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Elly Schlein: «A Catania la Destra si sente già vincitrice, ma la partita è più che mai aperta»

La segretaria Dem alla vigilia del voto a Catania: «Maurizio Caserta sta facendo una campagna bella e coraggiosa»

Di Mario Barresi |

Segretaria Elly Schlein, non verrà in Sicilia in questi ultimi giorni di campagna elettorale delle Amministrative perché tira una brutta aria?

«Sono già stata in Sicilia qualche settimana fa per la campagna elettorale, toccando in un tour attraverso la vostra bella regione Palermo, Ragusa, Siracusa e Catania! E ho potuto constatare come l’aria sia tutt’altro che brutta. Ho registrato grande entusiasmo e ottimismo. Abbiamo candidate e candidati competenti, forti e autorevoli. Contavamo di tornare questa settimana ma siamo stati concentrati sull’emergenza in Emilia-Romagna e Marche, spero di farlo per i ballottaggi».

A Catania lei ha benedetto la candidatura di Caserta. Qualcuno, nel fronte progressista, parla di «remuntada», nonostante il centrodestra sembri favorito. È una partita ancora aperta?

«La destra catanese si sente già vincitrice. Sono convinti di essere i padroni della città e non lo nascondono, mostrando un’arroganza che punta a far dimenticare i disastri prodotti da questi anni in cui hanno governato. Anzi non governato portando Catania in uno stato di abbandono totale in tutti i campi, dal sociale all’istruzione, al rilancio economico, all’innovazione, alla cultura. La partita, però, è aperta più che mai. Caserta con tutta la coalizione sta facendo una campagna bella e coraggiosa. Non promette miracoli, ma è l’unica opzione per aprire una nuova stagione che ridia a Catania il suo ruolo. I catanesi, così come tutti i siciliani al voto, dimostreranno di essere più liberi di come la destra ama pensare».

Quello che succede sotto il Vulcano è il simbolo del paradosso sciasciano di cui sembra essere vittima questa terra: da un lato l’investimento enorme sull’Etna Valley, dall’altro i piccoli “postifici” precari svelati anche dalle inchieste giudiziarie e l’esercito dei beneficiari, ancora per poco, del Reddito di cittadinanza. Cosa ci vuole affinché i nostri giovani si affranchino grazie a un lavoro di qualità senza fare le valigie?

«Il reddito di cittadinanza ha consentito di evitare lo scivolamento verso la povertà assoluta di moltissimi, di sottrarsi al ricatto del lavoro sottopagato, nero, a condizioni degne dell’Ottocento. Uno strumento non perfetto, migliorabile, ma che ha arginato la diffusione della povertà e dell’esclusione sociale. La destra è impegnata nello smantellamento perché così l’unica alternativa è la ricerca della mediazione politica. La costruzione delle clientele. Un sistema malato in cui conta più la relazione con il potere che la competenza, in cui la ricattabilità favorisce la criminalità organizzata. E questa situazione è una delle principali cause di fuga dal sud, e oramai anche dal resto d’Italia, di giovani formati, competenti, con capacità che preferiscono andare via. La destra ossessionata dall’immigrazione non vede l’emigrazione di giovani che coi salari così bassi e coi contratti così precari sono costretti a scegliere e spesso vanno via dalla Sicilia per costruirsi un futuro dignitoso e all’altezza delle loro speranze e competenze».

E qual è l’alternativa che proponete voi?

«Noi proponiamo nuove direttrici di sviluppo che possano accompagnare la creazione di buona impresa e lavoro di qualità, sostenere le startup giovanili e le assunzioni stabili, puntare sulla transizione digitale e sulla produzione di energia pulita e di filiere rinnovabili, così come sulle infrastrutture sociali e i nidi, servizi senza i quali il carico di cura grava sproporzionatamente sulle spalle delle donne, frenandone il potenziale occupazionale e imprenditoriale. C’è un’altra via per lo sviluppo sostenibile della Sicilia».

Il Pd corre con candidati competitivi anche in altre città: cosa si aspetta dal voto siciliano?

