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Nell’isola l’acqua costa di più e il servizio non è migliorato

Di Redazione |

Salvo pochissime, e irrilevanti, eccezioni in Sicilia il costo del Sistema Idrico Integrato (SII) è cresciuto enormemente dal 2011 al 2016, mentre la qualità del servizio è rimasta inalterata e sotto la media nazionale. Inoltre, è persino difficile misurare ufficialmente tale qualità in quanto in Sicilia non esistono Carte dei Servizi né organismi indipendenti di controllo ai quali partecipino anche i rappresentanti dei consumatori.

La lettura dei dati contenuti nella «XV Indagine Nazionale a Campione sulle Tariffe 2016 del Servizio Idrico Integrato», realizzata da Federconsumatori insieme a Anea (Associazione nazionale autorità e enti di ambito) e Fondazione Isscon non lascia ben sperare nel futuro per i cittadini siciliani.

Analizzando i costi sostenuti dalla famiglia tipo siciliana (tre componenti, 150 metri cubi di consumo) nelle città capoluogo siciliane si vede chiaramente che, dove sono disponibili i dati sia del 2011 che del 2016, nella nostra isola ci sono quasi sempre rincari.

Per confronto, la spesa media in Italia per il Sistema idrico integrato è di 282 euro, la media del Sud-Isole è di 255 euro. Quindi Agrigento, Caltanissetta, Enna e Ragusa (cioè quattro capoluoghi su nove) sono al di sopra della media sia nazionale che del sud. Enna, come si vede, ha un costo del Sii elevatissimo: è quinta in Italia dopo Grosseto (462 euro), Siena (462 euro), Arezzo (469 euro), Frosinone (470 euro), Pisa (506 euro). Caltanissetta, inoltre, è tra le più alte per il costo della quota fissa (89 euro/anno), seguita da Enna (72 euro/anno).

«È evidente che un costo così elevato per il Sistema Idrico Integrato – commenta il presidente di Federconsumatori Sicilia, Alfio La Rosa – non trova alcuna giustificazione nella qualità del servizio stesso. Tali costi, al contrario, sono giustificati esclusivamente alla malagestione degli acquedotti, delle fognature e degli impianti di depurazione in Sicilia. Ma per i cittadini-consumatori poco cambia: devono pagare di più per un servizio scadente».

Tutto questo, ricorda Federconsumatori, mentre ancora i siciliani attendono la piena applicazione della Legge regionale n. 19, del 11 agosto 2015 “Disciplina in materia di risorse idriche”. Ad oggi, anche a causa dei ritardi della politica regionale, in Sicilia non esiste un organo di controllo indipendente che verifichi l’effettiva erogazione dei livelli minimi qualitativi dei servizi idrici. Livelli minimi, tra l’altro, che dovrebbero essere dichiarati nelle Carte dei Servizi, che non ci sono nemmeno.

«Detto in parole povere – conclude La Rosa – i siciliani pagano molto per un servizio scadente, ma non hanno neanche la normativa necessaria per far valere i propri diritti perché, mentre i costi salgono, la politica dorme». Un’altra analisi sui consumi idrici diffusa recentemente e condotta Srm (Studi Ricerche Mezzogiorno) ha evidenziato come nel Sud Italia si continua a sprecare tanta acqua: i capoluoghi di provincia localizzati nel Mezzogiorno realizzano complessivamente una perdita del 47%, che si confronta con il 34% del Centro-Nord. Se a livello nazionale nel 2016 il 9,4% delle famiglie ha lamentato irregolarità nell’erogazione dell’acqua, in Calabria e in Sicilia il giudizio sul servizio idrico è negativo per una famiglia su tre. Inoltre 816 delle 1.166 procedure di infrazione per il servizio di depurazione ha riguardato Comuni del Sud.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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