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Sige, big data e salute digitale nuove armi in gastroenterologia

Di Redazione |

Roma, 30 ott. (Adnkronos Salute) – Il 33% delle dimissioni ospedaliere in Italia riporta come diagnosi una patologia dell’apparato digerente, secondo la Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva (Sige). Nel nostro Paese un quinto della popolazione adulta fa i conti con una malattia da reflusso gastroesofageo, il cancro al colon è la seconda causa di morte oncologica in uomini e donne, mentre si prevede che il tumore al pancreas nel 2030 possa diventare la seconda causa di morte per neoplasie nel mondo occidentale. Per questo motivo, nel campo della clinica medica si fa sempre più ricorso alle tecniche all’avanguardia in quanto aiutano a indirizzare i pazienti verso terapie mirate, aumentando le probabilità di risposta a un dato farmaco ed evitando trattamenti inefficaci e potenzialmente tossici dai margini di successo molto bassi.

È la cosiddetta ‘medicina di precisione’ o ‘medicina delle persone’, un nuovo approccio alla cura che migliora il trattamento di patologie molto diffuse e a elevato impatto sociale, tra cui ipertensione, diabete e i tumori. Proprio le recenti innovazioni tecnologiche e diagnostico-terapeutiche, oltre ai futuri scenari, nella cura delle malattie dell’apparato digerente sono stati al centro di una tavola rotonda, tenutasi durante l’ultimo Congresso virtuale sulle malattie digestive promosso dalla Fismad. Tra i temi trattati: i big data (e come si analizzano) la salute digitale e , appunto, la medicina di precisione.

“La medicina di precisione – afferma Domenico Alvaro, direttore del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione dell’università Sapienza di Roma – è uno dei capitoli più importanti della ‘Network Medicine’. Oggi possiamo permetterci di guardare alle malattie in modo completamente nuovo. L’obiettivo è la cura personalizzata del paziente affetto da una determinata malattia piuttosto che, proporre, come abbiamo fatto per anni una cura unica per tutti, con i rischi di inefficacia o di sviluppo di effetti collaterali. Non curiamo più la patologia ma la persona”.

“Abbiamo a disposizione – prosegue Alvaro – dati su interazioni molecolari e farmacologiche, percorsi e regolazione genica e comorbidità. Grazie alle elaborazioni di tali dati – sottolinea – stiamo cercando di disegnare i percorsi diagnostici e terapeutici più adatti per il singolo paziente. Questo processo è sicuramente iniziato con l’oncologia ma ormai tende ad estendersi a vari settori della medicina, inclusa la gastroenterologia, e in particolare la gestione dei tumori del tubo digerente, del pancreas e del fegato, delle malattie infiammatorie intestinali e delle malattie croniche epatiche. Grazie alla ‘Network Medicine’ a breve, saremo in grado di prevedere per ogni singolo paziente le probabilità di risposta ad una determinata cura ed escludere quei pazienti ad alto rischio di effetti dannosi derivanti dalla cura”.

L’innovazione nel campo della ricerca clinica e biomedica in gastroenterologia si affida sempre più ai big data. “Immaginiamo che tutti gli operatori sanitari inviino ad una banca dati centrale, i dati (sintomi, malattia, terapia ) di ogni paziente che giornalmente gestiscono – sottolinea Alvaro- avremmo così a disposizione, in ogni momento, miliardi di informazioni e dati la cui analisi consentirebbe di tracciare il profilo epidemiologico temporale di malattie e la loro distribuzione geografica: stato di salute della popolazione (obesità, malnutrizione); uso di alcol e droghe; consumo farmaci. In sostanza, si tratta di gestire in modo integrato le fonti differenti di dati e la crescita di un settore di ricerca in grado di riassumere le evidenze scientifiche disponibili, al fine di individuare tempestivamente i problemi di salute delle comunità, ma soprattutto di disporre di procedure scientificamente validate e di calcolare indicatori in grado di sorvegliare l’andamento di questi processi”.

“I big data e la loro gestione – prosegue – rappresentano il punto di forza della Data Economy fondata sulla capacità di utilizzare al meglio la quantità di informazioni che, ogni giorno, circolano all’interno e al di fuori di ogni organizzazione, quindi fondamentale per la ricerca biomedica e per la medicina moderna. Già adesso dalla gestione degli eventi epidemici, al trattamento di patologie acute o croniche, ai programmi di screening o a quelli di riduzione dei rischi, è possibile disporre, in modo sistematico, di una quantità rilevante di dati con ricadute importanti sulla gestione di tante malattie. Tutto questo – secondo il gastroenterologo – genera forza lavoro e soprattutto contribuisce significativamente alla gestione del benessere e delle patologie della popolazione”.

“L’emergenza sanitaria da Sars-Cov-2 che stiamo vivendo – argomenta Alvaro – è un esempio di quanti benefici potrebbe portare alla popolazione la gestione dei big data. Avere la contezza in ogni momento della diffusione di una patologia è la base per determinare le misure difensive da intraprendere. Questo settore, nei prossimi anni, potrebbe diventare trainante sia per la gestione della salute sia per lo sviluppo economico, generando nuove opportunità di lavoro e nuove professioni”.

In questi mesi di emergenza, causa pandemia, il dibattito è incentrato sulla riorganizzazione del sistema sanitario. Il settore digitale e le innovazioni tecnologiche hanno assunto un ruolo fondamentale. Ma a che punto siamo? “Nel concetto di salute digitale – spiega – comprendiamo sia gli aspetti relativi alla salute gestita dall’assistenza sanitaria attraverso le proprie infrastrutture (telemedicina, sistemi informativi e cartelle cliniche elettroniche) sia gli aspetti relativi alla gestione della salute attraverso i dispositivi mobili (mApp), sensori, tecnologie indossabili di uso personale. Invece di generare farmaci, il progetto ‘salute digitale’ punta a creare software per la gestione di salute e malattia, dispositivi indossabili che consentono di seguire a distanza il paziente sia nella progressione dei sintomi sia nella risposta alla terapia, di applicare l’intelligenza artificiale alla diagnostica e trattamento delle malattie”.

“Riguardo quest’ultimo punto – spiega – l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo della endoscopia digestiva. L’applicazione dell’Ia in endoscopia digestiva consente infatti di identificare, elaborare e classificare piccoli polipi e lesioni che potrebbero sfuggire, con un’accuratezza nettamente superiore a quella all’occhio umano. Altra applicazione importante è nei trattamenti loco-regionali, dove l’intelligenza artificiale consente di mirare il trattamento con una precisione quasi assoluta. Tutto questo è sviluppato attraverso sperimentazioni cliniche controllate e che richiedono, prima dell’utilizzo clinico, autorizzazioni da enti regolatori. In sostanza – conclude – applicazione sicura ed efficace delle nuove tecnologie”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA