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Interporto Catania, le liti e la difesa dell’amica: ecco come si sono difesi gli indagati

L'ex deputato D'Asero ha spiegato di essere intervenuto per difendere Sangiorgi: «Era vessata dai colleghi». E lei: «In una scrivania a fare nulla» 

Di Laura Distefano |

Nessuna scena muta davanti al gip. I quattro indagati dell’inchiesta sulle presunte corruzioni all’interporto hanno deciso di dare la loro versione al giudice Carlo Cannella, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nei loro confronti. 

Salvatore Luigi Cozza, dipendente della società di logistica e trasporto su gomma Lct (estranea alle indagini), non ha risposto alle domande ma ha fatto delle lunghe dichiarazioni spontanee. «Cozza ha negato qualsiasi responsabilità in merito ai fatti contestati», spiega l’avvocato Carmelo Peluso che lo assiste assieme al penalista Antonino Favazzo del foro di Messina. L’ex amministratore della Sis, Rosario Torrisi Rigano, ha sostenuto un lungo interrogatorio di garanzia.

«L’avvocato ha risposto a tutte le domande – dichiara l’avvocato Dario Pastore – chiarendo la sua posizione per ogni reato contestato: induzione indebita, peculato e corruzione. Il mio assistito non ha negato l’esistenza di pressioni per la revoca del licenziamento di Cristina Sangiorgi. Ma – continua il legale – il reintegro è frutto di una questione procedurale. La dipendente infatti aveva mandato le sue controdeduzioni alla contestazione disciplinare nei termini previsti. Sul peculato – aggiunge Pastore – Torrisi Rigano ha spiegato di aver fatto dei prelievi convinto vi fosse un fondo per le trasferte, ma quando ha scoperto che non c’era ha restituito tutto con gli interessi e le spese. Sul caso di corruzione con Lct, l’ex amministratore ha evidenziato che per poter stilare un contratto la piattaforma sarebbe dovuta essere fruibile. La consegna anticipata ha permesso dunque di poter far fare le opere di manutenzione a Cozza, che poi si è aggiudicato la concessione. Sull’assunzione della nuora – argomenta il difensore – l’avvocato ha spiegato di aver segnalato a Cozza il fatto che la parente avesse inviato un curriculum. La donna infatti è stata assunta dopo due colloqui con un contratto part-time a 600 euro al mese. Tanto è che dopo che ha trovato un lavoro con una migliore remunerazione si è dimessa lei stessa».

Anche l’ex deputato regionale Nino D’Asero ha scelto di non sottrarsi all’interrogatorio avvenuto alla presenza anche del pm titolare delle indagini, Fabio Saponara. «D’Asero ha risposto serenamente alle domande del gip, confermando di avere sollecitato i vertici della Regione per porre fine alle vessazioni subite, da parte dei colleghi, di una dipendente dell’interporto e senza che l’amministratore unico prendesse dei provvedimenti», afferma l’avvocato Tommaso Tamburino che difende il politico assieme alla penalista Isabella Giuffrida. 

La dipendente Cristina Sangiorgi, difesa dall’avvocato Francesca Giammona, ha respinto le contestazioni della procura chiarendo di non aver mai chiesto “favoritismi”. L’indagata ha chiarito di essere stata vittima di vessazioni da parte dei colleghi e che anche dopo il reintegro è stata messa in una scrivania senza alcuna mansione. Le intercettazioni finite nell’ordinanza sono solo lo sfogo di una situazione diventata insostenibile.

Inoltre, il legale evidenzia che «la sua assistita non ha mai falsificato alcun titolo di studio». Alcuni difensori chiederanno al gip l’annullamento della misura. I legali, comunque, presenteranno ricorso al Riesame.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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