«Questa tornata amministrativa ha segnato due punti. La frenata della destra e una netta ripresa del Partito democratico. Ci aspettiamo che questo segnale arrivi anche dalla Sicilia».

Alle Regionali, dopo aver celebrato le primarie, il M5S vi ha lasciati sull’altare. Adesso, in molti comuni, si ripropone l’alleanza. Soltanto dinamiche locali o c’è la possibilità di riaprire un dialogo con Conte per un’alleanza strutturale?

«Siamo impegnati per costruire alleanze ampie sui temi e sui bisogni concreti su cui le persone attendono risposte. In molte amministrative ci siamo riuscite e noi continueremo a promuovere il dialogo. Con questo governo le opposizioni hanno la responsabilità di costruire un’alternativa che sia in grado di sconfiggere la peggiore destra dell’Europa occidentale. Uno sforzo che stiamo facendo con generosità e avendo chiaro che per noi l’obiettivo non è competere per mezzo punto in più ma costruire un progetto di governo alternativo a quello di Giorgia Meloni, le cui scelte peseranno per anni sul Paese e sulla Sicilia».

In Sicilia, nel frattempo, governa Schifani. Che ostenta la capacità di Forza Italia di essere «attrattiva» anche per pezzi di sinistra. All’addio dell’eurodeputata Chinnici lei ha dedicato poche e laconiche parole. Ma non può essere un campanello d’allarme per il Pd?

«Il Partito democratico si è rialzato dopo la sconfitta di settembre e ha recuperato slancio e consenso, abbiamo aperto il nuovo tesseramento e in due mesi si sono iscritte più di 20mila persone. Dispiace che qualcuno faccia altre scelte, ma sono state scelte individuali, che evidentemente affondavano le radici anche in questione pregresse, e la nuova segreteria ha il mandato di portare avanti le proposte su cui abbiamo vinto il congresso, con determinazione e chiarezza, perché è questo che si chiede al nuovo Pd».

A Palermo Renzi ha un assessore nella giunta di Lagalla, a Catania Calenda ha infiltrato alcuni candidati nella lista di Trantino. Dinamiche locali che dimostrano come il terzo polo, o ciò che ne resta, strizzi l’occhio dall’altro lato rispetto al fronte progressista?

«Questo andrebbe chiesto proprio a Renzi e Calenda. Per noi l’orizzonte resta un’alleanza larga, credibile e vincente, ma nettamente alternativa alla destra».

Davanti alla lapide di La Torre lei aveva denunciato «una caduta di tensione nella lotta alla mafia». Nel giorno della commemorazione di Falcone il centrodestra ha eletto, da solo, una presidente dell’Antimafia contestata dalle opposizioni. È un brutto segnale?

«Pessimo. E pone un problema di autorevolezza della commissione stessa. Noi abbiamo chiesto alla maggioranza di indicare un nome non divisivo, che potesse rappresentare l’intero parlamento. La destra ha scelto di anteporre la logica dei numeri a quella della condivisione, ignorando gli appelli delle associazioni dei familiari delle vittime. Una prova di forza inutile che rischia di pregiudicare i lavori di una commissione di importanza capitale, specialmente mentre il Paese è chiamato ad attuare investimenti straordinari in tempi ristretti e i presidi di legalità e trasparenza vanno innalzati».

In questa come in altre campagne elettorali fa capolino il tema della questione morale del centrodestra siciliano, che non riesce ad affrancarsi dalla “tutela” di alcuni esponenti condannati per mafia. Ma alla fine, come accaduto a Palermo e alle Regionali, vincono lo stesso. Perché è un falso problema o perché per siciliani è indifferente l’etica di chi li governa?

«È un problema reale. Sta a noi riuscire a offrire un’alternativa credibile. Il Pd deve sapere offrire una strada nuova e diversa, che rimetta al centro la questione morale, a partire dalla selezione delle candidature. Una politica come impegno collettivo e non mezzo di affermazione individuale. Così potremo non solo vincere, ma restituire speranza».Twitter: @MarioBarresiCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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