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Ruby ter: difesa Bonasia, ‘sventurata rispose a invito Cav, soldi alla luce del sole’

Di Redazione |

Milano, 21 set. Roberta Bonasia, l’ex infermiera e aspirante soubrette imputata nel processo milanese Ruby ter, va assolta dalle accuse di calunnia (nei confronti della parte civile Ambra Battilana) e falsa testimonianza “perché il fatto non sussiste”. Lo sostiene il difensore, l’avvocato Stefano Tizzani, che richiamando l’ordinanza del giudice sottolinea che “sono state violate le garanzie difensive e le dichiarazioni rese sono assolutamente inutilizzabili”. Le giovani ospiti di Arcore, per il legale, dovevano essere ascoltata non come testimoni, ma come indagate e quindi con la possibilità di non rispondere alle domande dei pm di Milano che in aula vogliono dimostrare come Silvio Berlusconi pagasse le testimoni per ottenere il silenzio in aula.

Roberta Bonasia “è una ragazza dalle umili origini” che nel 2010, partecipando alla selezioni di Miss Piemonte, fu notata da Emilio Fede, poi contattata da Lele Mora e invitata nella villa di Arcore e “si può dire che allora, citando Manzoni, ‘la sventurata rispose'” finendo poi con diventare tra le preferite del Cav. “La Bonasia ha ricevuto quello che ha ricevuto con grande senso di riconoscenza, non ha chiesto, è sempre rimasta al suo posto. Ha ricevuto bonifici dal marzo 2012 al febbraio 2014 ben oltre le date in cui sono state rese le sue dichiarazioni, non c’è una corrispondenza temporale, un nesso causale” tra i soldi e l’accusa di silenzio. “Era disoccupata, economicamente in difficoltà e Berlusconi con un sentimento di amicizia decide di aiutarla”, garantendole un alloggio e 2.500 euro al mese “che vengono versati in modo trasparente sul suo conto corrente personale, un aiuto trasparente e tracciato, tutto è assolutamente alla luce del sole”. “La generosità è stata ampia e non solo nei confronti di chi è a processo, non si può dimenticare la trasparenza, la tracciabilità dei soldi versati. Quella generosità non si può ricondurre all’ipotesi di reato”.

L’imputata “ha tentato invano di preservare la sua reputazione, anche in maniera ingenua” e ad anni di distanza, a ogni udienza, “l’attenzione mediatica morbosa”, ‘riapre’ uno “stillicidio” che “le impedisce i avere una vita normale. Rimane lo stigma, chi ha partecipato alle serate (nella villa di Berlusconi, ndr) ha un marchio indelebile che ad anni di distanza persiste e continua a provocare dei danni enormi”. Nel processo che vede imputato l’ex premier per corruzione in atti giudiziari, la procura ha chiesto per Roberta Bonasia una condanna a quattro anni e tre mesi di carcere.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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