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Giuseppe Santangelo, l'”ingegnere” della mafaldina folgorato sulla via del lievito madre

Ha lasciato gli studi di Ingegneria idraulica ad un passo dalla laurea. Oggi il valverdese è un panettiere premiato dal "Gambero Rosso"

Di Carmelo Di Mauro |

A due passi dalla laurea decide di abbandonare gli studi per fare il panettiere. Il valverdese Carmelo Giuseppe Santangelo non sarà un ingegnere idraulico perché già ha scelto di darsi all’arte bianca, così detta perché fa riferimento al colore della farina di grano e perché nell’arte bianca i panettieri e i pasticceri sono considerati artisti che creano opere d’arte commestibili. E lui è sicuramente un artista di un settore che richiede dedizione, passione e competenza tecnica.

Dalla tesi al nuovo lavoro

Certo, abbandonare gli studi universitari, con una tesi già completa, per intraprendere un’altra carriera, come quella di panettiere, dev’essere stata una decisione coraggiosa.Questo tipo di scelte spesso coinvolgono una serie di considerazioni personali e professionali. Carmelo potrebbe aver scoperto una passione incontenibile per la panificazione e la produzione di pane. La realizzazione di poter trasformare questa passione in una carriera potrebbe essere stata un incentivo a fare il cambiamento. Oppure ha riflettuto sulla propria vita e ha deciso che perseguire una carriera nella panificazione avrebbe portato a una maggiore soddisfazione personale rispetto a continuare gli studi universitari. La decisione potrebbe essere stata influenzata da considerazioni pratiche, come la possibilità di avviare un’attività in proprio e magari in un’atmosfera più creativa e pratica rispetto a un lavoro più accademico. Ma sarà lo stesso “panettiere Santangelo” a soddisfare la nostra curiosità.

Innanzitutto, iniziamo dallo scoprire quando è nata questa sua passione.

«Tutto cominciò nel 2014, quando decisi, a due passi dalla laurea in ingegneria civile (mi mancavano solo due materie per completare la specialistica), di frequentare un corso di pasticceria a Terni per approfondire la mia vaga conoscenza in materia e dedicarmi meglio alla preparazione di torte, soprattutto per i compleanni dei miei amici. Avevo osservato mia mamma cimentarsi in cucina: il sabato pomeriggio si dedicava a preparare crostate, ciambelle e tiramisù e io ne rimanevo incantato. Durante il corso, feci un incontro decisivo: conobbi il lievito madre da cui rimasi affascinato. Fui l’unico a chiederne un pezzetto e il maestro del corso esclamò: “te lo dono, abbine cura, vedrai che ti ricompenserà”. Era il battesimo del mio lievito a cui diedi il nome di Ippolito, che, dal greco, significa colui che scioglie, che libera. Sì, perché dà vita a tutto ciò che entra in contatto con lui».

Poi che fece?«Iniziai a frequentare il corso di “Alta formazione” del maestro panificatore Piergiorgio Giorilli per apprendere a modellare la pasta e formare così i vari tipi di pane. Dopo altri corsi, ultimai la mia formazione partecipando all’Università del panettone, a Padova, sotto la guida del maestro Rolando Morandin, lievitista di fama internazionale, specializzato in panettone e pandoro».

A quel punto si sentiva pronto per avviare la sua attività?«Quasi. Al rientro in Sicilia, svolsi un tirocinio di vari mesi in una pasticceria rinomata di Catania per apprendere i tempi e le modalità di lavoro in un laboratorio. A casa “rinfrescavo” il lievito e panificavo spesso, così gradualmente capii come andava usato e, soprattutto, la quantità che occorreva e il tempo della lievitazione. I miei amici mi diedero una mano, perché apprezzarono il prodotto e mi incoraggiarono ad aprire un punto vendita. Erano a disposizione i locali a casa, perché, nei tempi passati, mio nonno li aveva adibiti alla fermentazione del mosto: ora, invece, sarebbe avvenuta la fermentazione del pane. È nato, così, Panfermento, la cui apertura ufficiale è avvenuta a Valverde il primo marzo 2018».

La sua famiglia le è stata di supporto?«Certo. Soprattutto Daniela, mia moglie che mi ha sempre seguito e aiutato».

Il successo è stato immediato tanto da farle guadagnare il Gambero Rosso…«Un giorno fui contattato per alcune informazioni dalla famosa casa editrice. Non sapevo se e quando sarebbe arrivati al panificio. Dopo qualche giorno, mi richiamarono e mi dissero che avrei ricevuto il riconoscimento. L’iscrizione nella rivista “Il gambero rosso” per i migliori panettieri d’Italia e l’assegnazione di due pani mi ha tanto gratificato».

Che tipi di pane produce?«Oltre alla pagnotta denominata “Panfermento”, si producono bauletti, pagnottine, baguette e i pani di farine antiche come russello, timilia, maiorca, margherito, farro, segale, perciasacchi, khorasan (kamut), granmais, cinque cereali… A questi vanno aggiunti i pani con i semi, con le olive, con i pomodori secchi e, ultimamente, con le noci e i fichi secchi».

Non solo pane. Nel suo negozio vediamo tanta altra roba.«Accanto al pane, si sono aggiunti i cannoli con la scorza preparata artigianalmente e le colazioni (rigorosamente solo con lievito madre) come panini, brioche, bomboloni, cornetti, maritozzi, ecc… e varie tipologie di pizza. Dall’anno scorso è iniziata la produzione di panettoni di vario gusto (esclusivamente con la pasta madre, senza aggiunta di emulsionanti, conservanti e aromi vari). E quest’anno c’è stato il panettone con le pere “spinelle”, candite sempre artigianalmente. Considerando che ormai oggi, il consumo del pane è andato man mano riducendosi rispetto gli anni passati, occorre più che mai far posto a tutta la qualità del buon pane», conclude l’ing. panificatore.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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