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In Siria prima la guerra e poi il terremoto, «Ho visto quei sorrisi tra polvere e macerie»

La testimonianza di Marina Pupella, giornalista freelance palermitana da poco rientrata dalla Siria

Di Francesca Aglieri Rinella |

In un Paese, la Siria, martoriato da una guerra che dura da 12 anni e oggi piegato anche dal terremoto di inizio febbraio, c’è un sentimento che regna. Quello della riconoscenza. Perché anche un sorriso, una stretta di mano, un abbraccio sono riconoscenza. E, nonostante la polvere, le macerie, la distruzione, a raccontare di questo nobile quanto raro sentimento è Marina Pupella, giornalista freelance palermitana da poco rientrata dalla Siria.

La testimonianza

«Quello che ho visto – racconta Marina a La Sicilia – non si può neanche lontanamente immaginare. Solo vedendolo con i miei occhi ho potuto comprendere il dolore di quella gente, costretta a dormire nelle discariche, sui marciapiedi di Aleppo con le temperature proibitive di questi giorni. Una fatale commistione di un conflitto sanguinario e di un catastrofico evento naturale: alla gente, già privata di tutto, è stato tolto anche quel poco che aveva». In Siria sono davvero pochi i centri rimasti in piedi. Uno scenario di assoluta desolazione. «È una costante, ti si attacca dappertutto e te la porti addosso per giorni – spiega Pupella, che sul luogo ha realizzato dei reportage per il quotidiano Avvenire – da Sud verso Nord, percorrendo la M5 da Damasco verso Aleppo, dopo aver ottenuto finalmente le autorizzazioni per lasciare la capitale, lo scenario è sempre uguale. Il volto sfregiato della Siria è solo uno, la devastazione. Villaggi e città fantasma appaiono in una processione senza fine, dove non scorgiamo anima viva, ma solo tanti check point governativi nel nostro percorso verso Homs, Hama e la provincia orientale di Idlib. Incontriamo Maarret Annoman e Sarakeb i maggiori centri dell’area: completamente rasi al suolo durante gli scontri tra esercito siriano e ribelli, ma la nostra guida ci ha invitato a non entrare, si rischia di saltare su una mina. Dinnanzi alle immagini di una delle più gravi catastrofi umanitarie commesse dall’uomo – prosegue amaramente la giornalista – ti chiedi se non siano stimate per difetto le 500mila vittime di questi lunghi anni di combattimenti. E là dove non ha potuto la guerra, è arrivato il terremoto facendo nuove vittime, 6mila e 500 quelle accertate».

Il volto impolverato dei bambini

«Entrando a Hama, i bambini che giocano tra i detriti del palazzo crollato nei 90 secondi di sisma, durante i quali 44 persone hanno perso la vita, ci corrono incontro e ci salutano. Gli occhi vivaci e sorridenti di Jamila, quattro anni appena, illuminano il viso della piccola annerito dalla polvere delle macerie. Per lei e per i suoi coetanei nessun parco giochi in città e in quelle trasformate in teatri di guerra. Il conflitto ha negato loro la libertà di vivere un’infanzia normale, come quella di tutti gli altri bambini. Vivono nella miseria, non hanno nulla e sono sempre alla ricerca di qualcosa, di soldi». La loro è una non vita. «È raro che questi bambini sorridano, li vedi tristi e li vedi piangere. In città ho incontrato un bimbo che parlava inglese, alla fine è stato lui a riuscire a strappare un sorriso a me. Rappresentiamo la novità per loro, che non vedono un turista da anni. Quasi un’epifania, non avendo nessuno che  regali loro qualcosa: non c’è niente da regalare. Ricordo che gli abbiamo offerto tutto quel che avevamo in auto, le nostre provviste di cibo, che ci sarebbero servite per il lungo percorso. In quella situazione non pensi a te, ma solo ai loro bisogni. E il loro el shukr, ringraziamento in arabo ci ha riempiti di una gioia impagabile».La giornalista prosegue il suo racconto. «Parlando con un operatore umanitario, mi ha detto che forse sarebbe stato meglio per quei piccoli  morire sotto i bombardamenti. Ecco, credo, questo dia l’idea di come fame e miseria, figlie degeneri della guerra, arrivino a esacerbare anche gli animi più miti, devastandoli psicologicamente». Poi l’altra triste considerazione. «Sono rimasta colpita dal colore della pelle di questi bambini, annerito dalla polvere delle macerie in cui vivono e giocano».

I terremotati

A Jebleh, a una ventina di chilometri da Latakia, sede di una base dell’aeronautica russa, la furia del terremoto ha causato il crollo di 39 edifici e 314 vittime, mentre in tutta la provincia sono 805 le persone rimaste uccise. La maggior parte dei terremotati ha trovato ospitalità nelle scuole messe a disposizione dal ministero dell’Istruzione, ma dopo la seconda forte scossa, la gente ha preferito unirsi a chi non ha mai lasciato la strada. Mohammad Alì Aziz, responsabile di Terre del Hommes Italia a Damasco – la Ong italiana presente in Siria dal 2007 e rimasta nel Paese anche nelle fasi più cruenti del conflitto – ha perso la sua casa, un appartamento in una dignitosissima palazzina di tre piani.

Le storie di guerra e quelle dei sopravvissuti al sisma si incrociano poi con un altro tema quello dell’immigrazione. Storie di chi per lasciare il Paese del Levante pensa di imbarcarsi sulle “carrette del mare”. «Non ti azzardare, non arriveresti a toccare terra» è stata la risposta di Marina a un giovane padre di Afrin, l’enclave curda nel Nord-Ovest della Siria, che voleva mettere in salvo la famiglia.«C’è chi, a causa della guerra è sfollato due volte, come Rashid. Ha due bambini, uno di sei mesi e l’altra di due anni e – dopo l’ultimo attacco di Ankara sui territori siriani al suo confine – ha dovuto prendere questa drammatica decisione. “Sai, Marina, vorrei imbarcarmi per raggiungere l’Italia e da lì proseguire per andare in nord Europa”. Gli ho quindi inviato una serie di articoli sui numerosissimi naufragi dei tanti che come lui, per disperazione, decidono di affrontare un destino incerto e la furia del mare. Per fortuna, ha desistito. Tuttavia, dopo essere stata testimone diretta delle immani tragedie che hanno colpito il popolo siriano, ho capito che non hanno molta scelta».

Distruzione e miseria

Distruzione e miseria, dicevamo. «La grave recessione economica – spiega Marina – e la conseguente svalutazione della moneta locale hanno avuto un impatto significativo sulla capacità della popolazione di garantire il proprio fabbisogno quotidiano di cibo e beni di prima necessità. In mezzo ad un aumento record dei prezzi di oltre l’800% solo negli ultimi due anni, spiega Euro Med Monitor in un rapporto pubblicato lo scorso 22 ottobre, il 90% della popolazione vive oggi al di sotto della soglia di povertà. Andavamo in giro con i sacchetti pieni di soldi, tanto la lira siriana si è svalutata: un dollaro corrisponde a 7mila lire siriane. Un impiegato, un medico guadagnano 25 dollari».

Tutti in Siria vogliono raccontarti quello che hanno sopportato e il mantra è sempre lo stesso: «Non ci bastavano i 12 anni di guerra, pure questa disgrazia doveva capitarci: il terremoto ha ucciso la Siria là dove nemmeno la guerra era riuscita ad arrivare».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA