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Palermo, in carcere altri “spaccaossa”: la truffa della mafia alle assicurazioni

Di Redazione |

PALERMO – La Polizia di Stato sta eseguendo nove fermi e sequestri a Palermo nei confronti del mandamento mafioso di Brancaccio. Le persone coinvolte nell’inchiesta sono accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, autoriciclaggio, danneggiamento fraudolento di beni assicurati ed altro. Il provvedimento è stato disposto dalla Dda della Procura di Palermo che ha coordinato le indagini ed eseguito dalla squadra mobile. Sono stati fermati presunti esponenti del mandamento mafioso di Brancaccio, Corso dei Mille e Roccella.

Accanto agli storici interessi per le rapine e lo spaccio di droga, è emerso anche l’interesse della mafia verso il lucroso mercato delle truffe assicurative, realizzate attraverso i cosiddetti «spaccaossa» e il «sacrificio» di vittime scelte in contesti sociali degradati. Si tratta di un fenomeno già scoperto dalla polizia di Stato nei mesi di agosto 2018 e aprile 2019, che portò all’arresto di decine di persone.

A beneficiare delle laute liquidazioni del danno, conseguenti a finti incidenti, erano le casse di Cosa Nostra che introitavano grosse somme dedotte le «spese» di poche migliaia di euro da destinare agli altri protagonisti della truffa. Nell’ambito dell’operazione sono in corso anche sequestri di beni mobili ed immobili.

Gli indagati nell’operazione della squadra mobile di Palermo sono Michele Marino, 50 anni, Stefano Marino, 47 anni, Nicolò Giustiniani, 38 anni, Antonino Chiappara, 53 anni, Raffaele Costa, 52 anni, Pietro di Paola 29 anni Ignazio Ficarotta, 33 anni Sebastiano Giordano, 52 anni, Angelo Mangano, 40 anni. 

«Dall’indagine viene fuori uno spaccato ancora più desolante e deprimente. Quello di un’organizzazione, sempre più in difficoltà, in cui gli uomini del disonore, usando il potere mafioso e approfittando dei disagi di uomini ai margine della società, speculino su emarginazioni, disagi, fragilità», ha detto il questore di Palermo, Renato Cortese, riferendosi agli “spaccaossa” durante la conferenza stampa per illustrare i dettagli del blitz antimafia.

Dalle indagini è emerso che due degli indagati della precedente operazione contro gli “spaccaossa” (Massimiliano Vultaggio e Michele Caltabellotta) erano in stretto contatto con i Marino (arrestati oggi) che hanno beneficiato della “copertura” mafiosa per accrescere il loro volume di affari nell’affollatissimo settore delle frodi assicurative.

I fratelli Marino assumevano il controllo delle pratiche assicurative, talvolta estorcendole con metodo mafioso, ne delegavano la gestione ai Vultaggio e Caltabellotta e, ad avvenuta liquidazione del danno, incassavano diverse centinaia di migliaia di euro di risarcimento.

Come già ricostruito nel corso di quelle indagini, il meccanismo fraudolento era assai efficiente ed aveva alla base soggetti senza scrupoli, i cosiddetti “spaccaossa”, che, con metodi rozzi e grossolani, procuravano fratture gravissime alle vittime consenzienti fino a provocarne, in un caso, la morte.

Proprio in queste fasi emergeva l’aspetto più cinico e crudele del sodalizio criminale: le vittime, infatti, erano scelte e “reclutate” nei contesti cittadini di maggior degrado e povertà; disperati, insomma, disposti a subire dolorosissime fratture in cambio del pagamento immediato di poche centinaia di euro e della promessa di conseguire, successivamente, parte del risarcimento. In realtà, null’altro veniva poi pagato alle vittime, spesso danneggiate in modo permanente, e, dedotte le “spese” di poche migliaia di euro da destinare agli “spaccaossa” e agli altri partecipi della messa in scena, la gran parte del denaro contribuiva ad alimentare la cassa della famiglia mafiosa.

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