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Il sondaggio choc: in Sicilia M5S sfiora il 40%, Pd rischia di restare sotto il 10%

Di Mario Barresi |

E dunque «quelli lì», ovvero i grillini, corrono come lepri verso Palazzo d’Orléans. Nonostante i disastri romani e i pastrocchi palermitani. Se si votasse oggi per le Regionali sarebbero al 38%, con uno scostamento minimo rispetto al nome del candidato. Una stima che rafforza la candidatura di Giancarlo Cancelleri, ritenuto più competitivo di qualsiasi altro “papa nero” (compreso il pm Nino Di Matteo, pur in cima al pantheon nazionale dei grillini, terzo più votato alle Quirinarie del M5s), proprio per il suo genuino senso di appartenenza al territorio e al movimento. E il geometra di Caltanissetta non aspettava certo il lancio dell’iDay del movimento 5stelle in Sicilia (150 piazze siciliane fra febbraio e marzo) perché in campagna elettorale già di fatto da diversi mesi. «La sensazione è che siano in grande imbarazzo. Vedo una guerra fra bande, sia da una parte che dall’altra», dice Cancelleri sui due schieramenti contrapposti. E all’AdnKronos aggiunge: «Noi non facciamo alleanze pre-elettorali. I numeri, le percentuali, i sondaggi li lasciamo agli altri».

CROCETTA E RACITI: “QUEL SONDAGGIO E’ UNA BUFALA”

Ma è chiaro che anche negli uffici della Casaleggio Associati qualche cifra sul suo gradimento gira. Ed è appena un po’ meno trionfalistica di quel quasi 40%, ma comunque rassicurante rispetto alle ambizioni di Cancelleri. Che alle “Regionarie” magari sarà sfidato da avversari-amici (i nomi che circolano sono quelli di Giampiero Trizzino e di «una deputata della Sicilia orientale»), giusto per non farla sembrare una sceneggiata pentastellata col finale già scritto. Semmai quello che preoccupa Grillo è l’effetto-Campidoglio. Ed è per questo che Giancarlo&C. saranno affiancati dagli sherpa nazionali. Per evitare di imbarcare altri Marra o Romeo in salsa sicula, ma anche per scegliere – seppur con ampia autonomia del candidato in pectore, che già questa settimana incontrerà esperti di sua fiducia – alcuni temi «molto forti» da lanciare in campagna elettorale.

Dunque ci sono «quelli lì» alle porte di Palazzo d’Orléans. Oltre che competitivi – e questa è la vera sorpresa – nelle pieghe dello stesso sondaggio, a Palermo, nonostante l’inchiesta sulle firme false e le “comunarie” tutt’altro che esaltanti. Un M5s in corsa, ma qui la lepre è Leoluca Orlando: comunque in vantaggio, seppur distante dal 40% che gli eviterebbe la lotteria del ballottaggio. «Se arriviamo al secondo turno la partita cambia», ragionano nell’entourage di Ugo Forello. E Fabrizio Ferrandelli, in questo quadro, sarebbe soltanto il terzo incomodo. Soprattutto senza l’appoggio del centrodestra, «complicato ma non ancora impossibile» per alcuni big forzisti. L’eventuale candidato sindaco del Pd? Impresentabile.

Eppure, nel tam-tam fra Palermo e Arcore, non ci sono soltanto «quelli lì». E l’accento, piuttosto, è sul «a meno che». Perché l’altro dato importante del sondaggio è che il centrodestra resta forte nella corsa per le Regionali. Più di un siciliano su tre, con la parte più generosa della forbice che sfiora il 35%, sarebbe pronto a votare la coalizione unita, con Forza Italia ben oltre il 13% nazionale e gli altri alleati (su tutti Nello Musumeci) a dividersi uno zoccolo duro di quasi il 20%. Le slide sono finite pure sul tavolo di Silvio Berlusconi, ora ancor più fiducioso sul lavoro del suo viceré siculo Gianfranco Micciché.

Ma ora quel «a meno che» si riempie di diversi contenuti. Uscire dalla freddezza dei tatticismi e rafforzare la proposta delle primarie con un candidato vero (più Stefania Prestigiacomo che Salvo Pogliese, ritenuto invece il migliore per sfidare Enzo Bianco a Catania), siglando un patto d’onore con Musumeci? Può essere un’opzione, investendo sul tesoretto del 34-35% da accrescere con quello che il favorito di #DiventeràBellissima ritiene «un salutare bagno di democrazia».

Ma fra i forzisti c’è anche chi ha altre idee. Una l’ha lanciata, in un’intervista al nostro giornale, il senatore Renato Schifani: «Una coalizione allargata a Ncd, che deve staccare subito la spina a Crocetta, per tornare in un centrodestra che può battere i grillini alle Regionali». La «proposta di riflessione» dell’ex capogruppo tornato in Forza Italia ha raccolto il più che ovvio silenzio di Angelino Alfano e dei coordinatori regionali. Ma rinfocola un dibattito interno già aperto. Mercoledì scorso i deputati dell’Ars avevano incontrato il ministro degli Esteri a Roma. E alcuni di loro (l’ala degli ex An con Enzo Vinciullo in testa) gli avevano espresso per l’ennesima volta le perplessità sul patto di ferro col Pd, incrementate dal «disastro-Crocetta in Sicilia». Ma Alfano, a maggior ragione col premio di coalizione nella legge elettorale, non vuol sentirne parlare. «La cosa è più che reciproca», ribattono alcuni potenziali alleati.

Eppure Angelino stavolta potrebbe essere il quid mancante al centrodestra per vincere in Sicilia. Perché, sempre in quel sondaggio, Ncd è al 6%. Dote decisiva per un fotofinish grillini-centrodestra. Ma molto cara anche a un Pd ai minimi storici nell’Isola. Sotto la soglia psicologica della doppia cifra (circa l’8%) in un quadro in cui l’intera coalizione che sostiene il governo Crocetta (Pd, Ncd, Sicilia Futura e i Centristi di D’Alia) non supera il 18%. Terzi. Doppiati dai grillini e surclassati dal centrodestra. Uno scenario che il segretario regionale Fausto Raciti ritiene «frutto di numeri inverosimili». Che però sono lì. Oggi più impietosi che mai. Un motivo in più per considerare «le fughe in avanti nel partito e fra gli alleati – ragiona Raciti – ancor più dannose e immotivate, perché si farebbe una gara per un trofeo che non esiste». Ecco, appunto. Un’altra buona ragione per perseverare nello «schema di coalizione». Tenendosi stretto Alfano. Ma anche l’insolitamente riottoso Totò Cardinale. Da tempo oggetto di un corteggiamento serrato dagli amici più democristiani del centrodestra. Gli stessi del «a meno che…».

Twitter: @MarioBarresi

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