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Covid, anche in Sicilia seconda ondata più letale: 500 morti negli ultimi 20 giorni

Di Antonio Fiasconaro |

PALERMO – «Il grande dolore che ci provoca la morte di un buon conoscente ed amico deriva dalla consapevolezza che in ogni individuo v’è qualcosa che è solo suo, e che va perduto per sempre». Questa frase di Arthur Schopenhauer oggi è così attuale, tanto da mettere a fuoco un aspetto di questo dramma che stiamo attraversando dal mese di marzo con la pandemia che ha rivoluzionato la vita di tutti.

Nei dati che vengono sciorinati ogni giorno attraverso il bollettino quotidiano diffuso dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore della Sanità, nella casella che riguarda il numero delle vittime, troviamo cifre che fanno davvero paura. Dal 12 marzo, quando il report diffuse i primi due morti in Sicilia, ad oggi il numero è divenuto davvero preoccupante: sono 1.055 le vittime accertate e costituiscono il bilancio provvisorio.

Una curva, quella dei decessi che è via via salita fino a raggiungere questa quota che prima di oggi pareva inverosimile. «Non posso credere che in Sicilia muoia ogni giorno tutta questa gente – ebbe a dirmi giorni fa, quasi mandandolo in crisi, il dirigente generale per la Pianificazione sanitaria all’assessorato regionale alla Salute, Mario La Rocca -. E’ vero le morti sono davvero troppe. Nemmeno io me lo aspettavo questo trend. L’età media delle vittime finora accertate è di 78 anni e, molti di questi, sono anche portatori di patologie pregresse».

I numeri di questa “ecatombe”, come si dice in questi casi, sono nudi e crudi nella loro drammaticità: in sei mesi dal 12 marzo al 30 settembre nell’Isola avevamo contato 311 vittime. Dall’1 ottobre al 31 dello stesso mese i morti registrati sono stati 191. Mentre nei primi 20  giorni di novembre, quello delle vittime in Sicilia è diventato un vero e proprio caso da non sottovalutare: 553 i morti certificati, pari a 27 vittime al giorno.

Negli ultimi giorno sono circa 40 ogni 24 ore i morti per Covid nelle terapie intensive siciliane. Certo, qualcuno potrebbe dire che questo numero di morti è inferiore a quello che si registra per i decessi di soggetti affetti da malattie cardiovascolari o neoplasie, aggiunti anche ai decessi per incidenti stradali o altri accidenti che si registrano quotidianamente. Ma, in un una guerra come quella che stiamo combattendo contro un avversario invisibile e crudele come il Coronavirus, queste morti ci riportano davvero a un bollettino di guerra.

Se volessimo fare letteratura, mettendo indietro le sfere dell’orologio e portandole al lontano 1918, ci rendiamo conto come le epidemie hanno sempre mietuto vittime. Basta un dato per rendersi conto della gravità: 24 settembre 1918 dai registri necroscopici del Comune di Palermo risultano 20 vittime, una media normale per quel tempo. Basta però aggiungere 24 ore per rendersi conto com’è cambiata poi la storia: 25 settembre i morti furono 177. Insomma, a Palermo entrava a gamba tesa e non solo la Spagnola che fece una vera e propria carneficina, più delle vittime della Prima Guerra Mondiale.

«Gli over 75 cosiddetti anziani – sottolinea l’infettivologo Alessandro Bivona – rappresentano la memoria storica di una società. Essi sono dei soggetti fragili non solo fisicamente ma anche psicologicamente e vivono come una tragedia il senso di abbandono e la solitudine che questa patologia impone. Da clinico ho l’obbligo di puntualizzare le multipatologie che spesso accompagnano l’anziano, fra queste ricordiamo l’obesità, l’insufficienza venosa cronica, le vasculopatie, l’ipertensione, il diabete, le neoplasie, la sarcopenia, ecc. Il concetto di paziente fragile si ripercuote pertanto nell’approccio terapeutico. Terapie “eroiche” spesso possono essere causa di peggioramento clinico ed è quindi importante valutare caso per caso e di riscoprire l’unicità e la centralità del malato».

Nella settimana dall’11 al 17 novembre, secondo il monitoraggio della Fondazione Gimbe, in tutta italia il numero delle vittime è cresciuto del 41,7%: sono stati infatti 4.134 rispetto a 2.918 della settimana precedente. L’effetto delle misure di restrizione sui decessi, sottolinea l’immunologa dell’Università di Padova Antonella Viola, «nonostante il rallentamento della crescita dei casi purtroppo arriverà a distanza di un paio di settimane perché quelli di oggi sono l’effetto dei contagiati di un mese fa».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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