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Navi russe sorvegliate dalla Marina Militare nel Mediterraneo

Lo ha confermato il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis

Di Redazione |

L’Italia è in prima fila nella "sorveglianza» delle navi da guerra russe che incrociano nel Mediterraneo, mentre il Cremlino reitera la richiesta a Kiev di riconoscere l’annessione delle quattro regioni occupate come condizione preliminare all’apertura di un negoziato.   Sono almeno 8 le navi di Mosca sotto osservazione – sulla base delle poche informazioni disponibili, soprattutto di fonte ucraina e americana -, tra queste diverse lanciamissili e un sottomarino. Il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio Aurelio De Carolis, ha evidenziato che è stato affidato «a noi il compito di sorvegliare e controllare da vicino queste navi». Non solo, il cacciatorpediniere Andrea Doria ha avuto anche il compito di «curare la protezione aerea della portaerei americana Bush, e questo ci fa molto piacere», ha sottolineato De Carolis. Secondo il sito ItaMilRadar, la Uss George H.W. Bush si sarebbe spostata dall’Adriatico e si troverebbe ora tra la Sardegna e le Isole Baleari. 

E’ parere diffuso tra gli analisti che il dispositivo navale russo nel Mediterraneo sia in difficoltà: da una parte patisce il blocco imposto dalla Turchia al passaggio nel Mar Nero, e dunque all’approdo di Sebastopoli; dall’altro la base di Tartus, in Siria, non sarebbe equipaggiata al meglio per garantire rifornimenti e riparazioni alla flotta. Forse è anche in quest’ottica che va letto il vertice tripartito a Mosca tra la Russia e i due grandi rivali mediorientali, Siria e Turchia, il primo dall’inizio della rivolta anti-Assad del 2011. Sul tavolo dei tre ministri della Difesa, recitano le note ufficiali, «la crisi siriana, il problema dei rifugiati e gli sforzi comuni nella lotta ai gruppi estremisti sul territorio siriano». Presenti anche i capi delle intelligence, che probabilmente hanno parlato anche di altro.   Quel che è certo è che la fine delle ostilità in Ucraina appare lontana: «Non ci può essere un piano di pace che non tenga conto della realtà, dell’ingresso di quattro regioni ucraine in Russia», ha ribadito oggi il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov, sottolineando con fermezza che comunque "innanzitutto ora non c'è nessun piano di pace». E a 308 giorni dall’inizio del conflitto, in cui secondo l’Onu il numero di civili ucraini rimasti uccisi è «considerevolmente superiore» ai 6.884 noti finora, i lampi di guerra non si placano. I russi hanno intensificato i bombardamenti su Kherson, oltre 30 i razzi che dal cielo e da terra hanno centrato obiettivi civili in città nelle ultime 24 ore, costringendo alla fuga molti residenti. 

Nella città liberata dagli ucraini a inizio novembre ai posti di blocco in uscita si sono formate lunghe code di auto. «Prima i russi ci bombardavano da sette a 10 volte al giorno, ora sono 70-80 volte, tutto il giorno. È troppo spaventoso. Amo l’Ucraina e la mia cara città. Ma dobbiamo andare», ha raccontato una donna partita in treno con la famiglia. Da Natale sono almeno 400 i residenti fuggiti. Sempre a Kherson ieri un missile ha centrato il reparto maternità in un ospedale fortunatamente senza fare vittime. Questione di ore, Kiev ha rivelato che poco prima nella struttura due neonati erano venuti alla luce in quella disgraziata terra. Non va meglio altrove: «Non c'è posto che non sia coperto di sangue a Bakhmut, nella regione del Donetsk, e solo pochi civili continuano a vivere in città», ha denunciato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky pubblicando le foto della città distrutta dai russi. «Non c'è ora in cui il terribile ruggito dell’artiglieria non risuoni. Tuttavia, Bakhmut resiste. La nostra difesa, le nostre forze stanno in piedi. Il Donbass ucraino sta in piedi», ha detto Zelensky. E’ in quest’area che si consumano le principali azioni offensive terrestri russe, in prima linea ci sono soprattutto i contractor della Wagner.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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