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Ricerca: UniTrento fotografa 2 tipi d’ansia, ecco cosa accade nel cervello

Di Redazione |

Roma, 10 lug. (Adnkronos Salute) – Non tutti i tipi di ansia sono uguali e per ognuno accade qualcosa di diverso nel cervello, dunque ciascuno richiede uno specifico approccio terapeutico. Parte da questo presupposto lo studio di ricercatori dell’Università di Trento, pubblicato su ‘Scientific Reports’ (gruppo Nature), che aiuta a distinguere tra diverse forme di ansia e a individuare, per ognuna le soluzioni più adeguate. Il team ha infatti investigato su cosa accada nel cervello di persone affette da due delle principali tipologie: ansia di stato (una condizione temporanea) e ansia di tratto (che, invece, è una forma stabile, cronica).

L’agitazione per l’attesa di un risultato, la paura di non farcela, sentirsi sotto pressione, un nervosismo diffuso – premette l’università trentina in una nota – sono sensazioni spesso accompagnate da problemi fisici come mal di schiena, mal di testa, nausea, tachicardia, tremori, difficoltà di respiro, svenimento. Diverse per intensità e durata, appartengono alla famiglia, ampia e variegata, dei disturbi d’ansia. Per l’ansia finora non esistono soluzioni definitive. La ricerca neuroscientifica, però, fa continui progressi per sviluppare nuovi strumenti diagnostici e trattamenti più efficaci.

“Oggi vi sentite particolarmente tesi, mentre di solito siete persone calme e tranquille? In questo caso si parla di ansia di stato. Se invece siete stranamente tranquilli, in contrasto con una generale tendenza al nervosismo, avete ansia di tratto”, spiega Nicola De Pisapia, ricercatore del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive dell’ateneo di Trento e coordinatore scientifico dello studio. “Quindi, l’ansia di stato riguarda il breve termine, mentre l’ansia di tratto è una caratteristica stabile di una persona”.

Dall’esperienza clinica emerge, tra l’altro, che gli individui affetti da ansia di tratto hanno difficoltà nel gestire situazioni stressanti, sono esposti al rischio di depressione, hanno funzioni cognitive alterate, una minore competitività sociale e una predisposizione a sviluppare disturbi psicopatologici. Riconoscere subito la natura dell’ansia di cui una persona soffre aiuta a scegliere il trattamento più adeguato ed efficace e a evitare che la forma episodica diventi un problema cronico.

“Il nostro studio rende evidente quanto sia importante fare in modo che in un individuo l’ansia di stato non si trasformi in ansia di tratto, che è la forma cronicizzata. Una misura di contrasto sono le pratiche per diminuire l’ansia appena si presenta, ad esempio con tecniche di rilassamento, attività motoria e altre iniziative finalizzate a un benessere complessivo della persona”, commenta De Pisapia.

Lo studio era mirato a una migliore comprensione delle basi neurali dei due tipi di ansia. “Il nostro gruppo di ricerca – racconta lo scienziato – ha dunque osservato e misurato aspetti anatomici e attività a riposo del cervello in più di 40 individui tramite risonanza magnetica. Abbiamo poi correlato queste misurazioni con le variazioni di ansia di stato e di tratto nei partecipanti attraverso questionari standard, utilizzati anche nella pratica clinica. E’ emerso che gli aspetti più stabili legati all’ansia di tratto sono associati a specifiche configurazioni anatomiche, e dunque fisse, che portano a sviluppare pensieri negativi ripetitivi e incontrollati, mentre gli aspetti temporanei dell’ansia di stato sono correlati alla connettività funzionale del cervello, che è un’attività dinamica”.

In altre parole l’ansia di tratto si può ricondurre a degli aspetti anatomici permanenti (nella corteccia mediale prefrontale e anteriore cingolata), a differenza dell’ansia di stato che invece si caratterizza per degli ‘intoppi’ episodici nelle attivazioni cerebrali.

Dalla ricerca emergono indicazioni anche per la pratica clinica. “In base a ciò che abbiamo osservato – conclude De Pisapia – un miglioramento della regolazione dell’ansia potrebbe essere ottenuto con la farmacologia e/o con i metodi di neurostimolazione (come Transcranial Magnetic Stimulation o transcranial Direct Current Stimulation) in soggetti con ansia ad alto tratto. Infine, questi risultati possono portare alla creazione di nuovi strumenti diagnostici e trattamenti volti a migliorare i disturbi d’ansia e a fermare l’ansia prima che degeneri nella forma cronica”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA