. Né, come avviene spesso all’approssimarsi delle campagne elettorali, il bis (talvolta pure il tris) della posa della prima pietra o un vecchio nastro già usato e rifilato per l’ennesima volta. Oggi, sulla tratta della metropolitana Misterbianco-Paternò, alla presenza del ministro Matteo Salvini, i lavori s’inaugurano davvero. Nei prossimi 35 mesi si costruiranno 11,5 chilometri di linea, il 50% interrata in galleria, da Misterbianco centro a Paternò, attraversando Piano Tavola (frazione di Belpasso, dove oggi ci sarà l’evento con autorità e giornalisti), con 729,5 milioni di fondi Pnrr, lievitati rispetto agli iniziali 432 a causa dell’aumento del costo delle materie prime.È tutto vero, compresa la contesa locale fra FdI e Lega su chi deve mettere cappello all’opera. E speriamo che continuerà a esserlo anche dopo che i riflettori odierni si spegneranno.

Il rischio

Ma quasi nessuno, in queste ore, parla del rischio che corre questa attesissima tratta della metro etnea. E cioè di restare, a cantiere ultimato, soltanto un piccolo percorso che unisce due grandi paesi. Sì, perché a oggi il collegamento fra il resto del percorso catanese non esiste. E non è una questione di “strabismo” programmatico, anche perché Ferrovia Circumetnea, grazie all’encomiabile lavoro del suo direttore Salvo Fiore, ha sempre fatto le cose per bene. Passo dopo passo. Ma si dà il caso che i lavori della Monte Po-Misterbianco, la tratta che collegherebbe la stazione di partenza del cantiere che s’inaugura oggi, appaltati nel 2021 (124 milioni di investimento, conclusione prevista nel 2024) siano fermi al palo. In fase di progettazione esecutiva, infatti, il Consorzio Stabile Medil di Benevento, aggiudicatario della gara, rileva «un quadro geologico sostanzialmente diverso» rispetto al progetto definitivo. E dunque batte cassa, chiedendo a Fce maggiori. Si apre un braccio di ferro con l’azienda pubblica controllata dal Mit, che si rivolge a un Collegio tecnico consultivo, chiedendo se sussistono le condizioni per la risoluzione del contratto e per interpellare eventualmente gli altri partecipanti all’appalto integrato. Il Ctc prende tempo, accogliendo la proposta dell’impresa: trattare «congiuntamente» le rispettive posizioni. C’è tempo fino al 28 aprile per presentare le «determinazioni», poi partirà il confronto. Del cantiere, per i prossimi mesi, nemmeno l’odore.

Le parole del sindaco

A rompere il sostanziale silenzio di tutte le parti interessate è il battagliero sindaco di Misterbianco. «Siamo contenti della posa della prima pietra della tratta che collega la nostra città a Paternò, ma il rischio – denuncia Marco Corsaro – è che nel 2026 avremo un’opera monca, un troncone di metro disconnesso da tutto il resto». Corsaro ha affrontato più volte la questione a Roma «grazie all’aiuto del sottosegretario Tullio Ferrante (di Forza Italia, stesso partito del sindaco, ndr) e in collaborazione garbata con Fce, Medil e Comune di Catania». E oggi consegnerà a Salvini «le nostre preoccupazioni in merito a tempistiche sempre più indefinite». Paure che rappresentano «un territorio di oltre 50mila abitanti, delle imprese della nostra zona commerciale che stiamo rigenerando e di tutti i soggetti che guardano alla metro come una prospettiva concreta di sviluppo, ma che a oggi non capiscono più quello che sta succedendo».

Medil e le controversie

Ma Medil è protagonista di un’altra controversia aperta con Fce. Quella che blocca la tratta forse più importante di tutta la metropolitana: la Stesicoro-Aeroporto, del valore di 400 milioni. Contratto firmato nell’agosto 2021, inizio lavori annunciato nel 2022 (in tutto 6,8 chilometri con otto stazioni dal cuore di Catania a Fontanarossa), ma anche in questo caso l’impresa rileva «l’insufficienza dei fondi rispetto all’effettivo valore delle lavorazioni da porre in essere». Si pone di nuovo la questione al Cct, le cui attività, riferiscono fonti ministeriali, «sono in fase di definizione». Lo scorso 15 febbraio l’ultimo incontro fra le due parti, al termine del quale il presidente dell’organismo ha informato che «sarà cura del Collegio comunicare la data di chiusura dell’istruttoria». Un giorno imprecisato, a partire dal quale «decorrerà il termine di legge (20 giorni, ndr) per l’emanazione delle proprie determinazioni». Tradotto dal burocratese tendente all’aramaico: l’opera resta in alto mare.

m.barresi@lasicilia.it

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