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C’è “la possibilità di fare della Sicilia un grande laboratorio di agricoltura biologica”

Di Gaetano Ravanà |

Convegno Dibattito sul tema “AGRICOLTURA BIOLOGICA BENE COMUNE”, Obiettivo Sicilia 51% – Stato dell’arte e prospettive. L’iniziativa è stata organizzata e promossa dal Consorzio Isola Bio Sicilia, con il patrocinio dell’Ordine dei Dottori  Agronomi e Forestali della Provincia di Agrigento. La sala  conferenze del Comune di Cianciana, gremita di gente e alla presenza di rappresentanti istituzionali  e autorità politiche, è stata teatro di una ricchissima conversazione sul tema. Sul tavolo della discussine  “la possibilità di fare della Sicilia un grande laboratorio di agricoltura biologica e sostenibilità nel centro del mediterraneo mediante il raggiungimento dell’obiettivo del 51% di SAU regionale certificata in bio e chiedere che vengano riconosciuti meriti e prerogative del settore agricoltura nella regione più biologica d’Europa”.

Le parole di Calogero Alaimo Di Loro- presidente del Consorzio Isola Bio Sicilia – non hanno lasciato dubbi: “ bisogna onorare  il ruolo che la storia ha assegnato alla Sicilia quale luogo aperto di confronto  multiculturale e apripista di sostenibilità nell’uso delle risorse, oggi più che mai strumenti di efficace contrasto ai cambiamenti climatici e al proliferare delle malattie cronico degenerative”. Si riconosca, senza indugio, all’agricoltura biologica la capacità di contrastare e risolvere le principali emergenze della contemporaneità, come  la Sicurezza alimentare, il dissesto  idrogeologico del territorio, la sovranità alimentare, le politiche di damping, i nuovi esodi rurali, l’erosione genetica e la crisi culturale della civiltà della terra.   

E ancora: Bisogna fare dell’Isola bio Sicilia un obiettivo trasversale e comune a tutti. Un  luogo della concretezza del modello biologico ( non più  romantica idea visionaria) che con il suo 31% della SAU regionale già “assoggettata” al reg. 834/2007  deve guidare  la   marcia inarrestabile verso il 51% e verso  nuovi orizzonti  della sostenibilità”.

Forse non è un caso allora,  se il convegno in cui si parla di biologico come sicura frontiera contro i cambiamenti climatici, cada proprio il giorno prima del 29 luglio, data del l’Earth Overshoot Day.

Questo il contenuto della relazione che ha  introdotto i lavori del convegno,   cui hanno fatto seguito gli interventi dei tanti esperti intervenuti che con dovizia di particolari hanno argomentato tutte le ragioni della  “possibile utopia”. Nell’ordine si sono susseguiti gli interventi   delle Biologhe Nutrizioniste Dr.sse  Licia Di Falco e Assunta Brunone   che  hanno illustrato i  vantaggi salutistici e sociali dell’alimentazione di qualità e l’importanza dei cibi biologici per la qualità della vita.  Calogero Romano e Giuseppe Craparo – Agronomi-  Consulenti Agroambientali, che   si sono soffermati sull’importanza dell’innovazione in agricoltura biologica, i punti di forza  e le criticità del  sistema rurale siciliano. Mentre la Dr.ssa Maria Giovanna Mangione  – Pres. Ordine dei Dott. Agronomi di  Agrigento   ha puntualizzato il   ruolo  e le difficoltà operative delle professioni tecniche e il contributo specifico allo sviluppo sostenibile. Numerose le aziende che hanno partecipato al dibattito aperto che ne è seguito,  rappresentando le numerose problematiche aziendali e le criticità inerenti il settore e le tante  confortanti  esperienze di successo del comparto. Tra tutti  ricordiamo  Ambrogio Vario,   Filippo Emanuele Romano,  Giuseppe Mistretta. Dario Brucculeri – Azienda “Golden Grapes”, nel suo pertinente e articolato intervento, ha ricordato  quanto sia importante tenere presente  che l’agricoltura biologica è soprattutto un marchio di processo oltre che di prodotto, che pertanto mediante una precisa  procedura di controllo e di certificazione garantisce non solo l’assenza assoluta di residui inquinanti chimici sul prodotto finale, ma assicura che tutto il processo di produzione sia realizzato con metodi che rispettano l’ambiente, favoriscono la biodiversità e migliorano l’interazione tra azienda e territorio in generale. 

Notevole anche le  presenze istituzionale al convegno. Infatti oltre  a Giuseppe d’Angelo, animatore della “cinque giorni sui grani antichi di Cianciana”, hanno presenziato la manifestazione il Sindaco dell’importane paese agrigentino Francesco Martorana,  l’Euro Deputato Onorevole Dino Giarrusso e il Componente della Commissione Agricoltura, Senatore Pietro Lorefice, che hanno tratto le conclusioni dell’importante incontro e si sono detti disponibili ad aprire nell’immediato un tavolo  di confronto per affrontare, “con  un linguaggio comune” e  in modo operativo le numerose problematicità emerse, e concertare tra portatori di interesse del territorio e decisori istituzionali la tappe per i prossimi traguardi.

