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Vaccini: Italia indietro per quelli in gravidanza, network esperti al lavoro

Roma, 21 set. (AdnKronos Salute) – L’Italia è fanalino di coda, fra i 30 Paesi più sviluppati del pianeta, per le vaccinazioni in gravidanza. Contro la pertosse, protettiva per il bambino, si vaccina soltanto l’1,4% delle donne incinte contro il 60% degli Stati Uniti e il 35% della media europea. Mentre contro l’influenza, per la […]

Di Redazione |

Roma, 21 set. (AdnKronos Salute) – L’Italia è fanalino di coda, fra i 30 Paesi più sviluppati del pianeta, per le vaccinazioni in gravidanza. Contro la pertosse, protettiva per il bambino, si vaccina soltanto l’1,4% delle donne incinte contro il 60% degli Stati Uniti e il 35% della media europea. Mentre contro l’influenza, per la quale le future mamme hanno un rischio accresciuto di complicazioni anche gravi, non si supera il 5%: in Lombardia si arriva all’1,5%, nel Trentino al 14%. “Alcune Regioni non hanno nemmeno inviato all’Istituto superiore di sanità i dati. Ci sono sicuramente buone pratiche qua e là ma non c’è un percorso standardizzato e un adeguata coscienza dei rischi”, spiega all’Adnkronos Salute Enrico Ferrazzi, responsabile dell’area materno infantile della Società italiana di ginecologia (Sigo).

L’Italia, “nonostante abbia dal 2017 una buona legge in materia di vaccinazioni, con il Piano nazionale, è molto arretrata nel costruire veramente un percorso ‘dentro la gravidanza’ che faccia capire alle donne in attesa il valore delle vaccinazioni”, continua Ferrazzi ricordando un episodio che ha cambiato anche la sua visione di questo problema. “Per me c’è stato, professionalmente, un momento di svolta su questo tema. Quando ho visto una paziente gravida intubata in rianimazione, solo perché non si era vaccinata contro l’infliuenza. Possiamo avere cultura scientifica, essere informatissimi ma quando tutto questo diventa carne e ossa, dolore e dramma umano, le cose assumono un aspetto più concreto”.

Per questo le società scientifiche che si occupano del tema dai vari punti di vista – salute del bambino, della mamma e del feto – hanno messo nero su bianco, all’inizio di quest’anno, le linee guida per le vaccinazioni in gravidanza e ora puntano a creare un ‘network’ di 8 società scientifiche “per trasformare la buona legge che il nostro Paese ha, in buone pratiche”, precisa Ferrazzi. L’obiettivo è attivare ai vari livelli – dalle ostetriche, ai ginecologi, alle strutture più complesse – un meccanismo di informazione.

“La donna in gravidanza vuole aiutare il proprio bambino. E quando capisce che alla base della vaccinazione c’è un meccanismo naturale di protezione la risposta è sempre, sostanzialmente positiva . La vaccinazione oggi, infatti, spiega l’esperto, “fa quello che la natura ha sempre fatto. La placenta umana porta gli anticorpi al bambino. Ma oggi alcune infezioni sono più rare e la madre non necessariamente le trasmette La vaccinazione serve a ridare quella protezione che la natura ha sempre dato per migliaia di anni”.

“La pertosse – ricorda all’Adnkronos Salute Andrea Dotta presidente della sezione regionale del Lazio della Società italiana di neonatologia (Sin) – non è una malattia banale. Soprattutto per quanto riguarda i neonati ed i lattanti sotto l’anno di vita.Tutti i numeri ce lo dimostrano. Più del 60% dei bambini affetti da pertosse hanno un’età inferiore ai 12 mesi di vita. Consideriamo che in questi piccoli, soprattutto quelli con meno di 3 mesi, che ancora non hanno potuto fare la vaccinazione attiva, vista l’età, il rischio di morte è dell’1%. Parliamo di numeri enormi, se non nel valore assoluto nella gravità del rischio della malattia. Per noi pediatri neonatologi avere ricoverato un bimbo con pertosse vuol dire un rischio elevato, ma anche una sconfitta del sistema di prevenzione”.

