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«È la fine del mondo, torneremo 20 anni indietro»

Dopo l’arrivo delle truppe occidentali, le condizioni di vita migliorarono per molte, soprattutto a Kabul e nei grandi centri. Ora, però, l’incubo è tornato. 

Di Laurence Figà-Talamanca |

«E' la fine del mondo». Dopo 20 anni, le donne afghane si risvegliano di nuovo sotto i talebani e sanno che, con loro, torna anche la sharia, nella versione più estremistica e crudele della legge coranica: quella che le segrega, le rinchiude, le vuole invisibili. A Kabul molte di loro sono già sparite dalle strade per paura, mentre nelle aeree più remote del Paese le vedove dei combattenti anti-talebani sarebbero già state fatte schiave, ha raccontato la giornalista afghana Shabnam Bayani ad al Arabiya. 

 Nei giorni della loro fulminea avanzata, i sedicenti studenti coranici avevano più volte assicurato che una volta al potere avrebbero rispettato i diritti umani, anche quelli delle donne, ma secondo «valori islamici». E nessuno si illude si tratti di un islamismo illuminato. Quando guidarono l’Afghanistan nella seconda metà degli anni '90, fecero piombare il Paese nell’oscurantismo più cupo: le donne furono cancellate dalla società, trasformate in tanti fantasmi azzurri – dal colore dei burqa che dovevano indossare -, figure senza sguardo, senza sorriso, in sostanza senza identità. Fu loro vietato di lavorare e di studiare, flagellazioni e lapidazioni pubbliche erano all’ordine del giorno per le adultere o anche solo per un sospetto. Dopo l’arrivo delle truppe occidentali, le condizioni di vita migliorarono per molte, soprattutto a Kabul e nei grandi centri. Ora, però, l’incubo è tornato. 

 «Veder crollare tutto in un istante è la fine del mondo», ha detto all’Afp Aisha Khurram, studentessa di 22 anni e rappresentante delle giovani afghane presso l’Onu, che avrebbe dovuto diplomarsi nei prossimi mesi. Ma domenica mattina ha trovato l’università chiusa: «E' un incubo per le donne che hanno studiato e che intravedevano un futuro migliore per sé e le prossime generazioni». «La storia si ripete velocemente», si è sfogata sui social media Fawzia Koofi, attivista per i diritti umani ed ex vicepresidente del Parlamento afghano. Una storia che Zeb Hanifa (un nome di fantasia) aveva visto solo attraverso gli occhi di sua madre: «Viveva nella paura costante che qualcosa andasse storto. Io non la capivo, ma oggi sì», ha detto alla Bbc, raccontando di tante giovani donne che come lei hanno potuto studiare e lavorare oggi vedono i loro «sogni infranti».   Ma c'è anche chi vuole continuare a lottare: «Non servirebbe a nessuno se tutte le donne lasciassero il Paese», ha dichiarato all’emittente britannica Mahbouba Seraj, attivista di lunga data, dicendosi pronta a sedersi a un tavolo con i talebani per cercare di cambiare le cose dall’interno: «Nessuno, né i talebani, né il mondo, né la nostra repubblica, ha mai capito la forza delle donne afghane, quale risorsa siano, nessuno ci ha mai convolte nel modo in cui avrebbero dovuto. Quindi si spera che questi ragazzi lo facciano. Se lo fanno, siamo a posto. Se non lo fanno, finché verrà garantita la sicurezza delle ragazze andrà bene».   Nel mondo si moltiplicano gli appelli a proteggere le afghane dal ritorno del medioevo talebano. «Sono particolarmente preoccupato per le notizie delle crescenti violazioni contro le donne e le ragazze afghane. È essenziale che i loro diritti conquistati a fatica siano protetti», ha detto il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, durante la riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza. Su Twitter ha lanciato un appello a proteggere «donne, minoranze e difensori di diritti umani» anche Malala Yousafzai, l’attivista pachistana e premio Nobel per la pace, simbolo della lotta per l’istruzione delle bambine. A soli 14 anni scampò alla morte per miracolo, i talebani le avevano sparato perché «colpevole» di voler andare a scuola.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA