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“Università Bandita”, cosa accadrà ora nell’Ateneo rimasto senza capi?

Di Mario Barresi |

Catania – Nemmeno il più completo e lungimirante statuto accademico può contemplare l’ipotesi che s’è verificata a Catania. La contemporanea sospensione del rettore Francesco Basile e del prorettore Giancarlo Magnano di San Lio (al netto della medesima misura interdittiva anche per l’ex rettore Giacomo Pignataro e, andando a ritroso, c’è pure il predecessore Toni Recca fra i 41 indagati), con i vertici dei dipartimenti e gli organi d’ateneo dimezzati dai provvedimenti del gip, al di là dell’iter penale, ha un immediato risvolto sulla vita dell’università.

Cosa succede adesso? Chi deve (o può) guidare la nave del Siculorum Gymnasium, disarcionata da una clamorosa inchiesta giudiziaria e adesso in balia delle onde? L’Ateneo ha diffuso una stringata nota in cui il direttore generale , Candeloro Bellantoni, si limita ad affermare: «Attendiamo di conoscere meglio i contorni dei provvedimenti assunti dalla Magistratura e successivamente adotteremo gli atti necessari, di concerto con il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca». Ma è chiaro che l’argomento, già nella mattinata del “Venerdì nero”, è stato affrontato. Con un serrato confronto fra Catania e Roma.

Lo statuto prevede, all’articolo 9 (“Organi di governo”) che «il rettore designa un prorettore, scelto tra i professori di ruolo di prima fascia a tempo pieno». Il prorettore «sostituisce il rettore in ogni sua funzione in caso di assenza o impedimento». Ma in questo caso l’«impedimento» – riguarda contemporaneamente Basile e Magnano di San Lio, entrambi destinatari della misura di sospensione dal servizio disposta dal gip Carlo Cannella.

In assenza di una norma che possa coprire l’anomalia della situazione, allora, per analogia, qualcuno guarda all’articolo 12 del regolamento elettorale d’ateneo: «In caso di anticipata cessazione dalla carica, il decano, su invito del Senato accademico, indice le elezioni del rettore e fissa le date delle votazioni in modo che le operazioni di voto si concludano entro 60 giorni dalla cessazione dalla carica». Ma questa ipotesi riguarda appunto la «cessazione anticipata» (come fu per Pignataro nel 2016), che di fatto si verifica per la decadenza del rettore. Eppure Basile e Magnano di San Lio non sono decaduti, ma “soltanto” sospesi. E dunque non rientrano strictu sensu nella fattispecie che farebbe subentrare il decano (in questo momento sarebbe Vincenzo Di Cataldo, docente di Giurisprudenza), che tra l’altro potrebbe soltanto occuparsi soltanto dell’ordinaria amministrazione per un tempo limitato, con il compito di traghettare l’Ateneo verso nuove elezioni. Su questa ipotesi, secondo quanto trapela da Piazza Università, ci sono almeno un paio di dubbi. Il primo: chi si assume la responsabilità di far scattare un iter “estremo” di fronte non alla decadenza dei vertici accademici, ma alla loro sospensione che – nonostante la pesantezza della accuse dei pm , attestate dal gip – potrebbe essere in teoria ribaltata o affievolita in sede di Riesame? La seconda perplessità è di ordine tecnico: anche se si volesse perseguire questa strada, chi potrebbe firmare – nella vacatio degli organi universitari – gli atti di nomina del decano?

Ed è per questo che si aspettano indicazioni dal ministero dell’Università. Dal quale ieri arrivano solo due mosse: ha «avviato verifiche sui docenti coinvolti nell’inchiesta» e «si costituirà parte civile». Ma a Catania si aspettano altro. Come minimo un vademecum rapido sul da farsi. O magari la nomina, da parte di Marco Bussetti, di un commissario. Per gestire l’amministrazione in attesa di sviluppi giudiziari che potrebbero non essere brevi, oppure – extrema ratio – per assumersi la responsabilità politica (e non soltanto) di premere il tasto “invio” a un iter che porterebbe al game over dell’era Basile. A meno che quest’ultimo non decida di dimettersi.

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