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I giovani agricoltori “circolari” che hanno saputo vedere lontano

Sono i rappresentanti delle sei realtà siciliane premiate con l’Oscar green di Coldiretti che quest’anno ha ospitato al Teatro Antico di Taormina la cerimonia conclusiva della finale regionale degli Oscar Green

Di Carmen Greco |

Eccola qui la meglio gioventù dell’agricoltura siciliana. Quelli che non hanno aspettato l’ultimo treno del Covid per cambiare strada, metodi e prospettive su un futuro che già vedevano chiaro. Come Flavia Novello con i suoi tre fratelli a capo di un’azienda agricola “circolare” in quel di Rosolini in cui perfino gli scarti della lavorazione dei formaggi di capra vengono utilizzati come “integratori” per i maiali. 

La barra dritta sul futuro più sostenibile in armonia con la natura l’hanno scelta nel 2008 trasformando i terreni ereditati dalla mamma in una fattoria polifunzionale a impatto zero in cui autoproducono anche l’energia grazie ai pannelli fotovoltaici. L’azienda Albacara è una delle sei realtà siciliane premiate ieri sera con l’Oscar green di Coldiretti che quest’anno ha fatto le cose in grande ospitando al Teatro Antico di Taormina la cerimonia conclusiva della finale regionale degli Oscar Green (nelle foto di Orietta Scardino) con giovani imprenditori agricoltori siciliani, nell’anno dei 70 anni della Coldiretti in Sicilia (festeggiata anche dall’emissione di un francobollo ad hoc).     La svolta verso la sostenibilità è, in realtà, un tema quasi “naturale” per molti agricoltori siciliani, spesso di terza generazione, che hanno ripreso in mano i campi, gli allevamenti, i caseifici, le cantine dei nonni, magari dopo aver studiato all’estero per riscrivere una storia moderna con due principali capitoli: l’autenticità e l’innovazione delle produzioni. A loro favore il fatto che la Sicilia custodisca il 50% della biodiversità nazionale. Ora questa agrobiodiversità è chiamata a fare un ulteriore passaggio, cioè diventare un’opportunità economica per lo sviluppo del territorio siciliano.

Ecco allora la scelta di Flavia, laureata in Scienze dell’Amministrazione e dell’organizzazione e dei fratelli Emiliano, ingegnere ambientale, Amerigo e Melania che hanno deciso di investire costruendo un’azienda da zero rivoltando come un calzino quella avviata nel 1966 dal nonno. Nel 2015 sono nati oleificio e caseificio, ma non solo. Producono formaggi di capra a latte crudo (in terra di provole e caciocavallo), che viene fatto secondo i principi del circuito chiuso caseificando esclusivamente il latte delle capre allevate nell’azienda (150 della razza Saanen franco-svizzera), che mangiano il foraggio biologico coltivato sui terreni dell’azienda e alle quali vengono dati in pasto i resti della lavorazione del grano antico trasformato in farina e pasta. Tutti i capannoni dell’azienda sono ricoperti di pannelli fotovoltaici e si riusa e ricicla ogni cosa.  Oppure, c’è Nino Crupi, anche lui ha raccolto l’eredità del nonno, riportando il grano sui terrazzamenti di Santo Stefano di Briga, in provincia di Messina. Ha chiuso la filiera trasformando il grano Margherito in pasta e farina che molisce personalmente nella stessa bottega del paese dove vende i suoi prodotti finiti. Tutto questo lo racconta ai bambini delle scuole nella fattoria didattica Terra di Santo Stefano  perché la sua filosofia di vita e di lavoro è stata sempre quella di «tramandare attraverso l’istruzione, la mia passione per la terra. Se noi riusciamo a seminare nel cuore dei bambini, anche un minimo di interesse, forse uno su mille di loro sceglierà di coltivare la terra».  Ancora, Roberto Carbone che a Pedara, ha avviato un’azienda per la coltivazione delle piante aromatiche su un campo “regalo di laurea” chiesto e ottenuto dai genitori. Ha cominciato a piantare rosmarino e origano, peperoncini e lavanda, elicriso e crocus sativus, per ricavarne aromi per insaporire carne e pesce, ma soprattutto per fare delle confetture a base di frutti autoctoni dimenticati dell’Etna, vedi le “mele cola” abbinate proprio alle piante aromatiche che crescono sul terreno vulcanico. Tutto questo perché anticamente sull’Etna c’erano 18 varietà antiche di mele, fra cui le “cola”, la più diffusa fra le quattro ancora rimaste e coltivate ancora da agricoltori custodi. Da quelle mele Carbone ha ricavato la confettura di mele Cola e rosmarino. Sono tutti esempi di quel nuovo modo di fare agricoltura scelto anche da Federica Milioto che ha mollato tutto per tornare nelle terre del nonno, a Racalmuto, e s’è inventata la raccolta notturna delle olive. 

E, poi, la scelta di Martino Allegra, 29 anni, senza nonni contadini nell’albero genealogico, senza terreni ereditati da trasformare in business, che – dopo la laurea in agraria – ha acquistato un terreno abbandonato a Pedara, sull’Etna, per produrre piante aromatiche dopo la laurea in Agraria e l’unica certezza che aveva era mantenere e coltivare la terra in maniera innovativa e sostenibile e si è messo a coltivarle in filari, come per le vigne. A Sommatino, invece, Caltanissetta, Salvatore Parrinello trasforma i frutti dei suoi 35 ettari di mandorleti in un’azienda agricola che ha anche 10 ettari di terra e foresta, vive grazie al 100% di energie rinnovabili e “produce” di 375mila kg di C02 all’anno, dati che solo chi ha visto lontano ieri, oggi può sfoggiare con orgoglio sui siti internet, dati che la maggior parte dei coltivatori “ordinari” sarà costretto, adesso, ad inseguire, nella nuova era che ci “costringe” alla sostenibilità.    COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA