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Da tatuaggi e piercing maggiori rischi infezione di epatite C

Di Antonio Fiasconaro |

Palermo – Tatuaggi e piercing sempre più amati dai giovanissimi, ma sempre più pericolosi. Secondo gli esperti possono essere veicolo di infezioni gravi come il virus dell’epatite C (Hcv). Il rischio passa sopratutto attraverso il riutilizzo di aghi monouso, la non sterilizzazione di materiali e il riutilizzo d’inchiostro contaminato con sangue infetto. Non solo: manicure, pedicure, rasature dal barbiere sono responsabili del 34 per cento di casi di Hcv segnalati nel 2017 dal Seieva (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute dell’Istituto Superiore di Sanità). Ma la fotografia dell’epatite C in Sicilia è assai inquietante: oltre 50mila siciliani hanno infatti l’infezione Hcv, ma soltanto 1 su 3 si fa curare. Molte le vecchie infezioni, mentre quelle nuove sono legate appunto a trattamenti estetici a tatuaggi e piercing ed anche a sesso non sicuro e tossicodipendenza.

In Sicilia, come in altre regioni italiane, l’epatite da Hcv nella sua forma cronica, cioè quella che può evolvere verso la cirrosi e il cancro del fegato, rappresenta un importante problema sociale. Nell’Isola infatti, come viene evidenziato dall’Osservatorio Epidemiologico Regionale dell’assessorato della Salute, ogni anno si ricoverano per patologie da Hcv oltre 7.000 persone, e ne muoiono almeno 1.000. Un recente studio epidemiologico, effettuato da Rete Sicilia Hcv in collaborazione con 80 medici di medicina generale (medici di famiglia) su un campione di circa 100.000 assistiti, ha mostrato una frequenza della infezione cronica Hcv dello 0,96% negli adulti con infezione cronica.

«In fatto di infezioni croniche, in Sicilia, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di persone con il virus presente nel proprio corpo da decenni – spiega il prof. Antonio Craxì, ordinario di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Palermo –. Queste persone si sono infettate nel periodo tra gli anni Sessanta e Settanta soprattutto a causa di siringhe non monouso, situazioni queste che hanno diffuso tantissimo l’infezione nella nostra regione. Non è un caso che più della maggioranza dei pazienti siano over 60. Ma c’è anche una fascia più giovane, tra i 30 e i 50 anni: in questi casi la ragione è una tossicodipendenza iniettiva. Per quanto riguarda le nuove infezioni, queste sono legate a pratiche sessuali a rischio, soprattutto fra i maschi omosessuali, ma anche a tatuaggi e a pratiche dermocosmetiche effettuati in ambienti non controllati».

Sempre secondo gli epidemiologi se venisse effettuato uno screening universale, con molta probabilità se ne troverebbero molti altri. Non tutte le provincie siciliane hanno la stessa diffusione dell’infezione: si va da un massimo dell’1,53% a Ragusa (1.174 con infezione cronica da Hcv su 73.631 cittadini) a un minimo dello 0,48% a Trapani (328 su 68.370 cittadini) attraverso una media 0,74% a Catania (2.336 su 315.651 cittadini) e di 0.89% a Palermo (5.951 su 668.630 cittadini). La distribuzione anagrafica mostra che pochissime persone nella fascia di età fra i 14 e i 29 anni sono infette mentre l’infezione comincia ad evidenziarsi nella fascia fra i 30 e i 39 anni, diventa significativamente frequente tra i 40 e i 59 anni ed assume la massima frequenza oltre i 60 anni. Due persone su tre con infezione e malattia cronica da Hcv sono infatti in questa fascia di età.

«Ci sono ancora, soltanto in Sicilia, oltre 35mila i pazienti da curare, e al momento da 350 a 400 vengono immessi in terapia ogni mese – aggiunge il prof. Craxì – assumendo che non ci sia nei prossimi anni una riduzione in questo flusso (cosa assai probabile, visto che molti portatori dell’infezione non sanno di averla o non se ne curano) e che le nuove infezioni siano pochissime, bisognerà arrivare almeno al 2026 per aver ridotto a livelli minimi la diffusione dell’Hcv nella popolazione dell’Isola».

Il dato di maggior rilievo è però che solo un paziente su 4 sia seguito a livello Specialistico ed indirizzato a terapie che oggi, data una efficacia nell’eradicare definitivamente l’infezione che sfiora il 100% e una eccezionale tollerabilità e facilità di uso, tendono a diventare di uso universale. In Sicilia od oggi sono registrati in Rete Sicilia Hcv (un sistema informatico gestito dagli specialisti Epatologi e Infettivologi che contiene i dati di tutti i pazienti con infezione e malattia da Hcv a partire dal 2015) oltre 10mila pazienti trattati con i nuovi farmaci (associazione di glecaprevir e pibrentasvir) capaci di eradicare l’Hcv in oltre il 98% dei trattati con un unico ciclo di cura di 8 settimane e circa 6mila in attesa di iniziare la terapia. Il dato di rilievo, per i pazienti già trattati, è una percentuale di eradicazione del virus che nei pazienti trattati con i regimi più nuovi supera il 95%.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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