Per Alberto Villani presidente della Società italiana di pediatria (Sip) “la vaccinazione in gravidanza per la pertosse è molto importante e il ruolo del pediatra è di grandissimo sostegno e aiuto proprio perché il pediatra conosce la malattia e i suoi gravi pericoli. Il nostro ruolo è quello di un professionista molto motivato, che può far sì che la mamma possa davvero trarre beneficio da un confronto da chi conosce la patologia e può spiegare l’importanza di farla”. Il pediatra può entrare in contatto con le future mamme, anche quelle al primo figlio, “attraverso i corsi di preparazione al parto”. Sul territorio e in ospedale, inoltre, continua Villani, “non mancano occasioni di contatto e, come Sip, abbiamo prodotto manifesti da mettere nei centri vaccinali, nelle Asl, nei pronto soccorso e negli studi dei pediatri”.

“La gravidanza è un momento particolare nella vita di una donna – ricorda Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’università di Pisa – un momento in cui la futura mamma fa di tutto per proteggere il suo bambino: cerca di mangiare bene, smette di fumare, fa movimento. Ma spesso non sa che può fare ancora di più, ovvero vaccinarsi per fornire al nuovo nato la protezione contro importanti malattie infettive, come l’influenza e la pertosse. E’ importante però comunicare bene tutto questo alle donne. E sfatare miti e paure”. Michele Conversano past president della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) sottolinea, oltre alla necessità di informare le mamme, anche l’importanza di costruire modelli organizzativi in grado di raggiungere più donne possibili. Per farlo, spiega, “importante cominciare a lavorare già nei corsi di pre parto”, soltanto con “un’azione sinergica tra ginecologi, ostetrici, igienisti e centri vaccinali la cosa può funzionare. Migliorare la cultura vaccinale in gravidanza tra società scientifiche ci sta già aiutando molto”.

“La pertosse – ricorda all’Adnkronos Salute Andrea Dotta presidente della sezione regionale del Lazio della Società italiana di neonatologia (Sin) – non è una malattia banale. Soprattutto per quanto riguarda i neonati ed i lattanti sotto l’anno di vita.Tutti i numeri ce lo dimostrano. Più del 60% dei bambini affetti da pertosse hanno un’età inferiore ai 12 mesi di vita. Consideriamo che in questi piccoli, soprattutto quelli con meno di 3 mesi, che ancora non hanno potuto fare la vaccinazione attiva, vista l’età, il rischio di morte è dell’1%. Parliamo di numeri enormi, se non nel valore assoluto nella gravità del rischio della malattia. Per noi pediatri neonatologi avere ricoverato un bimbo con pertosse vuol dire un rischio elevato, ma anche una sconfitta del sistema di prevenzione”.

Per Alberto Villani presidente della Società italiana di pediatria (Sip) “la vaccinazione in gravidanza per la pertosse è molto importante e il ruolo del pediatra è di grandissimo sostegno e aiuto proprio perché il pediatra conosce la malattia e i suoi gravi pericoli. Il nostro ruolo è quello di un professionista molto motivato, che può far sì che la mamma possa davvero trarre beneficio da un confronto da chi conosce la patologia e può spiegare l’importanza di farla”. Il pediatra può entrare in contatto con le future mamme, anche quelle al primo figlio, “attraverso i corsi di preparazione al parto”. Sul territorio e in ospedale, inoltre, continua Villani, “non mancano occasioni di contatto e, come Sip, abbiamo prodotto manifesti da mettere nei centri vaccinali, nelle Asl, nei pronto soccorso e negli studi dei pediatri”.

“La gravidanza è un momento particolare nella vita di una donna – ricorda Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’università di Pisa – un momento in cui la futura mamma fa di tutto per proteggere il suo bambino: cerca di mangiare bene, smette di fumare, fa movimento. Ma spesso non sa che può fare ancora di più, ovvero vaccinarsi per fornire al nuovo nato la protezione contro importanti malattie infettive, come l’influenza e la pertosse. E’ importante però comunicare bene tutto questo alle donne. E sfatare miti e paure”. Michele Conversano past president della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) sottolinea, oltre alla necessità di informare le mamme, anche l’importanza di costruire modelli organizzativi in grado di raggiungere più donne possibili. Per farlo, spiega, “importante cominciare a lavorare già nei corsi di pre parto”, soltanto con “un’azione sinergica tra ginecologi, ostetrici, igienisti e centri vaccinali la cosa può funzionare. Migliorare la cultura vaccinale in gravidanza tra società scientifiche ci sta già aiutando molto”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA