Notizie Locali


SEZIONI
Catania 13°

Politica

Il patto segreto Musumeci-Salvini per emarginare gli “impresentabili”

Di Mario Barresi |

CATANIA – La notizia più importante sfugge a microfoni e taccuini. Ed è condensata in dieci minuti. All’ora di pranzo. Lontano da occhi e orecchie indiscrete. In una saletta riservata dell’Excelsior di Catania. Nello Musumeci rende visita a Matteo Salvini, dopo la conferenza stampa.

Sugli impresentabili del centrodestra, ai giornalisti il leader della Lega ha appena detto: «Parlo direttamente e unicamente col candidato presidente. E sono orgoglioso della lista che abbiamo fatto, rinunciando a gente che ci diceva ti porto voti e soldi che non sapevamo da dove venissero. Gli altri hanno fatto scelte diverse, più comode. Ma a me non piacciono le scorciatoie». E a chi gli fa notare che anche nelle sue liste c’è un neo-condannato (Carmelo Pino, ex sindaco di Milazzo: un anno e 4 mesi in primo grado per abuso d’ufficio) risponde infastidito: «Non è di Noi con Salvini, è di Fratelli d’Italia. Ragazzi, io rispondo dei miei candidati».

Poi è show. «L’avversario da battere in Sicilia sono i 5stelle. Io però dico ai siciliani che all’onestà, requisito fondamentale, va aggiunta la capacità. Guardate Roma…». Appendino indagata? «Non commento i problemi giudiziari degli altri». Berlusconi propone: chi prende un voto in più esprime il premier della coalizione: «Perfetto. In democrazia funziona così». Il Renzi-tour in treno? «Lui è finito, come Crocetta. Io in treno farò la Trapani-Ragusa, odissea di 13 ore per fare 350 chilometri». Ideuzza per il turismo: «Non vogliamo più neanche un clandestino ospite degli alberghi siciliani. Neanche uno».

Arriva Musumeci, qualche minuto per i cronisti. Sembra quasi aver concordato le risposte con Salvini. Low profile sulla sindaca di Torino («Io non butto sale sulle ferite»), attacco a muso duro ai grillini. Sono «nervosi», perché «pensavano di avere la vittoria in tasca, di essere già i padroni della Sicilia e quindi di potere prenotare la vittoria alle Politiche Roma». Poi però «col centrodestra unito con me, i sondaggi, ma anche l’umore della gente, hanno detto cose diverse». E cioè: «Hanno un solo linguaggio, quello della violenza e del rancore. Loro puntano a delegittimare l’avversario, ma la gente ormai non ci casca più. Di Maio, Di Battista, Cancelleri? Fateci fare ‘u so travagghiu…». Più felpato, Musumeci, sulla questione morale. «Non ho bisogno di slogan, né di promesse. Per me parla la mia storia, parla il mio passato. Io continuerò ad essere quello che sono stato». Ma in caso di vittoria sarà capace di blindarsi dalle pressioni? «Veramente si devono blindare gli altri da me. Sono gli altri che devono temermi, i malintenzionati. Io non ho bisogno di blindarmi. Ho attraversato le paludi. Sono stato condannato a morte dalla mafia, avevo 39 anni. Immaginate se qualche politico da strapazzo possa condizionare un uomo con la mia storia e il mio modo di pensare».

Dopo qualche selfie assortito, il faccia a faccia. Musumeci e Salvini, lì dentro. E tutto il mondo fuori. «Nello, noi ti sosteniamo a spada tratta. Ma su ‘sta storia delle liste devi fare piazza pulita», incalza il capo leghista. Il candidato presidente ammette «gli imbarazzi che purtroppo non dipendono da me», perché «non mi hanno voluto ascoltare». Ma rassicura l’alleato. Sull’impatto del tema in una campagna elettorale che «sta andando benissimo, perché i siciliani sanno chi sono io». Il leader del Carroccio gli garantisce sostegno «prima e dopo il voto», ma «io non entro nella tua giunta se comincio a vedere facce che non mi piacciono». E su questo aspetto Musumeci è tranchant: «Matteo, gantisco io. Personalmente». Una stretta di mano e un arrivederci al 29 ottobre. «Starò una settimana in Sicilia per te. Vinci e poi ne riparliamo…», si congeda Salvini.

Da Forza Italia, convitata di pietra dell’asse legalitario, arriva una folata di gelo. Che taglia l’aria con le raffinatissime parole di Bruno Alicata. Il senatore siracusano rivendica il «senso di responsabilità» del «partito guida dell’alleanza» nella scelta del candidato presidente. «Un’occasione per ribadire con forza i temi della legalità, non quella parolaia, ma quella concreta di chi, come Musumeci, non ha mai ricevuto un avviso di garanzia».

Ma c’è un ma. Ciò, rimarca Alicata, «non vuol dire che ricevendone uno o subendo un processo penale, spesso ingiusto, si debba essere marchiati a fuoco prima della sentenza definitiva». Il garantismo forzista vale «per il sindaco di Priolo, ai domiciliari l’indomani della presentazione delle liste», così come per «l’ex sindaco di Milazzo condannato in primo grado», ma anche «per altri candidati nelle liste di Musumeci “avvisati” a Siracusa per Gettonopoli».

Morale della favola? «Inseguire e scimmiottare i Cinque Stelle, in difficoltà e in preda a delirio da propaganda giustizialista, non giova alla campagna elettorale di Musumeci e del centrodestra», sottolinea Alicata. Con un avvertimento finale: «Persistere nell’atteggiamento di finta e spocchiosa superiorità morale, marcare sempre e comunque la distanza da Forza Italia, quasi che i nostri voti non fossero determinanti per la vittoria finale» sono «una caduta di stile e un triste esercizio che non rende onore all’intelligenza del candidato presidente, né a quella dei suoi ventriloqui».

Twitter: @MarioBarresi

COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA