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Glaucoma, Gandolfi (UniPr): “Laser e farmaci a lento rilascio una rivoluzione”
L’uso dei colliri, tradizionalmente primo step nella terapia del glaucoma, presenta una prima criticità che è l’autosomministrazione. E’ una procedura “particolarmente complessa e può portare a catastrofi terapeutiche – avverte Gandolfi – perché si somministra la goccia, ma il farmaco non entra e, di fatto, il paziente non si cura”. Poi c’è da considerare l’aderenza terapeutica, perché il collirio va instillato “in orari diversi della giornata”, cosa non facile da mantenere nel tempo, “specie se è un’altra persona a doverlo fare. Per cercare di bypassare questi problemi – spiega lo specialista – si è rivalutato il trattamento laser come prima opzione terapeutica: invece di partire con i colliri e arrivare poi al laser, si inverte il percorso utilizzando alcune modalità di trattamento che prevedono un effetto biologico del laser, stimolando i tessuti che filtrano via il liquido dall’occhio a funzionare meglio, attraverso l’energia che viene somministrata, stimolando le cellule staminali a rigenerare il tessuto”.
A livello di farmaci, “ci sono novità nel veicolare una medicina dentro l’occhio – descrive Gandolfi – che non prevedono più di usare il collirio come veicolo, ma sistemi a lento rilascio che dopo la somministrazione durano 1-2 mesi, oppure, attraverso una microiniezione all’interno dell’occhio stesso, permettono per parecchi mesi di andare avanti con una pressione controllata. E questa è un’altra rivoluzione copernicana perché, invece che prescrivere il farmaco, dare la ricetta al paziente e poi affidarci alle sue capacità di curarsi, somministrando noi”, come specialisti, “questi sistemi a lento rilascio, governiamo il trattamento e il percorso terapeutico diventa inevitabilmente più affidabile. I primi sistemi a lento rilascio sono stati registrati circa un anno fa negli Stati Uniti e verranno registrati probabilmente già da quest’anno all’interno dell’Unione europea dall’Ema”, l’Agenzia europea dei medicinali.
“Il glaucoma – ricorda Gandolfi – è una malattia cronica progressiva che colpisce il nervo ottico”, dovuta a un aumento della pressione intraoculare che “crea danno senza arrecare sintomi”. Da qui la definizione di “ladro silenzioso della vista”. Non essendoci sintomi, “la diagnosi di glaucoma è quasi sempre accidentale, cioè la riscontri all’interno di un accertamento oculistico di routine o fatto per altre motivazioni”. Da qui si capisce chiaramente che “è una malattia che va cercata” e che è “molto insidiosa, perché non si fa sentire” fino a quando ha “corroso i tessuti al punto tale che la persona vede ‘ristretto’ il mondo che riesce a intuire attraverso la vista”. In sintesi, il glaucoma è una “malattia che non dà disturbi, ma va cercata e diagnosticata presto, perché una volta che si porta via un pezzo di vista, questa non è recuperabile. Tutto quello che facciamo è per rallentare, bloccare il peggioramento”.
Il glaucoma è legato all’invecchiamento, ma sono fattori di rischio “la familiarità, la miopia elevata e gravi comorbidità di tipo cardiovascolare – elenca l’esperto – Non va ricercato nei bambini, dove è molto raro, con forme congenite particolari”. In media, la malattia “colpisce circa 2 persone su 100 dopo i 40 anni e 5-6 su 100 dopo i 70 anni”. Il glaucoma ha una “forte familiarità”, quindi la malattia “va cercata in consanguinei, nel caso in cui un genitore o fratelli abbiano la patologia: esiste infatti una predisposizione genetica e sono noti alcuni geni coinvolti. Sono inoltre a rischio i grandi miopi, cioè oltre le 10 diottrie, e le persone con gravi problemi cardiovascolari. Non sono quindi gli ipertesi, ma piuttosto” i pazienti con “vasculopatie gravi, per esempio”.
Anche al congresso della Siso, Società italiana scienze oftalmologiche, “abbiamo discusso le tante novità per quanto riguarda il glaucoma – riferisce Gandolfi – come di sistemi a lento rilascio, di sistemi che permettano una diagnosi il più possibile cellulare, di nuove tecniche chirurgiche, sempre meno invasive, che trovano un posto all’interno del percorso di cura del glaucoma sempre meno finale”. L’accesso a queste procedure è “complesso, perché questi interventi mininvasivi prevedono l’utilizzo di dispositivi che, al momento, sono rimborsati, a parte, soltanto in una regione, in Lombardia. In tutto il resto d’Italia sono dispositivi che il Servizio sanitario regionale acquista in cima alla tariffa che viene corrisposta per la chirurgia del glaucoma e quindi è chiaro che vanno negoziati e questo crea ovviamente un ostacolo perché è un extra costo che ciascuna azienda sanitaria si ritrova a dover affrontare. Su questo, Sigla, come Società scientifica del glaucoma – conclude lo specialista – contribuisce per creare questi percorsi”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA