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Covid, in Sicilia stop ai reparti a “fisarmonica”. Razza: «Ora fase 3 con hub e nuovi posti»

Di Mario Barresi |

CATANIA –  La nuova mappa dei posti Covid in Sicilia – a regime quasi 2mila in più degli attuali, al netto delle terapie intensive – arriverà oggi pomeriggio sul tavolo del Cts. E saranno gli esperti della Regione a esprimersi sulla bozza di piano dell’assessore alla Salute, Ruggero Razza. Il comitato tecnico-scientifico dovrà renderlo funzionale all’emergenza meno grave ma più impellente: i positivi che, seppur senza criticità da rianimazione, hanno bisogno di ricovero in ospedale. Partendo da una situazione che per il governatore Nello Musumeci «da noi non è ancora nella fase di emergenza rossa, che ancora possiamo scongiurare».

Come stanno davvero le cose? Basandosi sui dati ufficiali, in questo momento nell’Isola su 7.497 positivi (574 quelli di ieri) i ricoverati sono 619, compresi quelli intubati. Ovvero l’8,25%, un tasso di ospedalizzazione superiore alla media nazionale, ieri al 6,53%. Ma, almeno per ora, in Sicilia non preoccupa la capienza delle terapie intensive: gli attuali ricoverati sono 77, cinque in più di lunedì, a fronte di una disponibilità (non a esclusivo uso Covid) di 538 posti, secondo i dati del ministero della Salute al 13 ottobre.

Prima che scoppiasse la pandemia erano 418, la Regione ne ha programmati altri 301, dei quali 231 realizzati. E l’Isola è a 10,7 posti letto di terapia intensiva ogni 100mila abitanti, al di sotto della quota di sicurezza (14) fissata dagli esperti, ma comunque con un attuale tasso di occupazione di pazienti Covid di appena il 1 4,31%.

Più grave, invece, è l’emergenza dei ricoverati non gravi. I dati di ieri: 542 (rispetto a lunedì 21 in più) i pazienti in regime ordinario. Ovvero, più del 50% dell’attuale disponibilità, salita dagli 800 della scorsa settimana a circa 900. Dal Cts fanno notare che c’è «un turn over molto più rapido di dimissioni», ma la tendenza di crescita preoccupa. Soprattutto in previsione di quello che Razza definisce «primo vero picco di contagi», collocandolo «entro le prime due settimane di novembre».

Di qui l’urgenza di portare il piano dei posti Covid sul tavolo del Cts già oggi. I 2mila in più (2.500 compresi intensiva e sub-intensiva) sono una prospettiva positiva. E Razza rassicura che «siamo nelle condizioni di realizzare già il 60% dell’incremento».

Ma l’aspetto più delicato, soprattutto nel verdetto degli esperti della Regione, riguarda la strategia. «Il modello dei reparti “a fisarmonica” verrà progressivamente superato», rivela l’assessore. E parte la fase 3: «In questa nuova fase si va verso l’individuazione di strutture a prevalenza Covid, con due 2-3 hub, fra cui il Cervello a Palermo e il San Marco a Catania, e un massiccio incremento in ogni provincia, che sarà autonoma anche in caso di picco estremo».

Qualche esempio con dati dell’assessorato: a Catania gli attuali 280 posti Covid saliranno a 500, «estendibili a 700». «San Marco e Garibaldi, entro martedì prossimo arriveranno a 100 posti Covid a testa operativi, il Cannizzaro punta su 60 estendibili a 100. Un altro centinaio – dettaglia Razza – arrivano da sistema dei privati, con 55 contrattualizzati oggi (ieri, ndr)».

A Palermo, dove c’è più sofferenza nei reparti, si punta su 400 posti Covid, «con proiezione di 600 entro due settimane». A Messina il target finale è di 400, suddivisi soprattutto fra Papardo e Policlinico, con i più anziani all’Irccs Bonino-Pulejo; nel Siracusano suddivisione fra pazienti gravi (all’Umberto I di Siracusa) e meno gravi (al Trigona di Noto).

Con gli esperti del Cts l’assessore condividerà anche «la strategia di gestione dei pazienti non gravi, ma fragili, in strutture a bassa intensità di cura, seppur con tutta l’assistenza medica necessaria». Il modello già sperimentato (ad esempio nelle Rsa di Borgetto, Castelbuono e Grammichele) potrebbe essere esteso ad altre case di cura. Il tutto, ricorda Razza, «integrato con la rete di Covid-hotel, più implementata nel Catanese, ma da esportare come modello al resto dell’Isola, per gestire i casi meno gravi che però non possono essere destinati al semplice isolamento domiciliare».

Twitter: @MarioBarresi

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