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L'INTERVENTO

L’ex soprintendente dell’Inda Antonio Calbi: «Lasciate in pace il teatro greco di Siracusa, i cantanti pop e rock dicano no a un sopruso»

A furia di perdere pezzi, del teatro originario oggi sopravvive un’impronta. E oggi l'antica cavea non può sopportare altro se non gli spettacoli teatrali

Di Antonio Calbi* |

Il teatro greco è un “teatro scolpito” nella roccia ed è uno dei dispositivi architettonici più originali che l’uomo abbia inventato, nello specifico per mettervi in scena tragedie e commedie, alle quali partecipava tutta la polis. È una forma perfetta per vedere e per ascoltare, uniti insieme in un rituale che rimanda alla democrazia, alla partecipazione, alla condivisione. La sua forma a emiciclo è stata non a caso adottata dai parlamenti delle democrazie europee.

Le democrazie hanno rigettato i soprusi. Soprusi sono quelli che negli ultimi due anni sono stati inferti al Parco Archeologico della Neapolis con la programmazione di concerti di musica pop-rock che nulla hanno a che vedere con la funzione e la storia del sito e che hanno un impatto assai critico sul monumento. Alla base c’è un doppio equivoco. Il teatro greco non è edificato con mattoni o blocchi di travertino, come i teatri e gli anfiteatri romani. Questa sua specificità lo rende più vulnerabile rispetto ai teatri costruiti. Se si stacca un pezzo della cavea è perduto per sempre.

A furia di perdere pezzi, del teatro originario oggi sopravvive un’impronta, perché l’usura del tempo, l’abuso degli uomini, l’impatto dei cambiamenti climatici ne fanno un “bene comune” da tutelare in modo rigoroso, scientifico, etico.

Il teatro greco di Siracusa non è il teatro di Taormina, costruito in pietra e laterizi (all’occorrenza sostituibili), né l’Arena di Verona, dove Zucchero ci può stare considerata la solidità dell’anfiteatro (ma anche sull’extra-lirica all’Arena si discute da tempo), non è neppure il teatro di Pompei o di Ostia, romani all’origine e oggi dei falsi storici, perché ampiamente ricostruiti. Non è soprattutto uno stadio in cemento, dove di norma si esibiscono i cantanti dei concerti le cui date a Siracusa sono già in vendita.

Il teatro greco, in ragione di età e stato di salute, non può sopportare altro se non gli spettacoli teatrali, con spettatori quieti e decibel sotto controllo. Nel 2019, la sovrintendenza richiese alla Fondazione Inda la misurazione dei decibel dello scoppio di un petardo che dava inizio alle Troiane di Euripide. Per contro, chiedo, sono stati misurati i decibel dei concerti pop-rock dello scorso anno? Sappiamo tutti che Gianna Nannini ha sfiorato i 100 decibel (un aereo al decollo produce 125 decibel) in un sito dove ogni vibrazione ha ripercussioni sulla roccia calcarea, che si danneggia e sfarina, sulla fauna e sulla flora di un ecosistema millenario e delicatissimo. Se si ha astinenza di concerti assordanti, si faccia costruire ai promoter musicali un teatro provvisorio (ne esistono sul mercato di meravigliosi), appena fuori Siracusa, dove ci si potrà deliziare ad ascoltare tutti i concerti che si vorranno vorrà, ma si lasci in pace la Neapolis che è sito Unesco e come tale va salvaguardato.

In effetti ci si chiede come mai la commissione Unesco non abbia ancora effettuato una ispezione a Siracusa per verificare se il suo status di patrimonio dell’umanità sia rispettato e se i princìpi della tutela vengano violati o interpretati a proprio vantaggio. Così come ritengo vada fatta chiarezza una volta per tutte sulla concessione del “teatro scolpito” a promoter attenti a fare ricavi a molti zeri, non pagando la struttura in legno che ogni anno Inda costruisce con un costo di materiali e operai pari a mezzo milione di euro. Ho posto la questione al cda dell’Inda ma essendo il presidente della Fondazione lo stesso sindaco (peraltro non si comprende perché, dal momento che il comune non eroga neppure un euro alla Fondazione, alla quale fa pure pagare l’affitto dei locali dell’accademia, unico caso in Italia), le indicazioni sono state che nessun euro andava richiesto per la messa a disposizione della struttura. Anche in questo caso sarebbe auspicabile avere indicazioni della Corte dei Conti che vigila sull’Inda.

