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LA SPECIALITÀ CATANESE

Il “re delle crispelle” svela i segreti di questa antica prelibatezza: «Ormai si fanno tutto l’anno e le preparo anche per i vip»

Da tipico prodotto delle feste a cibo di tutti i giorni. Antonio Di Bella, chiamato "Crispedda", racconta il suo mestiere: che ormai ha pochi eredi

Di Carmelo Di Mauro |

È conosciuto come il “Re delle crispelle”, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Crispedda”. Antonio Crispedda (all’anagrafe Antonio Di Bella), sessantacinque anni – ma non li dimostra -, sempre allegro, con molta parlantina…, è u crispiddaru per antonomasia.

Il suo laboratorio è a Valverde, si chiama “Extra Extra”, come la qualità della farina che usa, come il suo… talento. Vi lavora con l’intera famiglia, la moglie e tre figli, due femmine e un maschio. Antonio ha ereditato la passione dal padre che vendeva il suo prodotto nelle bancarelle durante le feste paesane. Immancabile l’appuntamento con la festa di San Mauro a Viagrande. Il suo punto vendita, vicinu a chiazza, era il più affollato, da fare invidia agli altri suoi colleghi. «Da ragazzo – ricorda Antonio – io servivo i clienti, mettevo le crespelle dentro u coppu di carta oleata, mentre mio padre impastava e friggeva e io lo guardavo per apprendere il mestiere».

Due versioni

I crispeddi di Antonio sono fatti di una soffice pastella lievitata farcita in due versioni: con le acciughe e con la ricotta. Guardarlo mentre le prepara è una delle cose più affascinanti che puoi vedere nel suo laboratorio… Gesti veloci e precisi, che riesce a fare anche ad occhi chiusi. E poi il tuffo delle crispelle crude nell’olio caldo, dove la pastella si increspa all’istante e gonfia. Da qui il nome, crispella. Quelle di ricotta hanno sempre una forma rotondeggiante, mentre le crispelle di acciughe hanno una forma allungata, così è impossibile confonderle.

«Preparare le crispelle mi dà un mare di soddisfazione – confessa Antonio -, anche se bisogna fare un po’ di attenzione e munirsi di una ciotola d’acqua per inumidirsi costantemente le mani, in modo da far scivolare nell’olio la pastella senza traumi».

Ma come si fanno?

«In realtà la ricetta è piuttosto elementare, ma l’insidia sta tutto nella manualità e nella lavorazione. Si deve saper fare bene. Si parte con il mescolare la farina al lievito di birra sciolto in un po’ d’acqua, e poi dopo aver aggiunto il sale si prosegue unendo via via tutta l’acqua e impastando con una mano sola e con movimenti decisi e rotatorii, dal basso verso l’alto. Dopo circa tre ore di lievitazione, l’impasto è pronto. Quindi si inserisce la farcitura e si chiude con molta attenzione, perché altrimenti si rischia che ricotta o acciughe fuoriescano durante la frittura che va fatta in abbondante olio di semi, fino a farle gonfiare e diventare belle dorate. E poi… una cala l’altra».

In quale periodo dell’anno si preparano?

«Soprattutto in occasione del Natale e di alcune feste molto sentite, come la festa di San Martino e la festa di San Giuseppe. Ma in laboratorio li prepariamo tutti i giorni dell’anno perché sono richiestissime. Poi, anche per le feste patronali o per le sagre paesane. Si vendono per strada, in bancarelle attrezzate con i classici pentoloni. Qui si assiste alla preparazione e alla frittura rigorosamente dal vivo».

La maestria raffinata e superba del mastro crispiddaru nel lavorare a vista la pasta quasi liquida delle crispelle, è un dono, un’arte che si affina nel tempo. Ma che non s’insegna. Questo mestiere, antichissimo in Sicilia, ormai ha pochissimi eredi. E Antonio è uno di questi.

Alle origini

Forse si dà ormai per scontato, ma ci siamo mai chiesti qual è l’origine delle crespelle con ricotta e acciughe?

Antonio Di Bella smette i panni di crispiddaru e veste quelli di un professore esperto in materia: «Le crispelle salate, insieme alla variante di riso col miele, venivano preparate, partire dal sedicesimo secolo, nei monasteri catanesi. Nel tempo, questa tradizione è stata tramandata dai mastri crispeddari, che iniziarono a venderle per strada».

Sì, ma se andiamo più a ritroso nel tempo, si dice che queste frittatine siano nate in Francia… E fin qui Antonio è d’accordo. Ma siccome a noi piace andare più a monte, consultando diverse fonti, troviamo che gran parte degli storici sono concordi nell’affermare che in realtà le crispelle hanno origine proprio in Italia, rintracciando il loro inizio a Roma, nel 472 d.C., quando papa Gelasio le “inaugurò”, sempre secondo antiche cronache, in occasione della festa della Candelora, il 2 febbraio.

Antonio, il suo prodotto oggi è conosciuto anche fuori dai confini regionali, anche in America, a Boston in modo particolare, come mai?

«Perché quella popolazione è formata da molti italiani, soprattutto emigranti provenienti dalla Sicilia. Ogni anno celebrano delle feste di Sant’Alfio e Sant’Antonio che virtualmente li uniscono ai loro compaesani in festa. Con banda, fuochi d’artificio, gastronomia made in Italy. Così le mie crispelle in quel periodo approdano a Boston… e macari dda ormai mi sanu sentiri Antoniu Crispedda».

Le crispelle non sono più un cibo solo popolare…

«È vero. Sono spesso invitato a servirli nelle feste organizzate da vip, nei matrimoni, nei party e spesso mi imbatto in qualche personaggio famoso dello spettacolo o della politica, che dimostra di apprezzare il mio prodotto. A tal punto che in quelle serate le vere star siamo io e la mia crispella».

Adesso è arrivato il momento di gustare le tue crispelle… extra extra.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA