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LA DENUNCIA

Il naufragio davanti alla Libia e il caso Malta: «Ancora una volta ha ignorato gli allarmi»

Il barcone che si è rovesciato era effettivamente fuori della zona Sar maltese, ma anche questa volta le autorità hanno scelto il silenzio

Di Marco Galdi |

Stavolta, il barcone che si è rovesciato era effettivamente fuori della zona Sar di Malta, di qualche grado più a sud. Ma ancora una volta Valletta ha scelto di ignorare gli allarmi. «Questo è un altro caso in cui Malta rifiuta di rispettare i suoi obblighi internazionali di soccorso in mare. Ha adottato una strategia migratoria che lascia affogare uomini, donne e bambini oppure scarica la responsabilità su altri Stati membri d’Europa», denuncia Neil Falzon, direttore della Aditus Foundation, attiva per la difesa dei diritti umani a Malta.

Ma è una delle poche voci di dissenso in un Paese che di stranieri vive, senza amarli. Negli anni il più piccolo degli Stati europei ha consolidato la sua politica di ridurre al minimo indispensabile gli interventi di soccorso. Sbarchi consentiti con il contagocce e, in casa, linea dura nella caccia ai clandestini.

Il silenzio

Ufficialmente le autorità tacciono, sempre. Dal governo alle forze armate (Afm, responsabili per le operazioni di ricerca e soccorso nell’immenza zona Sar che va dalla mezzeria del canale di Sicilia fin quasi alle acque territoriali libiche e a est si estende al largo di Creta), dal ministero dell’Interno a quello degli Esteri, nessuno prende posizione e risponde alle mail con richieste di commento.

D’altronde il Paese, che ha oltre 115mila residenti stranieri su 520mila abitanti, a fronte di questa Sar immensa non dispone dei mezzi aeronavali in grado di coprirla. Recentemente ha acquistato un pattugliatore multiruolo dotato di ponte di volo per elicotteri, costruito in Italia, ma la nave non ha ancora completato il ciclo di formazione dell’equipaggio. E la Afm ha in dotazione solo tre elicotteri.

Il lungo elenco di no

Off the record viene fatto notare che il naufragio di sabato segnalato dalla Ong Alarm Phone è avvenuto in realtà in acque di competenza libica. E la stessa Ong nel suo comunicato stavolta accusa l’Italia e la Libia ma non Malta, che però ha una lunga storia di richieste di soccorso ignorate e denunciate dalla stessa Alarm Phone, come ad esempio il 20 ottobre scorso in cui la Ong firmò un comunicato congiunto con Msf, RescueMed e SeaWatch in cui scrivevano che un gruppo di 23 persone era «stato portato forzatamente in Egitto su istruzioni del Rcc di Malta» date al cargo che aveva effettuato il soccorso in mare. Ed il 27 maggio scorso era stata la stessa Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Michelle Bachelet, a fustigare i respingimenti in mare compiuti più o meno apertamente da Malta, le «orribili condizioni» di vita nei suoi centri di detenzione per migranti e persino istigazioni al suicidio. E nel 2020 la Ong Repubblika denunciò alla magistratura un patto segreto tra Malta e Libia per riportare indietro i migranti. Ma l’inchiesta è semplicemente svanita dai radar.

«E’ inaccettabile che Malta usi le vite umane come pedine politiche. L’Unione Europea – conclude Falzon – dovrebbe condannare duramente le infantili e pericolose mosse di un governo che fa sempre finta di niente. Ci aspettiamo che Malta rispetti i suoi doveri e renda pubbliche tanto le sue decisioni quanto tutte le informazioni necessarie».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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