Incassi da leccarsi i baffi come i 600mila euro di Baglioni, o i 350mila euro di Elisa e Nannini, ci dicono che fare concerti al teatro greco è assai vantaggioso. Non paghi la struttura in legno, senza la quale non ci sarebbe l’agibilità, ma soltanto un’inezia al Parco Archeologico.

Il Teatro alla Scala si fa pagare per una sfilata di moda dai 300 ai 600mila euro. Lo scorso luglio Dolce & Gabbana hanno usato il teatro greco per appena 40mila euro (di cui una parte a copertura dei costi vivi e abbiamo dovuto annullare pure una replica della stagione teatrale): dapprima vetrina gigante per costosissimi gioielli, poi pista da ballo da discoteca. La Grotta dei Cordari è stata allagata, sempre da D&G, per un’installazione sempre di gioielli, senza che nessuno si curasse di prevenire che l’acqua defluisse nell’Orecchio di Dionisio, posto a un livello più basso, restato inagibile per molti giorni. Turisti di mezzo mondo non possono ammirare la cavea scolpita per ben 8 mesi, ma soltanto un cantiere e una ricostruzione in legno.

Nel 2020, il direttore Calogero Rizzuto minacciò la non concessione del teatro all’Inda perché andava aperto il cantiere di messa in sicurezza e restauro. Ne condividevo le preoccupazioni così chiesi un’audizione in commissione cultura dell’Ars dove proposi di realizzare una struttura gemella per accogliere per due anni gli spettacoli classici.

Fermare il carico antropico sul teatro greco per un paio di anni non è un tabù, è un dovere che la Costituzione ci impone (art. 9), così come la Carta di Siracusa e gli stessi regolamenti regionali, bellamente disattesi. Per l’ammodernamento della Scala fu costruito il Teatro degli Arcimboldi, lo stesso accadrà a breve al Teatro Comunale di Bologna che andrà in restauro e le attività trasferite in una tensostruttura. Condivido l’allarme accorato di archeologi e persone di buon senso: è venuto il tempo di mettere in sicurezza il teatro antico e di bloccare la deriva di questi ultimi anni che ha visto il teatro trasformato in un sito generalista. Si abbia più rispetto di una storia tanto antica e per le radici greche di Siracusa. Si abbia rispetto di Mario Tommaso Gargallo e non si violi la sua utopia realizzata.

Si cancellino dunque dal teatro greco i concerti programmati, si facciano in una struttura costruita ad hoc oppure allo stadio di Siracusa, dove trasformando il campo in parterre si potranno aumentare posti e ricavi.

Se poi non si ha il coraggio delle giuste scelte – cui deve sempre tendere la buona politica – si faccia pagare la struttura di palcoscenico e cavea almeno 30mila euro a concerto. Se si fosse adottata la prassi del mercato teatrale della suddivisione dell’incasso 75% alla produzione e 25% al teatro ospitante (su incassi che sfiorano i 400mila euro), Parco Archeologico e Inda avrebbero avuto i corretti ricavi per coprire le spese sostenute e somministrare maggiori cure al teatro malato.

Infine, a nessuno verrebbe in mente di far esibire i Maneskin nel duomo di Milano o Zucchero nella piazza di San Pietro disegnata dal Bernini. Allo stesso modo Zucchero, Negramaro, Venditti e De Gregori, Giorgia, Antoniacci, Mika e compagni, se hanno rispetto di arte e cultura e del patrimonio antico che fa grande l’Italia, si rifiutino di considerare il millenario “teatro scolpito” come uno stadio qualsiasi, non siano complici di un uso tanto scellerato. Le vibrazioni delle loro canzoni e i fan che ballano sulla struttura compromettono ulteriormente la pietra.

Il teatro antico di Siracusa è patrimonio dell’umanità, non un giocattolo a disposizione del politico e del promoter musicale di turno, con buona pace di Eschilo e Platone, che sono stati seduti su quella roccia, su cui ora zompano gli umani di oggi, e i cui fantasmi si fanno sempre più agitati.

*ex sovrintendente IndaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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