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Catania, «non ci pagano da 5 mesi, stop ai lavori nella “Torre Leone”»

Di Pierangela Cannone |

CATANIA – Gli operai impegnati da tredici mesi nell’opera di riqualificazione del “palazzo di cemento” del viale Moncada, a Librino, l’altro ieri hanno incrociato le braccia perché non percepiscono lo stipendio dallo scorso marzo. L’edificio, dopo essere stato identificato per tanti anni come luogo simbolo di abbandono, occupazioni abusive e criminalità, nel 2016 è stato ribattezzato “Torre Leone” dal Patto per Catania, che ne ha predisposto la ristrutturazione; eppure oggi il rischio è che diventi il “palazzo della vergogna”, così come lo hanno definito gli scioperanti esponendo uno striscione in cui, appunto dall’altro ieri, si legge questa definizione.

Alla base delle rimostranze c’è l’esigenza di famiglie monoreddito che da mesi soffrono il disagio dei ritardi burocratici nell’erogazione dello stipendio. Al punto tale che, dopo settimane di prestiti e sacrifici per tamponare le necessità quotidiane, ora si è arrivati al punto di rottura: «È impossibile proseguire – dicono gli operai all’unanimità – come se niente fosse. Finora abbiamo stretto i denti, eseguendo i lavori nel cantiere in attesa che qualcosa cambiasse. Adesso, invece, resteremo fermi fino a quando non riceveremo le nostre spettanze».

A sostenerli è intervenuta la Federazione italiana lavoratori costruzioni e affini (Filca) Cisl di Catania con il segretario organizzativo Domenico Murabito: «Gli operai stanno vivendo – spiega – una situazione difficile. L’impresa, che nel novembre del 2016 si è aggiudicata l’appalto per i lavori di riqualificazione del palazzo di cemento, è in assenza di liquidità e ha comunicato che non può pagare gli stipendi perché, a sua volta, la stazione appaltante, che è il Comune, non ha ancora evaso la comunicazione di liquidità agli uffici competenti del ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Le conseguenze di questo inghippo burocratico per gli operai sono economiche, ma per la città sono sociali: il cantiere, se verrà abbandonato per un tempo prolungato, resterà l’ennesima opera incompiuta di Catania».

Ricordiamo, infatti, che l’immobile, dotato di diecimila metri quadrati di spazio utilizzabile, ultimati i lavori dovrebbe offrire tre piani per funzioni pubbliche e dodici per edilizia economica e popolare, per un totale di 96 alloggi. Attualmente i lavori hanno raggiunto un avanzamento del 60% per un importo complessivo netto di circa 2 milioni di euro già liquidati all’impresa, a fronte dell’emissione di cinque certificati di pagamento in acconto, oltre l’anticipazione contrattuale. Inoltre, sono stati fin qui corrisposti all’impresa i pagamenti relativi all’anticipazione e ai primi tre certificati di pagamento per un importo complessivo di circa un milione di euro. Ma da marzo tutto si è bloccato.

Il sindacato, dunque, per risolvere il problema, chiede l’intervento immediato della stazione appaltante. E questa sembra non avere perso tempo. «Fermare il cantiere – ha spiegato l’assessore ai Lavori pubblici, Pippo Arcidiacono – sarebbe da folli. Stiamo affrontando il problema. Sono ampiamente convinto che in tempi celeri riusciremo a liquidare alla ditta almeno un paio di mesi. Intanto, l’impresa mi ha assicurato che i lavori non saranno sospesi, anche perché equivarrebbe a lasciare il cantiere nelle mani di saccheggiatori. Indagherò per capire chi e perché non ha provveduto a mandare al ministero il necessario per l’accreditamento delle somme».

Intanto, gli operai non hanno più “ossigeno” e persistono nella decisione di astenersi dal lavoro, almeno fino a quando non avranno garanzie. «Non possiamo più – dicono – chiedere prestiti a parenti e amici e dobbiamo riuscire a soddisfare in qualche modo almeno le esigenze primarie dei nostri figli. Le mogli non lavorano e possiamo contare solo sulle nostre forze. Chiediamo alle istituzioni di aiutarci a non perdere il lavoro». Tra loro c’è anche chi pensa di ricorrere a dimissioni per giusta causa «così da percepire almeno la disoccupazione – aggiunge Murabito – nell’attesa di trovare un altro impiego. Sarebbe un’ultima ipotesi, ma non troppo lontana…».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA