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‘Servono percorsi per casi a esordio tardivo e bisogna ottimizzare rete laboratori’

Di Redazione |

Milano, 18 dic. (Adnkronos Salute) – I fondi nazionali stanziati attraverso i Lea, Livelli essenziali di assistenza, per lo screening neonatale delle malattie rare devono essere vincolati dalle Regioni e fatti arrivare ai centri di diagnosi e presa in carico dei pazienti. E’ l’appello che arriva dagli autori del Quaderno ‘Sne, prospettive di estensione del panel’, realizzato dall’Osservatorio malattie rare Omar con il patrocinio di Fondazione Telethon e di Uniamo Fimr Onlus per dare indicazioni ai soggetti deputati ad aggiornare la lista di patologie ammesse allo Sne, lo screening neonatale esteso. Gli esperti sottolineano inoltre l’esigenza di protocolli condivisi per i casi di malattia a esordio tardivo, e la necessità di ottimizzare la rete dei laboratori. Un’operazione che si tradurrebbe in un efficientamento della spesa.

Oltre a suggerire l’inserimento in elenco di “almeno altre 7 patologie che potrebbero ricevere una diagnosi alla nascita”, il documento analizza i ‘nodi’ dell’organizzazione dei percorsi di screening. Il tema dovrà essere affrontato da un gruppo di lavoro nominato dal ministero della Salute, e la scadenza per arrivare a una conclusione è fissata a novembre 2021.

“La maggior parte delle Regioni non ha ancora adottato delle procedure chiare con cui destinare e vincolare i fondi nazionali al percorso di screening e alla successiva presa in carico del paziente – segnala Giancarlo La Marca, direttore del Laboratorio screening neonatale allargato dell’Azienda ospedaliero universitaria Meyer di Firenze e presidente Simmesn (Società italiana per lo studio delle malattie metaboliche ereditarie e lo screening neonatale) – Per questo sarebbe opportuno, per il futuro, identificare un meccanismo che garantisca la specifica destinazione dei fondi al percorso di screening neonatale. Si tratta di un presupposto importante e necessario per garantire un livello di screening qualitativamente soddisfacente, con personale dedicato, e un servizio uniforme su tutto il territorio, sia per quanto attualmente previsto e sia per quello che sarà in seguito ad ampliamento del panel”.

Sulle risorse economiche per lo Sne interviene anche Ilaria Ciancaleoni Bartoli, direttore di Omar. “Un emendamento alla legge di Bilancio propone l’aumento dei fondi – spiega – E’ una cosa assolutamente importante e positiva, che ci auguriamo possa passare, ma non va a risolvere il problema di gestione dei fondi che esiste a livello regionale”. Gli stanziamenti Lea finiscono infatti in “un fondo indistinto che viene ripartito fra le Regioni, le quali però non hanno uno specifico obbligo di destinarli al percorso screening e rendicontare questo utilizzo. Alcune Regioni come la Toscana hanno trovato il sistema, altre hanno fatto cose simili, altre no. Ecco perché per il prossimo anno abbiamo pensato di proseguire il lavoro provando ove possibile di coinvolgere la Conferenza delle Regioni. L’obiettivo è cercare, magari in attesa che possa essere modificata la legge nazionale, almeno di allineare quante più Regioni possibili a sistemi simili a quello toscano, ovviamente adeguati ai singoli ordinamenti”.

C’è poi la questione della presa in carico dei bimbi – e delle relative famiglie – ai quali viene diagnosticata una malattia rara che potrebbe avere un esordio più avanti negli anni, e in forma variabile. Le associazioni che si occupano di malattie lisosomiali, quelle in cui questi casi ‘tardivi’ sono più frequenti, concordano con la necessità di inserire nello screening le malattie di Pompe, Gaucher, Fabry e Mps I (mucopolisaccaridosi di tipo I), convinte che “il beneficio a lungo termine, tanto per i bimbi quanto per le famiglie, supera di gran lunga il trauma iniziale della diagnosi e l’incertezza sui tempi di insorgenza dei sintomi e quindi dell’avvio delle terapie”. Un pensiero condiviso dai medici, che evidenziano l’importanza di “stabilire dei percorsi univoci, anche attraverso consensus scientifiche, per questi specifici casi, e di prevedere sempre nel percorso il supporto psicologico per le famiglie”.

Infine l’organizzazione dei laboratori: “Al fine di limitare al massimo la necessità di fondi aggiuntivi necessari per l’adeguamento tecnico e di personale – rileva La Marca – sarebbe utile implementare il processo di riduzione del numero dei laboratori di screening andando verso il rispetto del bacino di utenza ottimale di almeno 60mila neonati”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA