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Montante, la gaffe della Regione: Gup la esclude fra le parti civili

Di Mario Barresi |

Caltanissetta – Oltre al Viminale, imbarazzato (e imbarazzante) convitato di pietra, nemmeno la Regione entra – almeno per il momento – nel processo Montante. Nella seconda puntata dell’udienza preliminare a Caltanissetta, infatti, il gup David Salvucci non ha ammesso la Regione Siciliana fra le parti civili. L’inghippo è procedurale: nell’atto di costituzione proposto dall’avvocatura dello Stato non c’è la delibera di giunta, che è arrivata in ritardo. Per il gup, pertanto, «non emerge» che «la volontà del Presidente della Regione Siciliana fosse effettivamente quello di costituirsi parte civile». La gaffe giuridico-istituzionale, però, non è irredimibile: la richiesta, in caso di rinvio a giudizio di Antonello Montante, potrà essere reiterata alla prima udienza del processo.

Ma, seppur assente, il protagonista dell’udienza di ieri è sempre e comunque l’ex leader di Sicindustria, ritenuto dall’accusa il capo di un’associazione dedita alla corruzione (e non solo) per foraggiare l’attività di dossieraggio contro i nemici e una sorta di “controspionaggio” sulle indagini per mafia condotte dai pm nisseni. Montante, fra i 18 destinatari di richiesta di rinvio a giudizio (in quattro, fra i quali il senatore Renato Schifani hanno chiesto il rito immediato), non era presente alla prima udienza del 19 ottobre. E anche la sua difesa, rappresentata in aula da Giuseppe Panepinto, riteneva che non ci sarebbe stato neanche stavolta. Sennonché a metà mattinata si materializza il primo colpo di scena: un certificato medico, arrivato dal carcere Malaspina,evidenzia che il detenuto è impossibilitato a presenziare (per problemi fisici legati alla malattia per la quale i suoi avvocati avevano chiesto, invano, la scarcerazione). E, per più di un’ora, Montante diventa un “fantasma”. C’è o non c’è? Viene o non viene? Il gup Salvucci incalza: «La difesa chiarisca le reali intenzioni dell’imputato Montante». I pm protestano. E chiedono la sospensione dei termini di custodia cautelare: se l’udienza preliminare andasse ancora per le lunghe, infatti, l’ex presidente di Sicindustria potrebbe uscire dal carcere il 14 novembre.

Un “trucchetto”? Una melina processuale? Nino Caleca, l’altro difensore, è tranchant: «Saremmo dei dilettanti se pensassimo di ricorrere a questi mezzucci. La comunicazione sullo stato di salute di Montante è arrivata dalla struttura sanitaria del carcere. Durante la sospensione dell’udienza, il collega Panepinto s’è recato al Malaspina, dove il nostro assistito ha firmato la rinuncia a presenziare a questa e a tutte le altre udienze per non creare ostacoli al regolare svolgimento del processo».

Sciolto questo nodo, nel primo pomeriggio il gup ha sciolto la riserva sulle parti civili: ammessi, il Comune e la Camera di Commercio di Caltanissetta, l’Ordine dei giornalisti di Sicilia, l’ex presidente dell’Irsap, Alfonso Cicero (l’unico, insieme con il ministero dell’Interno, a essere indicato come parte offesa dall’accusa), il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino (con i figli Fabio e Monica), oggetto di un pesante dossieraggio. E una serie di altri “spiati” eccellenti: l’ex parlamentare Mirello Crisafulli, l’assessore comunale di Caltanissetta, Pasquale Tornatore, i giornalisti Attilio Bolzoni, Giampiero Casagni e Marco Benanti, l’ex vice questore Gioacchino Genchi, l’ex sindaco di Racalmuto (sciolto per mafia), Salvatore Petrotto, gli ex dirigenti dell’Asi di Enna, Nino Grippaldi e Gaetano Rabbito e l’imprenditore Pietro Di Vincenzo, predecessore di Montante alla guida di Confindustria Caltanissetta, poi oggetto di una maxi-confisca di beni da 320 milioni che azzerò le sue imprese.

Fra gli esclusi dalla costituzione di parte civile, oltre alla Regione, il pentito Dario Di Francesco, Salvatore Iacuzzo (ex segretario dell’Asi di Caltanissetta), Ivan Rando (presidente dei Giovani Industriali), l’imprenditore Michele Tornatore e l’avvocato Giancarlo Cipolla. Contrariamente a quanto annunciato, in questa fase non risulta alcuna richiesta del Comune di Palermo.

L’ultimo passaggio dell’udienza, aggiornata a lunedì 29, è il deposito, da parte dei pm di Caltanissetta di nuovi atti. Che riguardano un’inchiesta di Palermo, poi archiviata, in cui fra gli indagati c’era il colonnello Giuseppe D’Agata, imputato ora nel processo Montante. Secondo un’intercettazione, poi confermata dalla versione dell’imprenditore palermitano Vincenzo Corrado Rappa, D’Agata avrebbe chiesto poprio a Rappa un «super sconto» su una Bmw nella sua concessionaria. E a presentarsi per l’acquisto – poi effettivamente avvenuto – sono Angelo Cuva (docente universitario ora a processo con rito immediato a Caltanissetta nello stralcio del processo Montante) e Roberto Schifani, figlio dell’ex presidente del Senato. Cuva ha però smentito la presenza di Schifani Jr., confermata però da Rappa davanti a i magistrati. D’Agata uscì “pulito” dall’indagine per corruzione. E ora quelle carte – vecchie, ma non troppo – servono ai pm nisseni per dimostrare i rapporti fa l’ufficiale dell’Arma, Schifani e Cuva. Tutta un’altra storia, dunque.

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