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Riaperture del 18, Musumeci ha l’ordinanza: «Aspetto solo le linee guida da Roma»

Di Mario Barresi |

CATANIA – Dopo il via libera da Palazzo Chigi dal 18 maggio «con linee giuda da Roma e scelte affidate alle Regioni», Nello Musumeci sta percorrendo l’A19 in direzione Palermo, mentre gli arriva un sms da un barbiere. «Presidente, dice che possiamo riaprire, ma è una bufala o la realtà?». E alla rassicurazione del governatore, rafforzata dall’esito della cabina di regia col premier Giuseppe Conte vissuta in videoconferenza dal PalaRegione di Catania ieri sera, l’artigiano risponde: «Le lacrime mi scendono da sole».

Eppure non è soltanto una questione di basette e messe in piega. O meglio, lo è nella misura in cui sull’argomento s’è inscenato ieri l’ennesimo duetto fra il premier e il governatore, con quest’ultimo che, spingendo per la riapertura dei parrucchieri («senza discriminazioni», l’input degli scienziati del comitato nazionale, che non prevedono step diversi per tagli e barba), ha detto: «Confesso che sul taglio dei capelli corro il rischio di portare avanti un interesse privato in atti pubblici». E l’Avvocato degli italiani, che da mesi sembra sempre fresco d’acconciatura: «Se era una battuta, non l’ho capita».Ma tant’è.

La linea «senza strappi» di Musumeci è diventata l’accordo «formale» di Conte con tutte le Regioni: da lunedì possono riaprire tutti i negozi, i bar e i ristoranti, ma anche gli agognati parrucchieri. Con linee guida nazionali e possibili differenze locali, in base ai parametri sul contagio fissati dal ministro della Salute, Roberto Speranza, secondo i quali il governo potrà decidere passi indietro e nuove chiusure.

Ed è proprio sulle linee guida del Comitato tecnico-scientifico di Roma che adesso si concentra il confronto. «Non possono certo darcele sabato per fare le ordinanze domenica», avverte Musumeci. Che, comunque, avrebbe a disposizione le “tabelle delle classi di rischio e aggregazione sociale”, frutto del lavoro del Cts siciliano, con alcune indicazioni per i lavoratori di tutte le attività suddivise in classi di rischio da “basso” a “molto alto”. Ad esempio, nei ristoranti e nel commercio al dettaglio, entrambi con rischio “medio” c’è la prescrizione dell’uso di mascherine e un distanziamento di 3 metri o 9 metri quadrati.

Ma anche se la Sicilia ha già un suo potenziale vademecum, il governatore aspetta la diffusione delle regole nazionali, con l’auspicio, esternato a Conte, che «non siano astruse, ma comprensibili per noi e per i cittadini». Dovrebbero arrivare, questa l’indiscrezione che filtra dalla cabina di regia, giovedì. Lo stesso giorno in cui il governo avrà il dossier sui primi dieci giorni di fase 2. C’è la possibilità di aprire le maglie ad altre attività in Sicilia? Oggi i saggi di Conte dovrebbero pronunciarsi sui «luoghi dello sport», palestre e piscine, che Musumeci guarda con molta attenzione.

Ma la prossima partita è sull’asse mare-turismo. Il governatore ha chiesto «misure ragionevoli» per gli stabilimenti balneari (in Sicilia già autorizzati ad aprire per preparare una stagione che ancora non si sa su quale regole sarà fondata), mostrandosi contrario a una delle ipotesi più estreme emersa nella videconferenza: gli ombrelloni a nove metri di distanza l’uno dall’altro. «Se dobbiamo prenderli in giro con regole così, meglio non farli aprire».

Gli altri temi, in parte connessi, riguardano il turismo e la mobilità fra regioni. Musumeci ha «rivendicato la deroga al primo giugno, in funzione della specificità insulare», chiedendo tempi che «ci consentano un minimo di programmazione». Il 31 maggio, comunque, dovrebbe cadere il “Muro sullo Stretto”, anche se c’è chi (come il campano Vincenzo De Luca) pressa per ritardare la riapertura dei confini regionali. Qualcuno ha pure ipotizzato delle barriere diversificate in base alle curve dei contagi, ma Conte (così come la maggioranza dei governatori) sembra orientato a «regole nazionali valide per tutti allo stesso momento», per evitare un’Italia con mobilità a macchia di leopardo.

Al di fuori dei temi della fase 2, Musumeci ha ricordato al premier che «l’esempio del ponte Morandi di Genova non deve restare in Italia l’eccezione ma deve diventare la normalità, se vogliamo anche in Sicilia accelerare la spesa pubblica e la riapertura dei cantieri», chiedendo anche «una riunione operativa del Cipe per riprogrammare risorse comunitarie a favore delle imprese». Presto, magari prima dell’agognata seduta dal barbiere, «dove io vado da decenni regolarmente ogni due settimane».

Twitter: @MarioBarresi

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