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Eutanasia, ricorso su sequestro beni catanese morta in Svizzera davanti al Riesame

Di Redazione |

CATANIA – Sarà discusso domani davanti al Tribunale del riesame di Catania il ricorso della Procura contro l’annullamento, disposto dal Gip, del sequestro dei beni della 47enne della provincia etnea che il 27 marzo ha avuto accesso all’eutanasia in una clinica in Svizzera. La donna non era malata terminale, ma da tempo soffriva di una grave forma di depressione. La stessa patologia per cui una 17enne in Olanda, che non ha superato lo choc di uno stupro subito da bambina, ha chiesto e ottenuto il suicidio assistito. Sulla vicenda della 47enne la Procura di Catania ha aperto un’inchiesta, senza indagati, per istigazione al suicidio e ha presentato una richiesta di rogatoria internazionale alla magistratura svizzera. L’indagine è stata avviata dopo la denuncia dei fratelli della donna che erano all’oscuro dell’iniziativa della sorella, scoperta per caso: un amico l’aveva incontrata all’aeroporto di Catania, dove era in attesa di un volo per la Svizzera, e aveva segnalato loro con un messaggio di «essere contento di averla vista fuori di casa». Dopo averla raggiunta al telefonino, i suoi familiari hanno scoperto le sue intenzioni e hanno cercato, invano, di dissuaderla, ma non sono riusciti a parlarle di persona.

Nell’udienza del ricorso, domani, i Pm di Catania ribadiranno che «dai primi elementi di indagine appare assai dubbia la sussistenza dei requisiti richiesti per il suicidio legalmente assistito praticato anche per l’ordinamento svizzero, ossia ‘patologia incurabile, handicap intollerabile o dolori insopportabili, debitamente certificatì alla luce della certificazione medica rilasciata alla donna e delle patologie alla stessa diagnosticate».

La rogatoria in Svizzera verte sulla valutazione della Procura che anche la legislazione elvetica considera reato il “fine egoistico, come quello finalizzato ad appropriarsi dei beni materiali di chi viene istigato o aiutato al suicidio». E i magistrati di Catania vogliono chiarire la «qualità di socia” della donna dell’associazione elvetica che ha praticato l’eutanasia alla quale ha pagato 7.000 franchi, circa 6.200 euro, per assisterla nel suicidio. C’è un altro punto su cui la Procura di Catania vuole fare piena luce: «La donna si era iscritta ad una associazione italiana che si occupa di pratiche finalizzate alla cosiddetta ‘morte dignitosà con la quale sembra abbia avuto contatti telefonici, il cui ruolo di eventuale rafforzamento del proposito suicida è ancora da valutare in tutti i suoi aspetti».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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