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Mafia e scommesse, il gestore di un’agenzia svela i retroscena: «Settore inquinato»

Di Concetto Mannisi |

CATANIA – Dopo l’operazione sulla mafia e sul mercato della raccolta illecita delle scommesse on line della Procura di Catania, i diretti interessati non parlano volentieri e alla fine è inevitabile che ti chiedano garanzie di anonimato. Perché in questo ambiente, per i motivi più svariati, «meno appari e meglio è». Un modo come un altro per dire, probabilmente, che nel mondo delle agenzie per le scommesse online è meglio non cercare i riflettori della ribalta, perché alla fine a qualcuno le cose che dici potrebbero non piacere e si rischia comunque di perderci qualcosa. Anche se si è sempre rigato dritto e ci si è tenuti distanti dalla tentazione fortissima del “.com”.

«E’ così – ammette “Santo”, gestore di un’agenzia, che si propone con l’inevitabile nome di fantasia – Che il settore sia inquinato da una forte presenza criminale è sempre stato sotto gli occhi di tutti. A Catania di agenzie che non rispettavano le regole ne sono state colpite a decine. Alcune sono rimaste chiuse, altre si sono inquadrate, altre si sono trasferite altrove. Presumibilmente per riprendere con il solito tran tran».

Che fa gola a molti, evidentemente.

«Sicuramente. Però non a chi non vuole avere pensieri e preferisce guadagnare poco, ma onestamente».

Lei è tra questi?

«E me lo chiede? Ovvio che sì. Io non voglio mettere nessuno nei guai. Né voglio finirci. Il mio è un lavoro come un altro, che mi consente di portare il pane a casa. Non è poco, con i tempi che corrono».

Approfittando, però, delle debolezze altrui. Quanta gente ha visto rovinarsi con le scommesse?

«Nessuna. L’altro giorno leggevo sul vostro giornale di accostamenti fra gli scommettitori e i ludopatici. Posso garantirvi che non è così. I ludopatici sono quelli che spendono fortune al gioco del Lotto, inseguendo magari per mesi l’estrazione di un singolo numero; sono quelli che acquistano scorte di “Gratta e vinci”, magari. Gli scommettitori sono ben altro».

Ovvero?

«Gente che ama gli sport, che conosce le varie discipline e che cerca di far fruttare queste conoscenze con scommesse orientate a portare a casa il massimo risultato con il minimo sforzo».

I gestori onesti guadagnano il 15-20%, ma sulle piattaforme estere il 50% è garantito

 

 

 

 Ci aiuti a capire.

«Chi entra nelle nostre agenzie, l’uomo della strada, non porta centinaia di euro. L’obiettivo è azzeccare il colpaccio puntando pochissimo. Faccio un esempio. Prendete la partita Juventus-Bologna: la quotazione può muoversi intorno all’1.2. Significa che se vince la Juventus, chi ha puntato 100 euro ne riscuoterà 120. Ne vale la pena? Ovvio che no. Perché altrimenti tutti giocherebbero la vittoria della Juventus secca, tutti intascherebbero la piccola vincita, ma non si arricchirebbero. Al tempo stesso, però, l’agenzia, a fronte di centinaia di vincite di questo tenore, potrebbe chiudere. Resta, invece, aperta e guadagna perché la logica è un’altra. Lo scommettitore gioca su più partite, alzando, per così dire, il livello di difficoltà, ma garantendosi al tempo stesso, in caso di vittoria, una somma di denaro importante. Anche quella che può permetterti di passarti, a livello economico, qualche piacere notevole. A volte bastano pochi euro per centrare il colpo grosso e gran parte dei giocatori puntano dieci con la speranza di intascare mille».

Non ci racconterà che chi entra da lei punta cinque o dieci euro a settimana….

«Non faccio i conti in tasca ai miei clienti, ma dovrebbe essere così: chi porta a casa uno stipendio da cento può anche permettersi di spendere dieci; chi lo porta da dieci dovrebbe spendere uno».

Lo dice anche lei, “dovrebbe”. Purtroppo non sempre è così. E le vincite non sono poi così frequenti.

«Per questo l’agenzia guadagna. Del resto siamo sul mercato proprio per questo motivo».

Ma su cosa gioca il cliente medio?

«Sul calcio, ovviamente. Vittorie delle squadre, numero di gol, chi segna per prima, quando…. Esistono tante combinazioni, molte valide anche a partita in corso. Tendenzialmente, per i discorsi che facevo prima e contrariamente a quanto accade in Inghilterra – dove, ad esempio, si giocano quattro eventi al massimo – l’italiano per inseguire il colpaccio punta su almeno sei eventi. Questo rivela come l’inglese sia più propenso a giocare più spesso ma con un moltiplicatore (quindi un coefficiente di difficoltà) più basso; l’italiano invece ha un approccio votato al recupero di quanto giocato, ma con puntate sporadiche che mirano alla grande vittoria. Che, ovviamente, è ardua da ottenere».

E per questo ci si rivolge consapevolmente al “.com”. Giocate su piattaforme straniere che bypassano lo Stato e le relative imposte, e che per questo garantiscono quote più “interessanti”.

«Confermo. Basti pensare che il guadagno delle agenzie in regola, ovvero quelle attive sul “.it”, è pari al 15-20% circa, mentre il “.com” garantisce un buon 50%. Su queste basi ci si può permettere di proporre per i vari eventi quote più elevate. C’è uno svantaggio, però. Non sempre è facile incassare le grosse vincite quando ci si rivolge al “.com”. E’ illegale e può accadere che qualcuno possa risponderti “beddru, chi mi cunti?…”. Ecco, con il “.it” hai la garanzia della riscossione della vincita, che in casi diversi, mi permetto di dire, non hai».

Ha saputo di episodi di questo genere?

«Uno l’ho vissuto sulla mia pelle. Prima di diventare gestore ero soprattutto un giocatore. Un giorno azzeccai una bolletta da cinquemila euro e il mio interlocutore fece un sacco di storie per pagarmi. Alla fine, dopo mesi, riuscii a entrare in possesso della cifra, ma decisi di chiudere con quel mondo. Sono una persona rispettabile e non intendo passare guai di alcun genere con questa gente».

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Conosceva le persone che sono state fermate nel corso dell’ultima operazione?

«Nell’ambiente ci si conosce quasi tutti. Ma quello che penso di loro me lo tengo per me».

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