L’isola biologica e l’Earth Overshoot Day

NELLE REGIONI DEL SUD LE TRINCEE DELLA SOSTENIBILITÀ ITALIANA

Il convegno di Cianciana, rimanda direttamente  ai  problemi globali e  con profetico tempismo anticipa di un solo giorno   l’Earth Overshoot Day,  cioè il giorno in cui la Terra esaurisce le sue risorse naturali annuali e l’umanità per sopravvivere inizia a depauperare il “capitale natura”.  Una data che purtroppo si avvicina sempre di più.    Solo trent’anni fa cadeva a ottobre; 20 anni fa alla fine di settembre; l’anno scorso è arrivata il 1° agosto, quest’anno già il 29 luglio. Non solo, se esprimiamo l’impronta ecologica in termini di  suolo coltivato per unità di consumo, risulta  che se l’umanità intera adottasse oggi  l’attuale regime di consumo italiano, per soddisfare i bisogni della popolazione mondiale,  avremmo necessità  di 2.6 pianeti come la Terra all’anno. E addirittura, se adottassimo il modello di consumo statunitense o australiano i   pianeti necessari diventerebbero 5, e così via per tutti i paesi industrializzati della terra. 

Quali atti quotidiani e quali grandi cambiamenti di paradigma potrebbero invertire la tendenza al degrado del pineta.  La produzione di cibo influisce sull’impronta ecologica per circa un terzo. Pertanto un cambiamento di atteggiamento alimentare a livello globale mediante:  preferenza per il cibo a basso impatto ambientale, bilanciamento calorico e maggiore uso  delle proteine vegetali, nonché riduzione degli sprechi alimentari di  almeno il 50%, potrebbe comportare un significativo ridimensionamento dell’impronta ecologica complessiva. L’agricoltura biologica e i sistemi di produzione sostenibile in generale contribuiscono inoltre  in modo considerevole anche per altri aspetti. Infatti oltre a esercitare un’azione diretta di contrasto dei cambiamenti climatici mediante la cattura della CO2 che rimane  imprigionata nella sostanza organica,  consente la ottimizzazione del bilancio energetico di produzione proprio per il  non uso dei fertilizzanti chimici e delle tecniche energivore ed invasive del metodo convenzionale.

Le 75.873  aziende biologiche italiane contribuiscono già  agli obiettivi di sostenibilità generale del Paese e del Pianeta, prendendosi cura degli oltre 1,9 milioni di Ha di superficie certificata in bio (circa il 15% della SAU  nazionale) .

La sola  Sicilia ricordiamo ne ospita una quota considerevole pari al  22,3% del totale .  E con la Sicilia l’intero sud partecipa di fatto al “banchetto virtuoso del biologico nazionale”. Si pensi che Sicilia, Puglia, Calabria, Sardegna, assieme totalizzano 1.013.942 Ha  e rappresentano oltre il 53% della superficie biologica nazionale ( Ha 1.908.653 nel 2017 – fonte sinab) . In altre parole se l’Italia può fregiarsi di essere il paese più biologico d’Europa ed in valore relativo il più biologico del mondo, lo deve in buona parte alle quattro grandi regioni meridionali, Sicilia in testa.

Quanto è velleitario allora sognare la “Sicilia isola biologica”.  Quanto è realistico chiamarla invece ad un   ulteriore eroico passo che dall’attuale 31% della Superficie agricola biologica certificata possa portarla a raggiungere il 51 % e  poterla “certificare”   isola  biologica. Ma soprattutto quanto è diffusa  la consapevolezza che l’attuale sistema globale di produzione e traslocazione delle “merci alimentari” non è compatibile con le esigenze dell’ambiente e la libertà dei popoli. Infatti, è emerso chiaramente dal convegno che il cibo non è una merce, ma  un “bene/valore” che serve a  nutrire l’uomo per renderlo sano, libero e felice. L’area di mercato europea è un sistema economico chiuso formato da ben 741 milioni di abitanti/consumatori. Il doppio degli Stati Uniti e per venti volte il Canada. Eppure, colpevoli una serie di accordi bilaterali iniqui e penalizzanti, questo grande sistema chiuso risulta invaso da “merci alimentari” spesso di pessima qualità salutistica e fortemente gravati dal peso ambientale. Tra tutti il grano duro e tenero, il pomodoro, l’olio d’oliva, le carni rosse.  Spostamenti  di merce che   di fatto aggravano le condizioni di marginalità delle regioni del Sud Italia, ponendoli fuori mercato e che pesano, con l’impatto dei trasporti, sul bilancio energetico globale e i cambiamenti climatici.

Insomma tanti i temi e gli argomenti analizzati per discutere e sostenere le ragioni di una Sicilia Biologica da costruire assieme guardando con ottimismo ai bisogni dell’Uomo e alla Terra quale grande e indispensabile Bene Comune.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA